top of page

Confindustria: il PIL resta bloccato malgrado fiducia e investimenti in crescita, tra dazi, incertezze e debolezza industriale

L’economia italiana si trova in una situazione anomala: sebbene alcuni indicatori fondamentali facciano registrare segnali positivi — come la crescita degli investimenti e un aumento della fiducia di imprese e consumatori — il Prodotto Interno Lordo (PIL) resta sostanzialmente fermo, incapace di trarre slancio da quei fattori favorevoli. È quanto emergere dal recente bollettino di congiuntura diffuso da Confindustria, che evidenzia come il blocco della crescita sia dovuto principalmente a fattori esterni, ad una struttura industriale debole e ad un’esportazione che non decolla come sarebbe necessario. Le criticità identificate riguardano molteplici dimensioni: l’industria mostra difficoltà, i servizi non compensano sufficientemente il calo produttivo, l’export è frenato da dazi e da un cambio sfavorevole, e gli investimenti pur vivi non bastano a produrre l’effetto moltiplicatore atteso.


Secondo l’analisi pubblicata, la fiducia delle imprese è aumentata, trainata dalla stabilizzazione dei prezzi dell’energia, dal miglioramento del clima finanziario e dalle risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) che hanno incentivato nuovi investimenti. Tuttavia, nonostante queste condizioni favorevoli, il PIL non decolla. La spiegazione risiede in parte nel fatto che gli investimenti, pur in crescita, restano su valori ridotti rispetto al potenziale, mentre la produzione industriale continua a mostrare segni di debolezza e l’export accelera ma non abbastanza da generare una spinta di sostegno alla crescita interna. In altri termini, vi è una discrepanza crescente tra la disponibilità di risorse e progetti da un lato, e la capacità del sistema produttivo di trasformarli in maggiore output economico dall’altro.


Uno dei fattori evidenziati da Confindustria è la pressione sulle esportazioni, favorita da una combinazione di dazi internazionali, in particolare quelli degli Stati Uniti sui prodotti europei, e dal forte indebolimento del dollaro, che penalizza i ricavi in valuta estera delle imprese italiane. Questi elementi spingono verso una minor competitività sul mercato globale, rallentando la domanda estera per le aziende italiane e limitando la capacità di crescita delle entrate da export, che spesso rappresentano una leva essenziale per la dinamica del PIL. L’analisi segnala che, nonostante un miglioramento dell’export a settembre (+2,6% secondo i dati), le prospettive restano negative per via dell’incertezza e della debolezza dell’industria.


L’industria italiana appare come uno degli anelli più fragili della catena. Nonostante la ripresa delle ore lavorate e una lieve risalita della produzione, le imprese del settore manifatturiero faticano a imprimere un'accelerazione significativa. In particolare, la capacità di investire in innovazione, nelle tecnologie digitali e nei processi produttivi appare ancora limitata rispetto ai concorrenti europei, con una produttività che rimane bassa e investimenti che pur se in crescita non bastano a colmare il ritardo. Confindustria segnala che, per una vera ripresa, occorrerebbe un maggiore rafforzamento degli investimenti privati, accompagnati da una crescita della domanda interna e un miglioramento della competitività sui mercati globali.


La fiducia delle imprese e dei consumatori è un parametro che mostra segnali positivi, ma resta condizionata da un contesto esterno incerto e da vincoli strutturali interni. Le imprese riferiscono un incremento della fiducia grazie al calo dei costi energetici e ad una maggiore stabilità dei tassi di interesse, ma segnalano anche che l’effetto sul loro fatturato e sul nuovo prodotto rimane limitato. La spinta è più forte nei servizi che nella manifattura, e molte aziende evidenziano la difficoltà di tradurre l’ottimismo in investimenti maggiori di quelli programmati. Ciò significa che la fiducia da sola non alimenta automaticamente la crescita del PIL: serve che venga accompagnata da un miglioramento della capacità operativa e del contesto competitivo.


Gli investimenti rappresentano un altro elemento chiave: grazie al PNRR e agli incentivi esistenti, gli investimenti in capitale fisso delle imprese mostrano segnali di recupero. Tuttavia, Confindustria sottolinea che lo stock totale di investimenti è ancora troppo basso, e che una parte significativa delle risorse del PNRR non viene spesa nei tempi e nelle modalità previste, ritardando l’effetto propulsivo atteso. Inoltre, la crescita degli investimenti non si traduce ancora in modo massiccio in un aumento della produttività o in creazione di valore aggiunto sufficiente a muovere il PIL. L’asimmetria tra risorse disponibili, desiderio di investimento e capacità di attuarli efficacemente costituisce oggi una delle principali criticità del sistema economico italiano.


L’incertezza globale pesa molto sull’economia nazionale: i dazi internazionali, la debolezza della domanda europea, la volatilità dei tassi di cambio e i rischi geopolitici riducono le prospettive di crescita per le imprese italiane orientate all’export. Confindustria rileva che l’Italia rischia di rimanere «ferma» se non riuscirà a imprimere un’accelerazione netta. In sintesi, le condizioni favorevoli ci sono — investimenti, fiducia, ambienti finanziari relativamente stabili — ma l’effetto combinato non produce ancora la crescita attesa del PIL. Il nodo resta nell’aumento della produttività, nella modernizzazione del settore industriale, nella mobilitazione efficace degli investimenti e nella capacità di esportare in un contesto internazionale ancora complesso.

Post correlati

Mostra tutti

Commenti


Le ultime notizie

bottom of page