La Cina introduce nuove regole per gli influencer: per parlare di economia, diritto e scienza servirà una laurea o un’autorizzazione statale
- piscitellidaniel
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Le autorità cinesi hanno introdotto una nuova normativa che regola in modo più stringente l’attività degli influencer e dei creatori di contenuti digitali, imponendo requisiti di istruzione e certificazione per coloro che trattano argomenti considerati “sensibili”. La misura, annunciata dall’Amministrazione statale per la radio, la televisione e l’informazione digitale (NRTA), stabilisce che chi produce o diffonde contenuti su temi come politica, economia, diritto, medicina o scienze sociali dovrà possedere una laurea specifica o ottenere un’autorizzazione rilasciata da un ente statale.
La decisione arriva in un momento in cui il governo di Pechino intensifica il controllo sull’informazione online e sul ruolo dei social media nella formazione dell’opinione pubblica. La Cina, già dotata di un articolato sistema di censura e di monitoraggio digitale, intende così limitare la diffusione di notizie o opinioni non autorizzate su materie ritenute cruciali per la stabilità politica e sociale del Paese. Le piattaforme di condivisione video come Douyin (la versione cinese di TikTok), Weibo e Bilibili saranno obbligate a verificare le credenziali dei propri utenti e a rimuovere immediatamente i contenuti prodotti da persone prive dei requisiti previsti.
Secondo quanto dichiarato dalle autorità, la norma non mira a limitare la libertà di espressione, ma a “garantire la qualità delle informazioni” e a “prevenire la diffusione di conoscenze errate o fuorvianti”. Nella pratica, tuttavia, la misura conferisce al governo un potere ancora più ampio nel selezionare chi può parlare pubblicamente di temi di interesse pubblico. I creatori di contenuti che desiderano affrontare questioni politiche, economiche o scientifiche dovranno presentare la documentazione che attesti il proprio titolo di studio o richiedere una certificazione professionale rilasciata da istituti riconosciuti dallo Stato. Le piattaforme digitali che non effettueranno i controlli rischiano pesanti sanzioni amministrative.
Il nuovo regolamento stabilisce anche un sistema di licenze per i cosiddetti “influencer esperti”, figure che operano in settori specifici e che, secondo Pechino, hanno il dovere di rappresentare il sapere in modo corretto e conforme ai valori socialisti. In questo ambito rientrano non solo divulgatori scientifici e commentatori economici, ma anche avvocati, medici e docenti universitari che utilizzano i social media per diffondere conoscenza. L’intento è quello di creare una sorta di “albo digitale” dei professionisti autorizzati a trattare temi di interesse collettivo, in un contesto di crescente attenzione verso la responsabilità dei contenuti pubblicati in rete.
Le misure si inseriscono in una più ampia strategia di regolamentazione del web che la Cina sta portando avanti da diversi anni. Già nel 2021, con la campagna di “rettificazione dell’industria culturale online”, Pechino aveva imposto restrizioni severe alle piattaforme di intrattenimento e ai cosiddetti “livestreamer”, colpevoli di promuovere modelli di consumo e stili di vita considerati contrari ai valori della società socialista. Successivamente, erano stati introdotti limiti alla pubblicazione di contenuti ritenuti eccessivamente volgari o influenzati dalla cultura occidentale, e venivano sanzionati gli influencer che ostentavano ricchezza o lussuosi stili di vita.
Ora, con la nuova normativa, l’attenzione si sposta dai contenuti di intrattenimento a quelli di carattere informativo e formativo. Il governo considera questo passaggio necessario per “purificare l’ambiente digitale” e rafforzare la fiducia del pubblico nelle fonti ufficiali. La diffusione di opinioni non verificate su temi economici o sanitari, specialmente durante la pandemia, ha spinto le autorità a intervenire per regolamentare l’accesso alle piattaforme. L’obiettivo dichiarato è quello di creare uno spazio digitale in cui le informazioni siano controllate, affidabili e coerenti con le linee politiche dello Stato.
Per molti analisti, la mossa rappresenta un ulteriore passo verso il consolidamento del controllo statale sull’informazione e sulla comunicazione digitale. L’introduzione dell’obbligo di laurea o di certificazione ufficiale crea una distinzione netta tra chi è autorizzato a esprimersi e chi non lo è, di fatto limitando la libertà dei cittadini di partecipare al dibattito pubblico online. Le piattaforme saranno tenute a implementare sistemi di verifica automatica, integrati con database statali, per monitorare costantemente la conformità dei contenuti. Ciò comporta un’espansione del sistema di sorveglianza digitale e un ulteriore rafforzamento del “Great Firewall”, l’infrastruttura di controllo che filtra e censura il traffico internet in Cina.
Dal punto di vista economico, la misura potrebbe modificare profondamente il settore del marketing digitale e dell’influencer economy. In Cina gli influencer rappresentano una componente importante del commercio online, spesso coinvolti nella promozione di prodotti, servizi e campagne di informazione governativa. Molti di loro, tuttavia, non possiedono titoli accademici o certificazioni ufficiali. L’obbligo di qualificazione potrebbe escludere migliaia di creatori di contenuti, riducendo la concorrenza ma anche la varietà dell’offerta informativa. Le grandi piattaforme, come Alibaba e Tencent, dovranno ridefinire le proprie strategie di partnership con i divulgatori, selezionando figure certificate e riconosciute dallo Stato.
Sul piano sociale, l’iniziativa solleva interrogativi sul confine tra regolamentazione e controllo. L’idea di un sistema che richiede una laurea per commentare temi economici o legali introduce un principio di selezione che va oltre la verifica della competenza, ponendo una distinzione ideologica fra il sapere approvato e quello non autorizzato. Il rischio è quello di ridurre il pluralismo e di consolidare un ambiente mediatico dominato da voci ufficiali o conformi alla narrativa governativa.
La nuova regolamentazione degli influencer in Cina segna dunque un ulteriore rafforzamento del controllo dello Stato sulla comunicazione digitale. Il web cinese, già sottoposto a rigidi meccanismi di censura, diventa ora anche un luogo in cui la competenza viene definita e autorizzata dall’alto, e dove l’informazione non è solo sorvegliata, ma anche certificata come politicamente corretta. In un Paese che conta oltre un miliardo di utenti internet, il controllo sull’autorevolezza delle parole si traduce in un nuovo strumento di potere, capace di modellare il pensiero pubblico attraverso la selezione di chi può, e di chi non può, parlare.

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