Superbonus 110% e crediti fittizi: Sezioni Unite chiamate a chiarire la natura della frode
- Luca Baj

- 1 giorno fa
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La questione della qualificazione penale dei crediti d’imposta generati – e poi ceduti – attraverso fatture relative a lavori non eseguiti nell’ambito del Superbonus 110% torna nelle mani del massimo organo giurisdizionale. Recenti ordinanze della Corte di Cassazione (Sezione II penale, nn. 37421 e 37423 del 17 novembre 2025) hanno infatti sollevato una questione rimasta a lungo dibattuta: va contestata l’articolo 316‑ter cod. pen. (indebita percezione di erogazioni pubbliche) oppure la più grave articolo 640‑bis cod. pen. (truffa aggravata)? In questa sede le Sezioni Unite dovranno anche decidere quando si consuma il reato: al momento della mera creazione e cessione del credito, oppure solo al momento in cui il credito viene compensato o riscosso.
Il caso portato all’attenzione della Cassazione riguarda un titolare di impresa che avrebbe emesso fatture per lavori mai eseguiti, generando un credito d’imposta fittizio di quasi un milione di euro, poi ceduto a terzi. Il credito non è però stato ancora né compensato né riscosso. Il tribunale di merito aveva escluso la consumazione della truffa, ritenendo che il danno allo Stato si concretizzi solo con l’effettiva utilizzazione del credito. Secondo la Cassazione, invece, il riconoscimento del credito “formale” nello “spesometro” o nel cassetto fiscale del titolare legittima l’applicazione dell’articolo 640-bis, in quanto lo Stato diventa immediatamente “debitore” nei confronti del cessionario, indipendentemente da un danno economico concreto.
Da un altro filone si sostiene che la fattispecie applicabile sia l’articolo 316-ter, con la conseguenza che la condotta integra “indebita percezione” e non truffa, in particolare se la normativa anti-frode e i controlli preliminari (obblighi di visto di conformità, asseverazioni, verifiche dei requisiti) rendono l’errore dello Stato non imputabile al soggetto che ha presentato la richiesta.
In precedenti pronunce, secondo alcuni giudici, la truffa si perfeziona soltanto con la compensazione o riscossione del credito: senza questi atti, si tratterebbe — al più — di tentativo. Diversamente, l’orientamento oggi rappresentato nella Cassazione – e ora sottoposto alle Sezioni Unite – ritiene che la mera costituzione e cessione del credito bastino a configurare il reato consumato.
La decisione del massimo consesso avrà effetti rilevanti: stabilirà non solo la sorte dei numerosi procedimenti penali e amministrativi in corso, ma anche l’approccio che imprese, professionisti e intermediari dovranno adottare nella gestione, cessione e c.d. “monetizzazione” dei crediti fiscali legati al Superbonus.




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