Ex Ilva: fermo dell'Altoforno 1 e cassa integrazione per oltre 4.000 lavoratori
- piscitellidaniel
- 19 ore fa
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La situazione dello stabilimento ex Ilva di Taranto, ora gestito da Acciaierie d'Italia, si aggrava ulteriormente con il fermo dell'Altoforno 1, uno dei tre impianti principali dell'acciaieria. Questo stop ha portato alla necessità di ricorrere alla cassa integrazione straordinaria per un numero significativo di lavoratori.
Dettagli sulla cassa integrazione
Secondo l'accordo raggiunto tra l'azienda e le organizzazioni sindacali, la cassa integrazione straordinaria coinvolgerà un massimo di 4.050 lavoratori. Di questi, 3.500 sono impiegati nello stabilimento di Taranto, mentre i restanti operano negli impianti di Genova e Novi Ligure. Questa misura è stata adottata a seguito della riduzione delle attività produttive causata dal fermo dell'Altoforno 1.
Motivazioni del fermo dell'Altoforno 1
Il fermo dell'Altoforno 1 è stato disposto dopo un incendio che ha interessato l'impianto. Le autorità competenti hanno deciso il sequestro dell'altoforno per motivi di sicurezza, in attesa di ulteriori accertamenti. Il Ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, ha espresso preoccupazione per le conseguenze di questo fermo, sottolineando che un prolungato stop potrebbe compromettere la ripresa produttiva dello stabilimento.
Reazioni sindacali e prospettive future
I sindacati hanno accolto con preoccupazione la notizia del fermo dell'Altoforno 1 e della conseguente cassa integrazione. Hanno richiesto garanzie sul futuro occupazionale dei lavoratori e sulla ripresa delle attività produttive. Le organizzazioni sindacali hanno inoltre sottolineato l'importanza di un piano industriale chiaro e sostenibile per garantire la continuità dello stabilimento e la salvaguardia dei posti di lavoro.
Impatto sull'economia locale
Lo stabilimento ex Ilva rappresenta una delle principali realtà industriali del Mezzogiorno e ha un impatto significativo sull'economia locale. Il fermo dell'Altoforno 1 e la conseguente cassa integrazione per oltre 4.000 lavoratori rischiano di avere ripercussioni negative sull'intero indotto e sul tessuto economico della regione. Le istituzioni locali e nazionali sono chiamate a intervenire per trovare soluzioni che possano garantire la ripresa delle attività e la tutela dell'occupazione.
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