Torino, la “fabbrica d’Italia” chiede coraggio sulla manovra: Orsini invita a puntare sulla crescita e sull’industria per rilanciare il Paese
- piscitellidaniel
- 2 giorni fa
- Tempo di lettura: 4 min
Torino torna al centro del dibattito economico nazionale come simbolo della manifattura italiana e laboratorio di idee per la politica industriale del futuro. Nel corso dell’incontro “La fabbrica d’Italia”, organizzato dal Sole 24 Ore, il presidente di Confindustria Piemonte Marco Gay e l’imprenditore Alberto Orsini, fondatore del gruppo Orsini & C., hanno richiamato la necessità di una manovra economica più orientata alla crescita, agli investimenti e alla competitività del sistema produttivo. La città, che per decenni ha rappresentato il cuore pulsante dell’industria italiana, torna a parlare di sviluppo, innovazione e occupazione, chiedendo al governo una visione capace di unire rigore e ambizione.
Al centro del confronto, l’idea che la prossima legge di bilancio debba superare la logica delle misure di emergenza per concentrarsi su un progetto di rilancio strutturale. Orsini ha sottolineato come l’Italia non possa limitarsi a difendere il proprio tessuto produttivo, ma debba rilanciarlo con politiche che favoriscano la modernizzazione industriale, la transizione energetica e l’innovazione tecnologica. “Servono scelte coraggiose — ha dichiarato — che premino chi investe e crea lavoro. La crescita non può venire da bonus o trasferimenti, ma da una politica industriale chiara e da un ambiente favorevole all’impresa”.
L’intervento di Orsini ha trovato ampio consenso tra i rappresentanti del mondo produttivo presenti all’evento, che hanno evidenziato come il Nord-Ovest resti un motore essenziale per l’economia nazionale ma soffra ancora di un deficit infrastrutturale e di politiche di lungo periodo. Torino, nonostante la sua storia di capitale industriale, ha vissuto negli ultimi anni un ridimensionamento del suo peso economico, dovuto alla crisi dell’automotive e alla mancanza di investimenti strategici. Tuttavia, la città conserva un patrimonio di competenze, imprese e innovazione che può tornare a essere la base del rilancio nazionale se sostenuto da una visione economica coerente.
Il messaggio lanciato dall’incontro è chiaro: il Paese ha bisogno di un piano industriale che valorizzi le filiere esistenti e investa su quelle emergenti. Settori come l’automotive elettrico, l’aerospazio, la meccatronica e le energie rinnovabili rappresentano i pilastri su cui costruire la nuova crescita. Secondo Orsini, l’Italia deve recuperare la capacità di fare politica industriale, coordinando gli sforzi tra governo, imprese e territori. “La transizione ecologica non deve essere vissuta come un costo ma come un’occasione di leadership — ha aggiunto —. Se non sapremo coglierla, saremo destinati a inseguire gli altri”.
La manovra economica in discussione a Roma, invece, viene giudicata dagli imprenditori ancora troppo prudente. Le risorse, pur limitate, dovrebbero essere concentrate su obiettivi strategici: riduzione del cuneo fiscale, incentivi agli investimenti in ricerca e sviluppo, formazione tecnica e sostegno all’export. La critica principale è rivolta alla frammentazione degli interventi e alla mancanza di un disegno complessivo capace di dare fiducia alle imprese. “Serve un segnale di visione, non di gestione — ha insistito Orsini —. In questo momento, la priorità non è solo la stabilità dei conti, ma la crescita che può garantirla”.
Nel corso del convegno, ampio spazio è stato dedicato anche al ruolo delle piccole e medie imprese, che rappresentano l’ossatura dell’economia piemontese. Gli imprenditori hanno chiesto di ridurre il peso burocratico e di rendere più accessibili gli incentivi per l’innovazione. Molti interventi hanno sottolineato come il ritardo nella spesa dei fondi del PNRR rischi di frenare la ripresa, evidenziando la necessità di una governance più efficiente e di un dialogo più stretto tra istituzioni e sistema produttivo.
Le parole di Orsini si collocano in una visione più ampia che vede Torino come laboratorio per la rinascita industriale italiana. La città, sede di grandi realtà manifatturiere e centri di ricerca avanzati, è oggi impegnata in un processo di riconversione che coinvolge automotive, aerospazio, tecnologie digitali e sostenibilità ambientale. Gli investimenti pubblici e privati in corso, come il potenziamento del polo aerospaziale e la trasformazione della filiera automobilistica verso l’elettrico, sono segnali di un cambiamento in atto ma ancora fragile.
Il nodo centrale, secondo gli industriali piemontesi, è creare condizioni che favoriscano la competitività. Tra i temi più discussi, l’alto costo dell’energia, la lentezza delle autorizzazioni e la carenza di personale tecnico qualificato. Le imprese chiedono un sistema di formazione professionale più integrato con le esigenze del mercato e politiche attive del lavoro capaci di rispondere alla domanda di nuove competenze. “Non possiamo pensare di attrarre investimenti internazionali senza un capitale umano adeguato — ha ricordato Orsini —. Serve una riforma profonda della formazione tecnica, che è la chiave per il futuro del manifatturiero”.
Il dibattito torinese ha messo in evidenza anche la questione infrastrutturale, da sempre cruciale per il Nord-Ovest. La richiesta degli industriali è quella di accelerare i progetti già avviati, come il completamento del collegamento ferroviario Torino-Lione, la riqualificazione della rete logistica e il miglioramento dei collegamenti con i porti liguri. Secondo le associazioni di categoria, la mancanza di infrastrutture moderne penalizza la competitività delle imprese e limita la capacità di attrarre investimenti esteri.
Sul piano politico, il confronto di Torino ha assunto un significato più ampio. Gli interventi degli imprenditori hanno espresso una chiara aspettativa nei confronti del governo: una manovra che non si limiti a contenere la spesa, ma che investa sul futuro. La crescita, come ha sottolineato Orsini, non può essere delegata al mercato, ma richiede una regia pubblica che orienti le scelte industriali, favorisca la ricerca e accompagni la trasformazione energetica. “Torino — ha detto — è stata e può tornare a essere la fabbrica d’Italia, ma solo se l’Italia avrà il coraggio di tornare Paese industriale”.
Il confronto tra imprese, istituzioni e mondo accademico ha ribadito l’urgenza di una politica economica che metta al centro la produzione e la competitività. La crescita, secondo la visione emersa dal convegno, non è un effetto secondario della stabilità, ma la condizione necessaria per mantenerla. Torino, con la sua storia industriale e la sua capacità di innovare, vuole tornare a essere protagonista di questo percorso, diventando un modello per un’Italia che punta a ricostruire il proprio ruolo economico in Europa attraverso il lavoro, l’impresa e la tecnologia.
Commenti