Bonus edilizi e controlli antifrode: la revoca è legittima in assenza dei requisiti sostanziali
- Luca Baj

- 19 ott
- Tempo di lettura: 4 min

L’intervento della giurisprudenza tributaria sui bonus edilizi si è progressivamente focalizzato sul rapporto tra la legittimità dei controlli antifrode e la tutela dei contribuenti beneficiari delle agevolazioni fiscali. La recente pronuncia della Corte di Cassazione n. 4390/2025 segna un punto di equilibrio nel sistema, chiarendo che la revoca o il diniego di un’agevolazione fiscale costituisce atto immediatamente impugnabile, ma che la sua legittimità può fondarsi su vizi di carattere sostanziale riguardanti la regolarità urbanistica o la documentazione tecnica.
Il quadro normativo e i poteri di controllo dell’amministrazione finanziariaLa disciplina dei controlli antifrode sui bonus edilizi trova la sua base nell’articolo 122-bis del D.L. 34/2020 (cosiddetto “Decreto Rilancio”), introdotto dalla legge di Bilancio 2022. Tale disposizione attribuisce all’Agenzia delle Entrate il potere di sospendere, entro cinque giorni dalla ricezione, le comunicazioni di cessione del credito o di sconto in fattura, quando emergano specifici profili di rischio. Il termine di sospensione, fino a trenta giorni, è funzionale alla verifica della coerenza e regolarità dei dati dichiarati rispetto alle informazioni presenti nell’Anagrafe tributaria o acquisite da altre banche dati pubbliche.L’obiettivo del legislatore è prevenire l’abuso delle misure di incentivazione fiscale, soprattutto nelle ipotesi in cui la cessione dei crediti avvenga in assenza di una reale spesa o di lavori effettivamente conformi ai titoli edilizi dichiarati. Le verifiche riguardano non soltanto la congruità economica, ma anche l’esistenza del titolo edilizio e la completezza delle asseverazioni obbligatorie, elementi considerati essenziali per la legittima fruizione delle agevolazioni.
I profili di rischio e la sospensione delle comunicazioniI criteri di individuazione dei profili di rischio sono dettagliati e si articolano su più livelli: la coerenza dei dati catastali e urbanistici, la congruità economica dei crediti, la capacità finanziaria dei soggetti coinvolti e l’eventuale reiterazione di operazioni analoghe da parte degli stessi contribuenti. Un’anomalia nei dati catastali o un’operazione di cessione del credito verso soggetti economicamente incapienti può costituire indice sufficiente per la sospensione della comunicazione.Quando il controllo si conclude con l’accertamento di profili di rischio confermati, la comunicazione è considerata come non effettuata, e l’agevolazione decade automaticamente. L’esito negativo viene comunicato telematicamente al soggetto interessato, determinando di fatto la revoca del credito d’imposta o dello sconto in fattura precedentemente riconosciuto.
Il principio di impugnabilità e la giurisdizione tributariaLa giurisprudenza ha più volte ribadito che i provvedimenti di revoca delle agevolazioni fiscali sono atti impugnabili dinanzi al giudice tributario. Tale orientamento, confermato anche dalla sentenza in esame, deriva dall’art. 19, comma 1, lett. h) del D.Lgs. 546/1992, che include espressamente tra gli atti impugnabili quelli con cui l’Amministrazione finanziaria nega o revoca benefici fiscali.Il giudice tributario è dunque competente a valutare la legittimità della revoca, non solo sotto il profilo formale del procedimento, ma anche in relazione ai presupposti sostanziali dell’agevolazione. Questo aspetto è di rilievo, poiché consente di evitare che la revoca automatica operata dall’Agenzia delle Entrate si trasformi in un provvedimento sottratto a qualsiasi controllo giurisdizionale, compromettendo i diritti del contribuente.
