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Rapporto Onu: l’intelligenza artificiale rischia di ampliare le diseguaglianze globali secondo le nuove analisi internazionali

Il nuovo rapporto elaborato dalle Nazioni Unite evidenzia come l’intelligenza artificiale, pur rappresentando una delle tecnologie più promettenti per sviluppo economico, innovazione e produttività, comporti rischi significativi di ampliamento delle diseguaglianze tra Paesi, imprese e cittadini. L’analisi, frutto di un lavoro congiunto tra ricercatori, organismi multilaterali e centri di studio internazionali, descrive un quadro in cui l’adozione dell’IA è destinata a seguire traiettorie profondamente asimmetriche, con effetti che potrebbero aumentare divari strutturali già presenti a livello globale. La mancanza di accesso alle infrastrutture digitali, la scarsità di competenze tecnologiche e la concentrazione degli investimenti in un numero ristretto di aree geografiche sono alcuni degli elementi indicati come fattori di rischio.


Il documento sottolinea come i Paesi che dispongono di ecosistemi avanzati nelle tecnologie digitali siano in grado di integrare rapidamente l’IA nei processi produttivi, nei servizi pubblici e nelle attività industriali. Le economie in fase di sviluppo, al contrario, incontrano ostacoli nell’accesso ai dati, nel reperimento delle competenze necessarie e nella costruzione delle infrastrutture digitali sofisticate richieste dai sistemi di intelligenza artificiale. Questo divario rischia di tradursi in una polarizzazione crescente, con ricadute dirette sulla produttività, sulla qualità dell’occupazione e sulla capacità di partecipare ai flussi globali di valore. La concentrazione del know-how in un numero limitato di Paesi e imprese determina inoltre un potere economico e tecnologico asimmetrico che potrebbe influenzare anche gli equilibri politici globali.


Il rapporto mette in evidenza come l’IA rischi di accentuare anche le disparità all’interno dei singoli Paesi. La diffusione di sistemi automatizzati nei settori a elevata intensità di lavoro può ridurre la domanda di mansioni ripetitive o poco qualificate, generando pressioni sui salari e una maggiore vulnerabilità per i lavoratori con livelli formativi inferiori. Al tempo stesso, le figure altamente specializzate beneficiano di opportunità crescenti, grazie alla domanda di competenze legate alla programmazione, al machine learning, all’analisi dei dati e alla gestione delle infrastrutture tecnologiche. Questo squilibrio produce un divario salariale più ampio, con effetti che possono riflettersi sulla coesione sociale, sull’accesso ai servizi e sulla capacità dei sistemi formativi di aggiornarsi con la rapidità necessaria.


Una parte significativa dell’analisi riguarda la gestione dei dati e la loro distribuzione. L’IA necessita di enormi quantità di informazioni per funzionare in modo efficace, ma la raccolta e la disponibilità dei dati non sono uniformi. Le piattaforme tecnologiche che operano su scala globale dispongono di una quantità di dati incomparabile rispetto alle istituzioni pubbliche e alle piccole imprese, determinando un potere competitivo difficilmente bilanciabile. Il rapporto evidenzia come la governance dei dati, la trasparenza degli algoritmi e l’accesso equo alle tecnologie rappresentino fattori cruciali per evitare concentrazioni eccessive di potere e per garantire che i benefici dell’IA siano distribuiti in modo più omogeneo.


Particolare attenzione viene dedicata ai rischi nei settori dell’istruzione e della sanità, dove l’intelligenza artificiale può generare benefici significativi ma anche ampliare le differenze tra chi ha accesso a strumenti digitali avanzati e chi ne è escluso. Nei sistemi sanitari più fragili, l’assenza di infrastrutture adeguate impedisce l’adozione di tecnologie che potrebbero migliorare la diagnosi, la gestione dei pazienti e la prevenzione delle malattie. Allo stesso modo, nelle realtà scolastiche con risorse limitate risulta difficile integrare piattaforme educative digitali avanzate, creando divari crescenti nell’apprendimento e nella preparazione professionale.


Il rapporto richiama inoltre l’attenzione sulla necessità di politiche regolatorie efficaci. Le Nazioni Unite suggeriscono interventi orientati a creare un quadro normativo che garantisca trasparenza, verificabilità degli algoritmi e tutela dei diritti fondamentali. L’adozione di standard condivisi, investimenti nelle infrastrutture digitali e programmi di formazione diffusi sono considerati elementi essenziali per evitare che l’IA diventi un fattore di esclusione. Le istituzioni internazionali sono chiamate a svolgere un ruolo centrale nel coordinare gli interventi e nel favorire l’uso responsabile della tecnologia, garantendo che le economie più fragili possano accedere a piattaforme, competenze e finanziamenti necessari per l’adozione dell’IA.


Tra le indicazioni principali del rapporto vi è l’urgenza di costruire partnership globali che permettano ai Paesi in via di sviluppo di beneficiare dei progressi dell’IA attraverso programmi di cooperazione tecnologica, trasferimento di conoscenze e condivisione delle migliori pratiche. Le organizzazioni multilaterali vengono sollecitate a sostenere la ricerca nei campi dell’etica dell’IA, dell’interoperabilità e dell’equità tecnologica, affinché la trasformazione digitale non si traduca in un ampliamento dei divari esistenti ma contribuisca a un modello di sviluppo inclusivo e sostenibile.


Il documento delle Nazioni Unite mette quindi in luce un passaggio cruciale per l’evoluzione tecnologica globale, evidenziando come il modo in cui l’intelligenza artificiale sarà regolata, implementata e diffusa determinerà il livello di equità dei sistemi sociali ed economici nei prossimi anni. L’adozione di strategie coordinate, la condivisione delle risorse digitali e l’investimento nelle competenze saranno elementi determinanti per garantire che la tecnologia non diventi un ulteriore fattore di esclusione, ma uno strumento di progresso accessibile e sostenibile per tutte le comunità.

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