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Il ruolo della banca nella composizione negoziata della crisi d’impresa


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La disciplina della composizione negoziata della crisi, introdotta con il D.Lgs. 14/2019 e successivamente modificata dai decreti correttivi, rappresenta uno dei cardini del nuovo diritto concorsuale orientato alla prevenzione dell’insolvenza e al recupero della continuità aziendale. Il sistema si fonda sull’idea che la crisi d’impresa non debba necessariamente sfociare in procedure liquidatorie, ma possa essere gestita in modo anticipato e strumentale al risanamento attraverso un dialogo regolato tra debitore e creditori, in particolare con gli istituti bancari.


La cornice normativa e l’impianto di riforma

Il D.Lgs. 14/2019, noto come Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, attua la legge delega n. 155/2017 e la direttiva (UE) 2019/1023, ponendo al centro del sistema un modello di “ristrutturazione preventiva” fondato sulla cooperazione e sulla buona fede delle parti coinvolte. La composizione negoziata, disciplinata dagli articoli 12 e seguenti, si configura come una procedura volontaria e confidenziale che l’imprenditore, commerciale o agricolo, può attivare quando si trovi in condizioni di squilibrio economico-finanziario tali da rendere probabile la crisi o l’insolvenza, purché risulti ragionevolmente perseguibile il risanamento.A differenza delle tradizionali procedure concorsuali, la composizione negoziata non implica lo spossessamento dell’imprenditore né la perdita della gestione aziendale, ma presuppone la collaborazione con un esperto indipendente designato dalla Commissione istituita presso la Camera di commercio.


L’esperto e la funzione di facilitazione

L’esperto riveste un ruolo centrale nell’intero procedimento.È tenuto ad agevolare le trattative tra l’imprenditore e i creditori, fornendo un contributo tecnico alla definizione delle possibili soluzioni di riequilibrio e valutando la sostenibilità del piano di risanamento. La sua attività si ispira ai principi di correttezza, trasparenza e imparzialità, poiché la riuscita del procedimento dipende in larga parte dalla fiducia reciproca e dalla qualità delle informazioni messe a disposizione dalle parti.L’imprenditore, inoltre, può chiedere l’applicazione di misure protettive del patrimonio nei confronti dei creditori, che il tribunale può confermare o estendere ai terzi garanti qualora la situazione prospettata lasci intravedere concrete possibilità di risanamento.


Gli strumenti operativi e le soluzioni negoziali

Il Codice della crisi individua diversi sbocchi della composizione negoziata, configurandoli su un piano di sostanziale interscambiabilità.Le principali soluzioni sono:

  1. la conclusione di un contratto con uno o più creditori idoneo ad assicurare la continuità aziendale per almeno due anni;

  2. la stipulazione di una convenzione di moratoria ex art. 23, comma 1, lett. b);

  3. il raggiungimento di un accordo attestante la coerenza del piano di risanamento con la regolazione della crisi.Tutti questi strumenti hanno natura privatistica e non richiedono omologazione giudiziale, ma il legislatore ne incentiva l’utilizzo prevedendo, per l’imprenditore che accede alla procedura, una riduzione degli interessi legali sui debiti tributari fino alla conclusione delle trattative.A supporto, la piattaforma telematica nazionale fornisce una lista di controllo, un test di perseguibilità e un protocollo operativo che guidano l’imprenditore e i professionisti nella redazione del piano e nella conduzione delle trattative.


Il ruolo della banca e la responsabilità per concessione abusiva di credito

La posizione dei creditori bancari è oggetto di un’attenzione particolare. Il Decreto correttivo ter, intervenuto nel 2023, ha specificato che le banche devono partecipare alle trattative in modo attivo e informato, fornendo collaborazione leale all’esperto e all’imprenditore.È stato altresì chiarito che la notizia dell’accesso alla composizione negoziata non può costituire, di per sé, motivo di revoca o sospensione delle linee di credito, né giustificare la riclassificazione del credito.Tale previsione mira a neutralizzare l’effetto “stigmatizzante” che l’emersione della crisi spesso determina nei rapporti con il sistema bancario e che, in assenza di un quadro protetto, può compromettere ogni tentativo di risanamento.

