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Il sistema pensionistico tra sostenibilità, equità e prospettive

Il sistema pensionistico italiano si confronta oggi con una duplice tensione: da un lato la sostenibilità finanziaria minacciata dal progressivo invecchiamento della popolazione, dall’altro la richiesta di maggiore equità generazionale, che si fa strada con forza crescente tra i lavoratori più giovani e atipici. Il modello a ripartizione, fondato sul principio solidaristico secondo cui i contributi dei lavoratori attivi finanziano le pensioni dei pensionati, sta mostrando segni evidenti di logoramento.

L’ISTAT prevede che entro il 2050 la percentuale di over 65 supererà il 35% della popolazione totale. A fronte di ciò, il tasso di natalità continua a decrescere, mentre il saldo migratorio non è sufficiente a riequilibrare il rapporto tra attivi e pensionati. Il risultato è un sistema che richiede risorse pubbliche sempre più ingenti per essere sostenuto, con una spesa pensionistica che già oggi assorbe oltre il 16% del PIL.

La riforma Fornero del 2011 ha rappresentato un punto di svolta in termini di rigore, introducendo l’adeguamento automatico dell’età pensionabile alle aspettative di vita e accelerando il passaggio al sistema contributivo. Tuttavia, l’applicazione retroattiva e le rigidità introdotte hanno generato tensioni sociali e incertezza, specie tra i lavoratori precoci, i disoccupati di lungo corso e chi svolge attività usuranti.

Negli ultimi anni si sono susseguite misure temporanee e sperimentali, come Quota 100, Quota 102, Ape sociale e Opzione Donna, nel tentativo di correggere alcune distorsioni e garantire margini di flessibilità. Tuttavia, si tratta di interventi disomogenei, spesso finanziati a deficit e non strutturali. Il sistema, nel suo complesso, necessita di una riforma organica, coerente con le dinamiche demografiche e lavorative del Paese.

Un nodo centrale riguarda i giovani e i lavoratori autonomi. I primi, a causa della discontinuità contributiva e di salari mediamente più bassi, rischiano pensioni future al di sotto delle soglie di dignità. I secondi, soprattutto i professionisti iscritti alla gestione separata, versano contributi elevati senza garanzie di prestazioni adeguate. È qui che si annida una delle più gravi iniquità sistemiche.

Sul piano delle soluzioni, occorre agire su più fronti: incentivare l’occupazione stabile e regolare, promuovere politiche familiari che rilancino la natalità, favorire l’integrazione previdenziale attraverso fondi pensione complementari, e infine introdurre meccanismi di correzione attuariale che evitino situazioni penalizzanti per chi ha carriere discontinue o late start. Il tutto in una cornice normativa chiara e stabile.

Inoltre, una maggiore trasparenza sul montante contributivo e simulazioni personalizzate delle prestazioni attese possono aumentare la consapevolezza e la responsabilizzazione dei lavoratori, favorendo scelte previdenziali più informate. Le tecnologie digitali possono supportare questa trasformazione.

La sostenibilità del sistema pensionistico non è solo un tema contabile, ma una questione di giustizia sociale e coesione nazionale. Un sistema equo, flessibile e finanziariamente solido è la condizione imprescindibile per preservare la fiducia dei cittadini e garantire un futuro previdenziale dignitoso per tutte le generazioni.

 
 
 

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