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Produzione in calo nel settore chimico: priorità assoluta contrastare il costo dell’energia

Il settore chimico italiano registra un calo della produzione che si protrae ormai da quattro anni, un trend che allarma le imprese e i rappresentanti industriali. La produzione del comparto chiuderà il 2025 con una perdita stimata dell’1,5 %, confermando come il settore viva una fase critica. Il fatturato complessivo si attesta per il 2024 intorno ai 65 miliardi di euro, e l’industria chimica rimane la quinta in Italia per dimensione e la terza in Europa per produzione, con oltre 2.800 imprese attive, di cui circa il 70 % di piccole e medie. I motivi alla base della contrazione sono molteplici, ma tra questi il costo dell’energia emerge come fattore centrale e discriminante per la competitività delle aziende.


Da più parti si sottolinea che il peso della bolletta energetica – elettricità e gas – ha raggiunto livelli tali da rendere antieconomica la produzione in molti stabilimenti. Il presidente di Federchimica, durante l’assemblea di settore, ha indicato che solo nell’ultimo anno in Europa sono stati chiusi impianti per un totale di 11 milioni di tonnellate di prodotto chimico, molti dei quali importati oggi dalla Cina o dall’Asia. La chiusura di capacità produttiva, secondo le imprese, è dovuta principalmente al fatto che il costo dell’energia, accoppiato a una normativa complessa e costi della produzione in aumento, penalizza fortemente la competitività rispetto ai concorrenti internazionali.


Il tema del caro energia si integra con altre leve critiche per il settore: l’aumento dei costi delle materie prime, la pressione sugli standard ambientali e le difficoltà di accesso ai mercati esteri in una fase di rallentamento globale della domanda. Ma è proprio l’energia a essere individuata come punto di snodo: le aziende chiedono interventi urgenti che permettano una riduzione delle tariffe, una maggiore stabilità regolatoria e strumenti di sostegno per gli impianti energivori. In questo contesto, la priorità non è solo operare sul breve termine per mitigare gli effetti dell’esercizio corrente, bensì disegnare un quadro strategico che possa consentire di preservare la filiera chimica italiana sul lungo periodo.


Gli operatori del settore chimico evidenziano che senza una riduzione significativa dei costi energetici diventa difficoltoso programmare nuovi investimenti, ammodernamenti impiantistici e processi di transizione verso tecnologie più pulite e sostenibili. Il nodo dell’energia si somma così all’urgenza di innovare, decarbonizzare e rendere più efficiente il comparto, ma qualunque piano industriale rischia di rimanere lettera morta se il parametro energetico non restituisce margini di convenienza. In molti casi, gli impianti sono stati messi in pausa o rallentati, non per assenza di domanda, ma per una valutazione economica negativa determinata dall’impatto della bolletta sui costi totali.


Al tempo stesso, la contrazione della produzione ha ripercussioni anche sulle relazioni con la filiera e con il tessuto produttivo territoriale. L’intensificarsi delle importazioni di prodotti chimici da paesi con costi dell’energia più bassi rappresenta una minaccia per il mantenimento delle competenze e della base industriale locale. Le imprese italiane del settore indicano che l’eventuale rilancio della produzione nazionale passa necessariamente attraverso condizioni di costo inferiori rispetto a quelle attuali. Per questo motivo, il settore invita le istituzioni a considerare la chimica tra le priorità della politica industriale, con misure che possano riequilibrare le condizioni competitive.


Le riflessioni su come intervenire sono molteplici: dal riconoscimento dei consumi energetici elevati nel comparto chimico, alla possibile revisione dei meccanismi di prezzo dell’energia per le imprese energivore, fino all’adozione di strumenti di stabilizzazione delle tariffe in periodi di elevata volatilità. Inoltre, diventa essenziale promuovere una politica che incentivi l’uso razionale dell’energia, l’efficienza impiantistica e l’utilizzo crescente di fonti rinnovabili, compensando però gli eventuali maggiori costi iniziali con sussidi o agevolazioni. Le aziende chiedono quindi un pacchetto organico che contempli anche la neutralità tecnologica, in modo da lasciare libertà di scelta e innovazione.


In un quadro così complesso, la sfida per il comparto chimico italiano è duplice: da un lato contenere l’impatto immediato della crisi produttiva e della forte pressione sui costi, dall’altro costruire le condizioni per un rilancio sostenibile. L’interruzione della crescita, che si protrae ormai per diversi anni, rischia non solo di ridurre le volumi e i ricavi, ma anche di erodere la presenza industriale italiana in un segmento fondamentale per la manifattura e per le filiere produttive nazionali. La tenuta del settore non dipenderà solo dal destino delle singole imprese, ma anche dalla capacità del sistema Paese di intervenire in modo tempestivo e coordinato, con l’energia come asse centrale della strategia di rilancio.

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