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“Piadina” battaglia vinta: come la piadina romagnola difende la sua denominazione contro la registrazione del marchio in Francia

La denominazione della celebre focaccia romagnola nota come “piadina” ha ottenuto un importante riconoscimento a livello internazionale: un contenzioso in Francia che vedeva il termine registrato come marchio da una società estera si è concluso con esito favorevole al consorzio italiano che tutela la “Piadina Romagnola IGP”. In pratica, il termine “piadina” è stato riconosciuto come nome generico del prodotto tradizionale e non suscettibile di appropriazione esclusiva come marchio da parte di un singolo operatore straniero. Il contenzioso ha coinvolto una società svizzera che aveva depositato in Francia la registrazione del marchio “piadina”, mentre il consorzio italiano ha sostenuto che, trattandosi di una denominazione tradizionale, l’utilizzo del termine come marchio privato avrebbe generato confusione e pregiudicato la tutela collettiva del prodotto romagnolo.


Il vincolo internazionale della tutela della piadina romagnola non è recente: la Piadina Romagnola IGP è stata riconosciuta dall’Unione Europea come Indicazione Geografica Protetta, con disciplinare che delimita l’area di produzione (province di Forlì-Cesena, Ravenna, Rimini e parte della provincia di Bologna), gli ingredienti (farina di grano tenero, acqua, sale, grassi fino a un ammontare definito) e le modalità tradizionali di lavorazione e cottura. Tale riconoscimento rappresenta la pietra angolare della strategia di tutela del prodotto romagnolo nei mercati interni e internazionali. Negli ultimi anni il consorzio ha attivato una rete di vigilanza e opposizione alle registrazioni di termini simili in Paesi extra-UE, considerandoli una minaccia alla distintività del prodotto, al marchio collettivo e al valore economico della filiera.


La decisione francese di annullare la registrazione del marchio “piadina” a nome dell’azienda svizzera rappresenta un segnale forte: ribadisce che il termine, nella sua accezione generica, non può essere monopolizzato, soprattutto se già riconosciuto come denominazione tradizionale o protetta in altri Paesi. Il ragionamento sottostante è che la “piadina” è parte della cultura gastronomica romagnola, un prodotto che ha una storia secolare, legata al territorio e alle pratiche familiari e artigiane di preparazione, e che quindi non può essere ridotto a un marchio esclusivo da parte di un operatore isolato, con implicazioni di sorta sulla concorrenza e sulla trasparenza per il consumatore.


La tutela del termine “piadina” in questo caso assume una dimensione economica rilevante: la filiera della piadina romagnola coinvolge produzioni industriali e artigianali, distribuzione nazionale ed export, una rete di ristorazione e chioschi specializzati chiamati “piadinerie”. Salvaguardare la denominazione significa proteggere non solo il valore identitario del prodotto ma anche il potenziale economico della Romagna e delle aziende associate al consorzio di tutela. La battaglia legale all’estero fa emergere che la globalizzazione dei marchi richiede strategie di protezione attiva, che non si esauriscono con l’ottenimento dell’IGP nei confini nazionali ma si estendono ai sistemi di registrazione marchi nei principali mercati mondiali.


Un aspetto centrale della vicenda riguarda l’equilibrio fra ciò che è considerato “denominazione generica” e ciò che è “distintivo” e protetto come marchio. Nel caso della piadina, il termine è stato riconosciuto generico per il consumatore medio francese – ovvero indicante semplicemente il tipo di prodotto e non un’origine o un’unica fonte – e quindi non vulnerabile alla registrazione come marchio individuale. Tale valutazione ha richiesto una dimostrazione da parte del consorzio italiano che il termine era utilizzato in modo comune per indicare il prodotto tradizionale e che l’appropriazione da parte della società svizzera avrebbe potuto creare confusione nell’orientamento del consumatore o un effetto esclusivo ingiustificato.


La strategia del consorzio ha incluso la raccolta di prove documentali sull’uso del termine “piadina” in Francia e in altri mercati, sul grado di diffusione della denominazione italiana, sull’adesione al disciplinare IGP dei produttori e sull’attività di vigilanza contro imitazioni, utilizzi impropri o registrazioni all’estero. Il risultato oggi consente di rafforzare le misure difensive nei confronti di nuove istanze di registrazione: le aziende italiane e il consorzio possono invocare precedenti giurisprudenziali che attribuiscono priorità alle denominazioni tradizionali, soprattutto quando sono già protette da schemi di qualità come l’IGP.


Dal punto di vista operativo, questa vittoria in Francia rafforza la capacità della piadina romagnola di esportare in mercati esteri con maggiore garanzia, poiché la denominazione “piadina” resta libera per i produttori legittimi secondo il disciplinare e non può essere vincolata da un marchio registrato da soggetto terzo in un mercato chiave quale quello francofono. Si apre così uno spazio competitivo più equo per i produttori italiani di piadina, che possono continuare a valorizzare la loro origine, la qualità e l’autenticità del prodotto rispetto alle imitazioni o alle registrazioni che avrebbero potuto impedire usi legittimi del nome nei canali di vendita internazionali.


La questione si inserisce in un contesto più ampio di tutela delle denominazioni tradizionali agroalimentari italiane: molti prodotti sono esposti al rischio che soggetti esteri o non appartenenti alla filiera originale registrino nomi, marchi o denominazioni che evocano l’origine italiana o la tradizione, compromettendo il valore del Made in Italy e la distintività dei prodotti. In risposta, i consorzi italiani devono attuare politiche preventive di registrazione nei mercati strategici, coordinamento internazionale con gli enti di proprietà industriale, monitoraggio dei depositi di marchi e azioni legali di opposizione.


Per la Romagna è un momento significativo: la vittoria rafforza l’identità territoriale, la consapevolezza della filiera e dell’origine geografica della piadina romagnola. Le aziende locali ottengono uno strumento in più per promuovere la piadina non solo come prodotto gastronomico ma come elemento di competitività regionale. I piadinerie, le industrie alimentari, i consorzi e i distributori possono utilizzare questa tutela rafforzata del nome come leva di marketing e internazionalizzazione, puntando sulla storia, il territorio e la qualità certificata dell’IGP come elemento distintivo nei mercati internazionali.


La partita della tutela del nome “piadina” continua: anche se la registrazione del marchio in Francia è stata annullata, resta fondamentale che il disciplinare IGP venga rispettato da tutti i produttori, che le operazioni di vigilanza sulle imitazioni siano attive e che i mercati esteri vengano presidiate per evitare nuovi tentativi di sfruttamento abusivo del nome.

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