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Diritti tv sportivi in crisi: la pirateria svaluta il mercato e mette in allarme broadcaster e leghe

La pirateria digitale continua a rappresentare uno dei principali fattori di destabilizzazione del mercato dei diritti televisivi sportivi, con effetti sempre più tangibili sulle aste per i campionati nazionali e le competizioni internazionali. Il problema è diventato particolarmente evidente negli ultimi due anni, durante i quali le principali emittenti hanno registrato un calo significativo dei ricavi derivanti dagli abbonamenti, parallelamente a un incremento della diffusione illegale delle partite tramite canali pirata. La Lega Serie A, Mediaset, DAZN e Sky Italia sono tra gli attori più esposti a un fenomeno che mina le basi economiche del sistema calcio, generando una perdita stimata di centinaia di milioni di euro l’anno.


Secondo l’ultima analisi presentata da Il Sole 24 Ore, il danno economico derivante dalla pirateria nel solo comparto calcistico italiano si aggirerebbe attorno ai 300 milioni di euro all’anno. Una cifra impressionante, che contribuisce alla svalutazione sistemica dei diritti audiovisivi. Le aste per i diritti tv della Serie A 2024-2029, ad esempio, si sono concluse con un valore complessivo di 4,5 miliardi di euro, in calo del 7% rispetto al quinquennio precedente. I broadcaster hanno giustificato le offerte più contenute proprio con la presenza sempre più capillare di streaming illegali, che rendono meno redditizi gli investimenti nelle esclusive televisive.


Uno dei canali principali attraverso cui si diffonde la pirateria sportiva è il sistema dell’IPTV illegale. Gli utenti acquistano per pochi euro abbonamenti a piattaforme clandestine che offrono pacchetti completi di eventi sportivi, film e serie TV. I contenuti vengono trasmessi in tempo reale da server situati in paesi extraeuropei, rendendo complessa l’individuazione e l’interruzione delle fonti. Il mercato nero digitale è cresciuto del 20% nell’ultimo anno, secondo l’osservatorio FAPAV (Federazione per la Tutela dei Contenuti Audiovisivi e Multimediali), coinvolgendo una fascia di popolazione sempre più ampia e trasversale.


Il danno non si limita ai broadcaster: anche le leghe, le società calcistiche e gli atleti subiscono conseguenze dirette. La minore redditività dei diritti televisivi comporta una riduzione degli introiti distribuiti ai club, mettendo sotto pressione i bilanci delle società sportive. In un sistema come quello italiano, in cui i diritti tv rappresentano fino al 60% delle entrate totali di molti club di Serie A, la pirateria diventa un fattore che incide strutturalmente sulla competitività del campionato.


Sul fronte istituzionale, il governo italiano ha avviato diverse iniziative per contrastare la diffusione della pirateria, tra cui il lancio della piattaforma “Piracy Shield”, affidata all’AGCOM e implementata da Lega Serie A e DAZN. Il sistema ha la funzione di oscurare in tempo reale i siti che trasmettono illegalmente contenuti protetti da copyright, intervenendo a livello DNS entro 30 minuti dalla segnalazione. Nonostante l’obiettivo ambizioso, la piattaforma ha già mostrato criticità: nei primi mesi di attività sono stati oscurati anche siti leciti a causa di errori di identificazione, suscitando polemiche da parte di associazioni per la libertà in rete.


La reazione dei pirati digitali alle contromisure è stata rapida. Alcuni gruppi hacker hanno trovato modi per aggirare il blocco DNS, utilizzando reti VPN, server proxy e sistemi di reindirizzamento. L’efficacia delle contromisure dipende quindi dalla capacità tecnica delle autorità di aggiornare costantemente i filtri e migliorare gli strumenti di rilevamento. Le emittenti, dal canto loro, stanno investendo in tecnologie avanzate di watermarking e intelligenza artificiale per individuare e bloccare i flussi illegali.


Anche a livello europeo il tema è all’ordine del giorno. L’UE ha recentemente discusso una proposta per armonizzare le procedure di rimozione dei contenuti pirata e accelerare i tempi di risposta. La Commissione Europea ha inoltre evidenziato che la pirateria nel settore sportivo non solo danneggia l’industria audiovisiva, ma comporta perdite fiscali per gli Stati membri e favorisce l’economia sommersa.


Secondo un’indagine condotta da Ipsos per conto di FAPAV, in Italia oltre 10 milioni di persone hanno utilizzato almeno una volta servizi di streaming pirata per eventi sportivi. Di questi, oltre il 60% lo fa abitualmente, e solo una minoranza è consapevole delle implicazioni legali. L’articolo 171-ter della legge sul diritto d’autore prevede infatti sanzioni penali per chi fruisce sistematicamente di contenuti protetti in modo illecito, ma i controlli restano difficili da applicare su larga scala.


Le società di calcio, insieme a Lega Serie A e broadcaster, hanno intensificato gli sforzi per promuovere la consapevolezza del pubblico. Campagne social, spot televisivi e iniziative nelle scuole sono parte di un piano più ampio per sensibilizzare i cittadini sull’importanza della tutela del valore economico dello sport. Tuttavia, l’accessibilità economica dei pacchetti pirata continua a rappresentare un elemento di forte attrattiva per una parte significativa del pubblico, soprattutto tra i più giovani.

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