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Tragedia nel Mediterraneo: naufragio al largo della Tunisia, almeno 40 migranti morti e 30 tratti in salvo

Un nuovo dramma del mare si è consumato al largo delle coste tunisine, dove un’imbarcazione carica di migranti è affondata mentre tentava di raggiungere l’Europa. Secondo le autorità locali, almeno 40 persone hanno perso la vita e una trentina sono state tratte in salvo dalla Guardia costiera tunisina. Il naufragio è avvenuto nella notte tra sabato e domenica, a circa 60 chilometri da Sfax, una delle principali città portuali del Paese e ormai epicentro delle partenze verso le coste italiane. Si tratta di una delle tragedie più gravi degli ultimi mesi lungo la rotta del Mediterraneo centrale, che continua a essere la più letale del mondo per i migranti in fuga da guerre, povertà e instabilità politica.


Secondo le prime ricostruzioni, l’imbarcazione – un vecchio peschereccio di legno sovraccarico – trasportava circa 70 persone, per lo più originarie dell’Africa subsahariana. Il natante avrebbe iniziato a imbarcare acqua poco dopo la partenza, probabilmente a causa del mare mosso e delle pessime condizioni strutturali. L’allarme è stato lanciato da un altro peschereccio tunisino, che ha segnalato la presenza di corpi in mare e di alcuni naufraghi aggrappati ai relitti. Le operazioni di soccorso, coordinate dalla Guardia costiera tunisina con il supporto della Marina e di alcune navi mercantili di passaggio, sono state rese difficili dal maltempo e dalla scarsa visibilità.


I superstiti, tra cui diverse donne e almeno due minori, sono stati trasportati nel porto di Sfax e successivamente ricoverati in ospedale per ipotermia e ferite. Alcuni di loro hanno raccontato ai soccorritori di aver viaggiato per giorni fino alle coste tunisine, pagando somme ingenti a trafficanti che promettevano un passaggio sicuro verso l’Italia. Secondo le testimonianze raccolte, l’imbarcazione era partita nella tarda serata di sabato, ma dopo poche ore di navigazione il motore si sarebbe guastato, lasciando il natante alla deriva. Le onde alte e il panico a bordo avrebbero poi provocato il rovesciamento della barca, facendo precipitare tutti in acqua.


Le autorità tunisine hanno aperto un’indagine per ricostruire la dinamica dell’accaduto e individuare i responsabili del traffico di esseri umani. Il ministero dell’Interno ha confermato che tra i superstiti sono state raccolte informazioni utili per risalire alla rete di passeur che organizzava le partenze nella zona di El Amra, un’area rurale a pochi chilometri da Sfax diventata negli ultimi mesi un punto di raccolta per migliaia di migranti. Negli ultimi giorni, le forze dell’ordine tunisine avevano intensificato i controlli, ma la pressione migratoria resta elevatissima, complice la crisi economica del Paese e la situazione politica instabile che rende difficile un’azione di contrasto coordinata.


L’episodio riporta l’attenzione sulla rotta del Mediterraneo centrale, che nel 2025 continua a rappresentare la principale via d’accesso all’Europa per i migranti provenienti dall’Africa. Secondo i dati dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni, dall’inizio dell’anno sono morte oltre 2.500 persone nel tentativo di attraversare il mare. Si tratta di una cifra drammatica che conferma l’aumento delle partenze e delle tragedie, soprattutto lungo la costa tunisina, dove le condizioni delle imbarcazioni e la mancanza di coordinamento tra le autorità locali rendono i viaggi sempre più rischiosi.


Sfax è diventata negli ultimi mesi un simbolo della crisi migratoria. Migliaia di persone, provenienti da Paesi come Guinea, Costa d’Avorio, Mali e Sudan, vivono in condizioni precarie ai margini della città, in attesa di imbarcarsi. Le organizzazioni umanitarie denunciano che la pressione sulle autorità tunisine è ormai insostenibile e che le politiche europee di esternalizzazione delle frontiere hanno di fatto trasformato la Tunisia in un gigantesco punto di transito. Le condizioni dei migranti nei centri di detenzione e nei campi improvvisati sono spesso disumane, con carenze di cibo, acqua e assistenza sanitaria.


Il governo tunisino, sostenuto da fondi europei nell’ambito del Memorandum d’intesa firmato con Bruxelles nel 2023, ha intensificato i pattugliamenti lungo la costa e aumentato le operazioni di arresto contro i trafficanti. Tuttavia, i risultati restano limitati. Gli stessi ufficiali tunisini ammettono che la rete criminale che gestisce i flussi è vasta, ben organizzata e capace di adattarsi rapidamente ai controlli. Ogni volta che un’area viene messa sotto sorveglianza, le partenze si spostano verso nuove zone meno presidiate.


Il governo italiano ha espresso cordoglio per le vittime e ribadito la necessità di rafforzare la cooperazione con Tunisi per la gestione dei flussi migratori. Fonti diplomatiche confermano che Roma sta lavorando con la Commissione europea per fornire ulteriori risorse logistiche e tecniche alle autorità tunisine. Tuttavia, le organizzazioni per i diritti umani denunciano che l’approccio securitario non affronta le cause profonde del fenomeno e rischia di aggravare la vulnerabilità dei migranti, costretti a intraprendere rotte sempre più pericolose.


Il naufragio al largo di Sfax si aggiunge a una lunga serie di tragedie simili avvenute negli ultimi mesi. A settembre, un’altra imbarcazione era affondata nella stessa area causando oltre 50 morti, mentre a luglio più di 80 persone avevano perso la vita in un naufragio al largo delle isole Kerkennah. Gli esperti sottolineano che il peggioramento delle condizioni economiche e climatiche in molte regioni dell’Africa subsahariana sta alimentando un flusso migratorio senza precedenti, destinato a crescere nei prossimi anni.


Le immagini diffuse dai soccorritori tunisini mostrano decine di corpi recuperati e coperti da teli bianchi lungo la banchina del porto di Sfax, mentre i superstiti siedono avvolti in coperte termiche, stremati e in silenzio. La scena ricorda l’ennesima tragedia che si consuma da anni sulle stesse rotte, un dramma che coinvolge non solo chi parte ma anche chi tenta di gestire un fenomeno che ha assunto dimensioni strutturali e che nessun Paese sembra in grado di fermare.


La rotta tunisina, che negli ultimi due anni ha superato quella libica per numero di partenze, resta oggi il punto più critico del Mediterraneo. I soccorritori della Mezzaluna Rossa, insieme alle organizzazioni umanitarie internazionali, continuano a chiedere corridoi legali e un maggiore impegno dei governi europei per prevenire simili tragedie. Ma mentre le istituzioni discutono, i flussi continuano e il mare, ancora una volta, restituisce l’immagine più cruda della disperazione di chi cerca una vita migliore al di là dell’orizzonte.

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