Tajani rilancia il dibattito sullo ius scholae: “Preferisco chi studia 10 anni ai maranza che spaccano le vetrine”
- piscitellidaniel
- 6 giorni fa
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Antonio Tajani riaccende il confronto sul tema della cittadinanza per i figli di stranieri, con dichiarazioni che hanno sollevato un ampio dibattito politico e mediatico. Durante una conferenza pubblica, il vicepresidente del Consiglio e ministro degli Esteri ha ribadito la propria contrarietà allo ius soli, rilanciando invece l’ipotesi di uno ius scholae “con criterio e merito”, ma accompagnando il ragionamento con un’affermazione destinata a far discutere: “Preferisco concedere la cittadinanza a chi studia dieci anni nelle nostre scuole, piuttosto che a quei maranza che spaccano le vetrine o rubano i cellulari”.
Il termine “maranza”, usato in origine per indicare giovani dal look appariscente e stereotipato, si è negli ultimi anni trasformato in una categoria stigmatizzante riferita spesso a ragazzi di origine straniera coinvolti in episodi di microcriminalità o comportamenti devianti. Le parole di Tajani, inserite in un contesto di rivendicazione del valore della scuola e del rispetto delle regole, hanno provocato reazioni immediate. Per molti esponenti dell’opposizione, si tratta di un’affermazione che rischia di alimentare stereotipi e tensioni sociali, soprattutto in un momento in cui la questione dell’integrazione delle seconde generazioni resta centrale.
Il dibattito sullo ius scholae è aperto da anni in Italia. Si tratta di una proposta di legge che mira a riconoscere la cittadinanza italiana ai minori stranieri che abbiano completato almeno un ciclo scolastico nel nostro Paese. La misura è stata più volte discussa e avanzata da diverse forze politiche del centrosinistra, in particolare dal Partito Democratico e dal Movimento 5 Stelle. L’ultimo tentativo concreto risale al 2022, ma il disegno di legge si è arenato in Parlamento anche per la forte opposizione dei partiti di centrodestra.
Tajani, pur ribadendo la propria contrarietà a ogni forma di automatismo legato alla nascita in Italia, ha aperto a un’eventuale discussione su uno ius scholae “basato su merito, inserimento e rispetto delle regole”. Secondo il leader di Forza Italia, è fondamentale distinguere tra chi dimostra di voler diventare parte integrante della comunità nazionale attraverso un percorso formativo e di integrazione, e chi invece assume comportamenti antisociali che negano i valori fondamentali della convivenza civile.
Le reazioni nel mondo politico sono state contrastanti. Il Partito Democratico ha accusato Tajani di fare dichiarazioni divisive e offensive nei confronti di tanti giovani italiani di origine straniera che si impegnano quotidianamente nella scuola e nel lavoro. Elly Schlein ha definito inaccettabile la generalizzazione contenuta nella parola “maranza”, ricordando che “non si costruisce una società inclusiva alimentando paure e contrapposizioni”. Anche Nicola Fratoianni, leader di Sinistra Italiana, ha attaccato duramente il ministro degli Esteri, accusandolo di contribuire a creare un clima di sospetto verso i giovani figli di immigrati.
Sul fronte del centrodestra, le parole di Tajani hanno invece ricevuto apprezzamenti e sostegni. Matteo Salvini ha ribadito che per la Lega lo ius soli “non è mai stato e non sarà mai accettabile”, e che è necessario “proteggere l’identità nazionale da ogni forma di forzatura ideologica”. Anche Fratelli d’Italia ha espresso sostegno alla linea espressa da Tajani, con la capogruppo alla Camera Tommaso Foti che ha definito “di buon senso” la proposta di subordinare la cittadinanza a un lungo e concreto percorso di integrazione.
Al di là dello scontro politico, le dichiarazioni del ministro mettono nuovamente in luce le criticità normative attualmente esistenti in materia di cittadinanza. La legge attualmente in vigore, la n. 91 del 1992, prevede che solo i figli di cittadini italiani possano ottenere automaticamente la cittadinanza alla nascita. Per i minori nati in Italia da genitori stranieri, è necessario attendere la maggiore età per poter fare richiesta, a condizione di aver risieduto legalmente e ininterrottamente nel Paese fino ai diciotto anni. Questo sistema esclude migliaia di giovani, spesso nati e cresciuti in Italia, ma formalmente considerati stranieri fino alla fine dell’adolescenza.
Secondo i dati diffusi dall’Istat e dall’Anci, sono circa un milione i minori stranieri residenti in Italia, molti dei quali nati nel nostro Paese o arrivati in tenera età. Di questi, solo una piccola parte riesce ad ottenere la cittadinanza al compimento del diciottesimo anno, anche per via dei ritardi amministrativi e delle difficoltà burocratiche legate alla dimostrazione della residenza continuativa. È in questo contesto che la proposta dello ius scholae intende intervenire, offrendo un percorso di acquisizione della cittadinanza legato alla frequenza scolastica.
Le parole di Tajani, pur aprendo uno spiraglio verso una forma moderata di ius scholae, confermano tuttavia il perdurare di una linea restrittiva da parte del governo Meloni. L’attuale maggioranza continua a mostrare scarsa disponibilità verso una riforma organica del sistema di cittadinanza, pur riconoscendo l’esistenza di un problema di riconoscimento e inclusione delle seconde generazioni. L’eventuale approvazione di una legge in tal senso resta improbabile nella legislatura in corso, anche a fronte delle resistenze culturali e politiche interne alla coalizione.
L’opinione pubblica si mostra divisa. Secondo un recente sondaggio SWG, il 54% degli italiani sarebbe favorevole a uno ius scholae limitato ai minori che abbiano frequentato almeno cinque anni di scuola in Italia, mentre solo il 23% sostiene lo ius soli incondizionato. Il restante 23% si oppone a ogni forma di riforma. I numeri riflettono un’opinione articolata e tutt’altro che monolitica, che evidenzia l’importanza di un confronto serio e approfondito, capace di superare slogan e semplificazioni.
Il tema della cittadinanza, strettamente connesso all’identità nazionale, all’integrazione e alla coesione sociale, si conferma dunque centrale nel dibattito politico italiano. Le dichiarazioni di Tajani hanno riportato la questione all’attenzione mediatica e costringeranno la politica a confrontarsi, ancora una volta, con la realtà di un Paese che cambia e con la necessità di adeguare le norme alla complessità sociale contemporanea.
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