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Responsabilità degli enti e criteri di imputazione nel sistema 231

  • Immagine del redattore: Luca Baj
    Luca Baj
  • 13 ore fa
  • Tempo di lettura: 1 min

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La pronuncia affronta in modo puntuale il tema del criterio soggettivo di imputazione dell’illecito agli enti, chiarendo come la distinzione tra soggetti apicali e subordinati non abbia rilievo meramente classificatorio, ma produca effetti concreti sia sul piano processuale sia su quello probatorio.Nel caso di reato presupposto commesso da un soggetto apicale, la responsabilità dell’ente opera secondo un meccanismo presuntivo che può essere superato solo dimostrando la sussistenza cumulativa delle condizioni esimenti previste dal Dlgs 231. Rilevano, in particolare, l’adozione e l’efficace attuazione preventiva di un modello organizzativo idoneo, l’attribuzione a un organismo dotato di autonomi poteri di iniziativa e controllo delle funzioni di vigilanza, l’elusione fraudolenta del modello da parte dell’autore del reato e l’assenza di carenze nell’attività di vigilanza.Diversa è la struttura dell’imputazione quando il reato sia commesso da un soggetto subordinato. In tale ipotesi la responsabilità dell’ente non è automatica, ma richiede la dimostrazione che la commissione dell’illecito sia stata resa possibile dall’inosservanza degli obblighi di direzione e vigilanza. L’adozione e l’efficace attuazione del modello assumono qui funzione impeditiva dell’imputazione.La distinzione incide direttamente sull’onere della prova. In presenza di un apicale, grava sull’ente la dimostrazione delle condizioni esimenti. Quando invece l’autore è un subordinato, spetta all’accusa provare l’omessa o insufficiente vigilanza degli organi apicali, con riflessi decisivi sulla strategia processuale e sull’assetto difensivo dell’ente.

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