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Stati Uniti, la Casa Bianca punta a chiudere lo shutdown: Trump pronto a firmare la legge in serata per evitare il blocco federale

Negli Stati Uniti si avvicina la fine del nuovo stallo sul bilancio federale che, per settimane, ha rischiato di portare al blocco delle attività governative. Dopo giorni di trattative serrate tra la Casa Bianca, il Congresso e le diverse fazioni del Partito Repubblicano, l’accordo per evitare lo shutdown sembra ormai a un passo. Secondo fonti dell’amministrazione, Donald Trump sarebbe pronto a firmare in serata il provvedimento di finanziamento temporaneo, che consentirà di garantire la continuità operativa degli uffici federali e di pagare regolarmente stipendi e servizi essenziali. L’intesa rappresenta un compromesso politico che, pur non risolvendo i nodi strutturali del bilancio, offre una tregua alle tensioni tra il presidente e i repubblicani del Congresso, sempre più divisi sulla gestione della spesa pubblica e sul tema dell’immigrazione.


Lo shutdown, il blocco parziale delle attività federali dovuto alla mancanza di un bilancio approvato dal Congresso, è una minaccia che negli ultimi anni si è ripresentata con frequenza crescente nel sistema politico statunitense. La procedura scatta automaticamente quando le due Camere non trovano un accordo per autorizzare i finanziamenti necessari alle agenzie federali. In questo caso, il rischio di paralisi è stato evitato grazie a un’intesa che proroga temporaneamente i fondi fino alla fine di gennaio, consentendo più tempo per la negoziazione del bilancio completo.


La firma di Trump sulla misura di emergenza arriva dopo settimane di pressioni politiche e di negoziati a porte chiuse. La leadership repubblicana alla Camera, guidata da Mike Johnson, ha cercato di mediare tra l’ala conservatrice più intransigente, che chiedeva tagli drastici alla spesa e condizioni più rigide sui programmi di assistenza, e i moderati, preoccupati per l’impatto economico e sociale di un blocco prolungato. L’accordo finale è stato raggiunto con il sostegno del Senato, dove la maggioranza democratica ha accettato alcune modifiche per accelerare il processo legislativo.


La misura approvata prevede il finanziamento provvisorio dei principali programmi federali, inclusi difesa, sanità, trasporti e istruzione. Sono stati esclusi, per il momento, i nuovi pacchetti di spesa per la sicurezza alle frontiere e per gli aiuti all’Ucraina, due questioni che continuano a dividere profondamente il Congresso. L’amministrazione Trump ha dichiarato che l’obiettivo principale è garantire la stabilità e la continuità delle istituzioni, evitando che milioni di lavoratori federali rimangano senza stipendio o che vengano sospesi i servizi essenziali.


Il rischio di shutdown aveva già prodotto conseguenze tangibili. Molte agenzie governative avevano avviato piani di emergenza, con la sospensione di progetti di ricerca, ritardi nei pagamenti e la chiusura temporanea di uffici amministrativi. Gli analisti economici avevano stimato che un blocco di poche settimane sarebbe costato al Paese oltre 20 miliardi di dollari, incidendo negativamente sul PIL e sulla fiducia dei mercati. La risoluzione temporanea, pur limitata, ha quindi un effetto immediato sulla stabilità economica e finanziaria degli Stati Uniti, che già devono affrontare l’incertezza derivante dalle tensioni internazionali e dalla volatilità dei tassi di interesse.


Dal punto di vista politico, la gestione della crisi rappresenta un banco di prova cruciale per Donald Trump, che si prepara alla nuova campagna elettorale in un contesto interno segnato da divisioni. L’ex presidente, tornato di fatto al centro della scena politica, deve bilanciare la sua immagine di leader deciso con l’esigenza di mostrarsi capace di garantire stabilità istituzionale. La firma del provvedimento consente di evitare un danno reputazionale potenzialmente grave, che avrebbe potuto essere strumentalizzato dagli avversari politici come prova di inefficienza nella gestione della macchina federale.


L’intesa raggiunta non elimina tuttavia le profonde divergenze tra i due partiti. I democratici spingono per un bilancio più espansivo, che preveda investimenti infrastrutturali, incentivi per la transizione energetica e maggiori risorse per il welfare. I repubblicani, invece, insistono su una politica di contenimento della spesa e su un rafforzamento della sicurezza ai confini, in particolare con il Messico. Proprio la questione migratoria resta uno dei punti più controversi: la Casa Bianca chiede una riforma complessiva del sistema, mentre il Congresso è diviso tra chi chiede un irrigidimento dei controlli e chi teme una deriva populista.


Il compromesso approvato rappresenta quindi una soluzione temporanea, destinata a riaprire il confronto nelle prossime settimane. La legge di bilancio definitiva dovrà affrontare un percorso complesso, con la necessità di conciliare le priorità interne – come la riduzione del deficit e il sostegno ai settori produttivi – con gli impegni internazionali, a partire dagli aiuti a Kiev e dal contenimento dell’influenza cinese. Sullo sfondo resta la questione del tetto al debito, che continua a essere un punto di tensione ricorrente tra Casa Bianca e Congresso.


Il contesto economico, intanto, offre segnali contrastanti. La crescita degli Stati Uniti resta superiore a quella delle altre grandi economie, ma l’aumento dei tassi da parte della Federal Reserve e l’inflazione ancora alta riducono i margini di manovra fiscale. Gli analisti prevedono che la fase di rallentamento proseguirà nel 2025, anche se la fiducia dei consumatori e la solidità del mercato del lavoro dovrebbero attenuare gli effetti negativi di eventuali incertezze politiche.


Con la firma attesa in serata, la Casa Bianca potrà scongiurare l’ennesima crisi amministrativa e ristabilire una parvenza di ordine nel rapporto tra Presidenza e Congresso. Il superamento dello stallo sul bilancio segna un momento di tregua istituzionale in un panorama politico fortemente polarizzato, in cui ogni decisione economica assume anche un valore simbolico nella corsa alla riconquista della leadership nazionale e internazionale degli Stati Uniti.

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