Sul piano della responsabilità, il decreto ha introdotto una significativa innovazione: la prosecuzione del rapporto creditizio durante la composizione negoziata non può essere considerata, di per sé, fonte di responsabilità per concessione abusiva di credito.Questa previsione attenua la tradizionale rigidità interpretativa con cui la giurisprudenza tendeva a configurare la colpa della banca nel mantenimento del sostegno finanziario a imprese già in crisi. La ratio legis risiede nella volontà di favorire la continuità aziendale e di evitare che gli istituti bancari, temendo possibili azioni risarcitorie, interrompano prematuramente il flusso creditizio, aggravando così la crisi dell’impresa.


La concessione abusiva di credito e i suoi limiti

Prima della riforma, la giurisprudenza individuava la responsabilità della banca quando questa, pur consapevole dell’insolvenza del cliente, concedeva o manteneva linee di credito idonee solo a ritardare il dissesto, aggravando il passivo o inducendo terzi a contrarre confidando nella solvibilità apparente dell’impresa.Con il nuovo impianto normativo, tale responsabilità è circoscritta ai casi in cui emerga un comportamento negligente o fraudolento dell’istituto, come l’erogazione di credito in presenza di un piano manifestamente irrealistico o la strumentalizzazione della procedura negoziata a fini dilatori. La banca non è più chiamata a rispondere per il solo fatto di aver sostenuto l’impresa in crisi, ma solo se la sua condotta risulta causalmente idonea ad aggravare il dissesto o a ledere l’interesse dei creditori.


La prospettiva sistematica e l’interesse pubblico al risanamento

L’orientamento del legislatore è chiaramente pro-conservativo, in linea con la direttiva (UE) 2019/1023, che valorizza la ristrutturazione preventiva come strumento di tutela dell’economia e dell’occupazione.La banca, in questa visione, non è più considerata esclusivamente un creditore da soddisfare, ma un soggetto co-responsabile della buona riuscita del processo di risanamento. La sua partecipazione consapevole e collaborativa diventa condizione essenziale per evitare il ricorso alla liquidazione giudiziale, considerata extrema ratio.

Nel contesto operativo, l’interlocuzione tra esperto e sistema bancario assume dunque una funzione di equilibrio: da un lato garantisce all’imprenditore margini di manovra per la continuità aziendale, dall’altro assicura alle banche strumenti informativi idonei a valutare correttamente il rischio di credito.L’obiettivo è quello di superare la logica conflittuale del passato, sostituendola con un approccio di partnership regolata, in cui la condivisione delle informazioni e la trasparenza decisionale divengano principi guida.


Le misure protettive e l’estensione ai garanti

Ulteriore elemento innovativo è rappresentato dalla possibilità di estendere le misure protettive del patrimonio ai terzi garanti dell’impresa.La giurisprudenza più recente ha confermato che, laddove l’esperto evidenzi la presenza di concrete prospettive di risanamento, il tribunale può sospendere le procedure esecutive anche nei confronti dei garanti, bilanciando l’esigenza di tutela dei creditori con l’interesse pubblico alla conservazione del valore aziendale.Tale interpretazione si inserisce in un quadro di valorizzazione della “funzione sociale” dell’impresa e del credito bancario, intesi come strumenti di stabilità del sistema economico.


L’evoluzione normativa in materia di composizione negoziata e il nuovo ruolo assegnato alle banche rappresentano un passaggio culturale oltre che giuridico: la gestione della crisi d’impresa non è più vista come evento patologico da reprimere, ma come fase fisiologica da governare con strumenti giuridici moderni e cooperativi. Il superamento del paradigma liquidatorio, la riduzione della responsabilità automatica della banca e la promozione di un dialogo strutturato tra debitore, creditori ed esperto segnano una discontinuità profonda rispetto al passato. In tale contesto, la figura dell’istituto di credito non si esaurisce nella dimensione finanziaria, ma si trasforma in parte attiva del processo di risanamento, contribuendo, insieme alle istituzioni e ai professionisti, alla realizzazione di un sistema più efficiente e coerente con i principi europei di early warning e di tutela della continuità aziendale.

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