Clima, in Italia raddoppio dei decessi legati al caldo rispetto agli anni ’90
- piscitellidaniel
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In Italia il numero di morti attribuibili alle ondate di calore è raddoppiato rispetto agli anni Novanta, evidenziando un aumento netto dell’impatto del cambiamento climatico sulla salute pubblica. I dati più recenti indicano che le estati italiane sono tra le più letali d’Europa per effetto delle temperature estreme, con un trend in continua crescita e un livello di rischio ormai strutturale per la popolazione, in particolare per le fasce più vulnerabili. Il fenomeno interessa l’intero territorio nazionale ma colpisce con maggiore intensità le aree urbane, le regioni centro-meridionali e le zone costiere, dove l’effetto combinato di calore, umidità e scarsa ventilazione amplifica il disagio fisico e fisiologico.
Le stime parlano di circa 18 mila decessi legati al caldo solo nell’estate del 2022, con un tasso di quasi 300 morti per milione di abitanti, il più elevato tra i paesi europei. L’aumento rispetto agli anni Novanta è attribuibile a una serie di fattori convergenti: la frequenza più alta delle ondate di calore, la maggiore durata dei periodi di temperature elevate, l’invecchiamento della popolazione e la densità urbana che favorisce la formazione di isole di calore. In parallelo, il progressivo consumo di suolo e la riduzione delle aree verdi rendono più difficile la dispersione termica nelle città, aggravando ulteriormente il problema.
Gli effetti sanitari del caldo estremo non si limitano ai colpi di calore o alla disidratazione. Le alte temperature incidono sulla pressione arteriosa, sul ritmo cardiaco, sull’apparato respiratorio e sul sistema nervoso, aumentando il rischio di scompensi e patologie acute in soggetti già fragili. Anziani, bambini, persone affette da malattie croniche e chi vive in condizioni socio-economiche precarie risultano i più esposti. Gli ospedali, in particolare nelle settimane di picco estivo, registrano un aumento dei ricoveri per crisi cardiovascolari, insufficienza renale e complicazioni respiratorie, con un impatto crescente anche sulla capacità del sistema sanitario di garantire assistenza tempestiva.
Il confronto con i dati storici mostra che il cambiamento climatico non è più un fattore episodico ma una variabile permanente che modifica il profilo epidemiologico del Paese. Le ondate di calore, che negli anni Novanta erano eventi eccezionali, si verificano oggi con una frequenza fino a quattro volte superiore, e le notti tropicali – in cui la temperatura non scende sotto i 20 gradi – si moltiplicano anche nelle regioni settentrionali. Questo andamento altera i ritmi circadiani, riduce la qualità del sonno e provoca accumulo di stress termico, con effetti cumulativi che aumentano la vulnerabilità anche di persone in buona salute.
Le aree urbane rappresentano l’epicentro del problema. Le superfici asfaltate, il traffico veicolare, la scarsità di vegetazione e la densità edilizia fanno sì che le città trattengano calore anche nelle ore notturne, impedendo un raffreddamento naturale dell’ambiente. In molti centri abitati le temperature notturne risultano fino a 4-5 gradi più alte rispetto alle aree rurali circostanti. A ciò si aggiunge l’impatto dell’inquinamento atmosferico, che amplifica gli effetti del caldo estremo sulle vie respiratorie e sul sistema cardiovascolare. L’assenza di adeguate infrastrutture verdi e di sistemi di ventilazione urbana incide pesantemente sulla salute pubblica, soprattutto durante i periodi di alta pressione estiva.
Le regioni meridionali e insulari presentano le condizioni più critiche, con una combinazione di temperature elevate, umidità costante e ridotte risorse idriche. Tuttavia, anche il Nord Italia non è immune: la pianura padana registra da anni un incremento costante della temperatura media e una riduzione delle precipitazioni estive. Il riscaldamento climatico produce inoltre effetti indiretti sull’agricoltura, sulla qualità dell’aria e sulle forniture energetiche, incidendo sui costi sociali e ambientali complessivi.
Sul piano sociale, il fattore climatico interagisce con le disuguaglianze economiche e abitative. Le persone che vivono in case prive di sistemi di raffrescamento, in edifici non isolati o in quartieri densamente popolati sono più esposte ai rischi sanitari. I soggetti a basso reddito, gli anziani soli e i lavoratori esposti all’aperto rappresentano categorie prioritarie di vulnerabilità. Le politiche di assistenza e prevenzione, pur in crescita negli ultimi anni, faticano ancora a raggiungere uniformemente il territorio nazionale. I piani di allerta caldo, gestiti a livello regionale, funzionano in molte città ma presentano differenze di efficacia e tempestività.
La comunità scientifica sottolinea che l’aumento della mortalità legata al caldo in Italia non può essere considerato un effetto marginale del riscaldamento globale. I trend climatici mostrano un aumento di circa 1,5 gradi della temperatura media nazionale rispetto ai valori preindustriali, con punte superiori nelle aree interne e nelle isole. L’andamento estivo si è dilatato di quasi un mese rispetto agli anni Novanta, estendendo il periodo di rischio sanitario. Le previsioni indicano che, senza interventi strutturali di adattamento urbano e riduzione delle emissioni, entro il 2050 la mortalità da caldo potrebbe triplicare, raggiungendo livelli comparabili con le principali patologie croniche.
Il problema assume una dimensione anche infrastrutturale e ambientale. Le reti energetiche vengono messe sotto stress dall’aumento della domanda di elettricità per il condizionamento, mentre le risorse idriche si riducono e la qualità delle acque peggiora per effetto dell’evaporazione e della siccità. Le aree agricole subiscono perdite di produzione e i centri urbani devono affrontare il rischio di blackout o di collasso dei servizi pubblici nelle fasi più calde dell’anno. Tutti questi elementi concorrono a definire un quadro complesso in cui il cambiamento climatico diventa una questione di sicurezza nazionale, oltre che ambientale.
L’Italia, per la sua posizione geografica e la struttura demografica, è tra i paesi europei più vulnerabili al riscaldamento globale. La combinazione di popolazione anziana, alta densità abitativa e infrastrutture datate amplifica gli effetti delle ondate di calore. I dati epidemiologici e climatici convergono nel mostrare un trend inequivocabile: le morti legate al caldo sono in aumento costante e rappresentano un indicatore diretto della trasformazione del clima mediterraneo, che da temperato sta evolvendo verso condizioni sempre più subtropicali e instabili.

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