La distinzione tra vizi formali e sostanzialiIl nodo centrale affrontato dalla Cassazione riguarda la distinzione tra vizi meramente formali e vizi sostanziali. La mancanza o l’irregolarità del titolo edilizio (SCIA, permesso di costruire, CILA Superbonus) e la carenza di asseverazioni tecniche conformi ai requisiti normativi non sono considerati meri difetti documentali, bensì condizioni sostanziali di ammissibilità all’incentivo.Ne consegue che, qualora tali carenze emergano in sede di controllo, l’Amministrazione finanziaria è legittimata a revocare l’agevolazione, anche se il contribuente ha già sostenuto la spesa e ricevuto lo sconto in fattura. Il titolo edilizio deve essere valido alla data di inizio dei lavori, e le asseverazioni devono rispettare i parametri tecnici e normativi previsti dal decreto e dai regolamenti attuativi.
La regolarità del titolo edilizio e la sua efficacia temporaleL’efficacia temporale del titolo edilizio è un elemento determinante. La Segnalazione Certificata di Inizio Attività (SCIA) è soggetta a un termine decadenziale ai sensi dell’art. 15 del D.P.R. 380/2001, prorogabile solo entro limiti ben definiti. Se la SCIA è inefficace o scaduta, l’intervento edilizio risulta privo di base giuridica e non può beneficiare di alcuna detrazione.Un analogo rilievo assume l’asseverazione sismica: la sua mancanza comporta la decadenza dal Sismabonus e, di riflesso, incide sulla validità dell’intero pacchetto di agevolazioni legate al Superbonus 110%. La Corte ha definito tali vizi come insanabili, in quanto incidono direttamente sui presupposti materiali dell’agevolazione.
La natura sostanziale dei requisiti e la funzione antifrodeLa pronuncia della Cassazione si inserisce nel contesto di una crescente attenzione verso la sostanza economica e tecnica delle operazioni di ristrutturazione agevolata. L’orientamento mira a superare la mera logica documentale, privilegiando la verifica effettiva dell’esistenza dei requisiti previsti dalla legge.L’obiettivo è duplice: da un lato, garantire la tutela dell’erario contro fenomeni fraudolenti; dall’altro, assicurare che le agevolazioni raggiungano i soggetti che effettivamente realizzano interventi conformi alla normativa. L’applicazione dell’art. 122-bis del D.L. 34/2020 conferisce così all’Amministrazione un potere di controllo che, pur essendo ampio, trova il suo limite nei principi di proporzionalità e di buona amministrazione.
Gli effetti della sentenza n. 4390/2025 e le prospettive applicativeLa Cassazione, nel pronunciarsi sul caso, ha confermato che il diniego di agevolazione comunicato tramite ricevuta telematica è atto immediatamente lesivo e quindi impugnabile. Tuttavia, ha ribadito che la legittimità della revoca dipende dalla verifica della sussistenza dei requisiti sostanziali, non dalla sola regolarità formale della procedura. In tal modo, la Corte ha tracciato un solco interpretativo chiaro: il diritto all’agevolazione non sorge automaticamente con la presentazione della documentazione, ma solo con la verifica positiva della conformità sostanziale dell’intervento ai requisiti tecnici e fiscali.
Il bilanciamento tra tutela del contribuente e poteri dell’amministrazioneLa sentenza rappresenta un punto di equilibrio tra l’interesse pubblico alla prevenzione delle frodi e il diritto del contribuente a una tutela effettiva. L’affermazione dell’impugnabilità dell’atto garantisce il rispetto del principio di legalità e del diritto di difesa, mentre il riconoscimento della prevalenza dei requisiti sostanziali conferma la legittimità di un approccio antifrode più incisivo.Nel contesto di un contenzioso crescente e di una normativa in continua evoluzione, tale orientamento contribuisce a delineare un sistema più coerente, che valorizza la sostanza delle operazioni e la correttezza dei comportamenti fiscali, rafforzando nel contempo la certezza del diritto e la fiducia dei contribuenti nella giustizia tributaria.




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