Il Israeli Defense Forces annuncia l’eliminazione di cinque combattenti usciti da un tunnel a Rafah: la nuova fase dell’offensiva e le implicazioni militari
- piscitellidaniel
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L’esercito israeliano ha comunicato che cinque combattenti sono stati uccisi dopo essere emersi da un tunnel nella zona di Rafah, nel sud della Striscia di Gaza. L’operazione rappresenta una nuova tappa nell’attacco alle infrastrutture sotterranee delle forze di Hamas e delle altre fazioni armate palestinesi che operano nell’area. La scoperta del tunnel e l’intercettazione dei militanti sono state possibili grazie a una combinazione di intelligence, ricognizione e azione coordinata tra forze di terra e assetti speciali dell’esercito israeliano. L’annuncio ufficiale arriva in un momento in cui l’offensiva a sud di Gaza ha intensificato l’obiettivo di neutralizzare la rete sotterranea che viene considerata dal comando militare israeliano come il “centro di gravità” della resistenza palestinese.
Secondo la ricostruzione delle forze armate israeliane, il gruppo di cinque uomini armati è uscito dal tunnel nella cosiddetta “zona gialla” di Rafah – una porzione meridionale della Striscia che è stata oggetto di evacuazioni civili in precedenza – con l’intento di eseguire un’operazione offensiva o di infiltrazione. Il tunnel aveva numerosi ingressi e uscite e si estendeva fino alla linea di contatto con le forze israeliane. L’azione di intercettazione ha utilizzato sensori sotterranei, sorveglianza aerea e intercettazioni delle comunicazioni che hanno permesso di identificare e colpire tempestivamente il gruppo. L’esito è la morte dei cinque combattenti e il recupero di materiale bellico e munizionamento all’interno della struttura sotterranea.
L’operazione assume rilievo anche perché conferma la strategia dell’IDF di passare all’offensiva nei confronti delle infrastrutture sotterranee che Hamas utilizza per logistici, comando, movimenti e protezione delle proprie forze combattenti. Negli ultimi mesi l’esercito israeliano ha dichiarato di aver distrutto numerose gallerie, pozzi d’accesso e depositi nei tunnel di Rafah e Khan Yunis, segnalando come tali strutture siano al cuore della capacità militare della fazione palestinese. Le dichiarazioni ufficiali parlano di centinaia di miliziani eliminati e di decine di chilometri di tunnel neutralizzati, a testimonianza della portata dell’azione in atto.
Nella fase attuale il comando israeliano afferma che Rafah non è più soltanto un teatro di combattimento urbano, ma un nodo strategico per il futuro assetto della Striscia di Gaza. La presenza di tunnel estesi sotto la zona di confine con l’Egitto aveva consentito a Hamas e alle forze alleate di stabilire linee di rifornimento, comunicazione e comando alternative alla superficie. L’eliminazione o il “sigillamento” di tali infrastrutture è vista da Israele come condizione indispensabile per poter ridurre gradualmente l’impegno in terra, ridurre i rischi per le truppe e preparare un eventuale disimpegno o ristrutturazione dell’area. La morte dei cinque combattenti rappresenta quindi un segnale concreto che la campagna sotterranea viene affrontata con mezzi mirati e alta priorità.
Dal punto di vista delle forze palestinesi, la perdita di uomini e lo smascheramento del tunnel rappresentano un doppio danno: da un lato la riduzione della capacità operativa immediata, dall’altro la compromissione della rete di mobilità sotterranea che aveva garantito operazioni quasi autonome. I tunnel erano considerati un vantaggio strategico in un conflitto dominato dalla supremazia aerea israeliana: consentivano a Hamas di muovere combattenti, armi, materiali di lancio e forniture in condizioni protette, aggirando i bombardamenti e le sorveglianze. Con la nuova pressione israeliana, le opzioni offensive e difensive dei palestinesi risultano limitate in modo significativo.
L’azione ha risvolti anche in termini logistici e organizzativi: il recupero di munizionamento e di documentazione nei tunnel permette all’IDF di rivedere la mappa delle forze nemiche e di pianificare le fasi successive dell’offensiva con maggiore dettaglio. Inoltre, la distruzione o il sequestro di ascensori, vie di fuga, stoccaggi sotterranei e centri di comando cambia l’equilibrio tattico a favore di Israele, consentendo una maggiore libertà di movimento delle proprie unità e una minore esposizione agli attacchi improvvisi dalla rete tunnel. Le forze israeliane segnalano che l’intera area di Rafah è stata isolata con sistemi di sorveglianza elevata e che le uscite dei tunnel vengono costantemente monitorate per impedire nuovi infiltrazioni.
La coordinazione operativa ha coinvolto anche la raccolta e l’elaborazione di localizzazioni precise grazie a droni, sorveglianza satellitare e intercettazioni elettroniche. Le unità speciali dell’IDF hanno agito con tempestività nella fase finale del rastrellamento; le truppe di fanteria e genio militare hanno poi provveduto alla neutralizzazione fisica dei tunnel, al recupero del materiale bellico e al controllo del perimetro. Il comando israeliano ha dichiarato che opererà con un modello di “smantellamento sistematico” delle gallerie, che prevede la distruzione degli ingressi, la perforazione dei corridoi e l’uso di esplosivi e cemento per impedire riutilizzo. Tale strategia si inserisce nel contesto di una campagna più ampia che punta a ridisegnare il confine sud della Striscia e ad interrompere la logistica sotterranea delle forze armate palestinesi.
La reazione internazionale alla notizia è stata variegata. Mentre alcuni Paesi hanno lodato l’azione israeliana come componente legittima di autodifesa, altre Nazioni e organizzazioni internazionali hanno richiamato la necessità di distinguere tra combattenti e civili e di garantire la protezione della popolazione della Striscia. L’area di Rafah è fortemente densamente abitata e la presenza di tunnel in prossimità della abitazione di civili e rifugiati solleva questioni di diritto internazionale e di etica del conflitto. Le autorità palestinesi hanno denunciato che l’azione israeliana mina la presenza delle famiglie locali e rappresenta un’ulteriore escalation del conflitto, con rischi per l’evacuazione, l’assistenza umanitaria e la stabilità della regione.
La dinamica del conflitto nella Striscia di Gaza sembra dunque mutare: il fronte sotterraneo assume importanza centrale, e la battaglia per la logistica dei tunnel rappresenta una delle strategie decisive per definire l’esito dell’offensiva israeliana. L’eliminazione dei cinque combattenti usciti dal tunnel costituisce un episodio che riflette la fase avanzata dell’azione israeliana, ma anche la complessità della guerra moderna, in cui la lotta avviene non solo sulla superficie ma anche sotto terra, tra infrastrutture invisibili e corpi in movimento.

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