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Economia circolare nelle PMI di Lombardia e Piemonte: tra potenzialità elevate e una transizione ancora incompleta

L’economia circolare è diventata uno dei temi più rilevanti nel dibattito industriale degli ultimi anni, e le piccole e medie imprese di Lombardia e Piemonte rappresentano uno dei laboratori più significativi per comprendere in che misura la transizione sia realmente in atto. Le due regioni, caratterizzate da una forte concentrazione manifatturiera e da distretti produttivi altamente specializzati, mostrano un interesse crescente verso la circolarità, ma il percorso appare ancora disomogeneo e lontano dall’essere pienamente realizzato. Le PMI riconoscono il valore strategico del modello circolare, ma spesso faticano a tradurlo in soluzioni concrete, continuative e integrate nei processi aziendali.


In Lombardia, uno dei territori industriali più avanzati d’Europa, molte imprese hanno intrapreso primi passi significativi: riduzione degli scarti, miglioramento dell’efficienza energetica, riciclo interno dei materiali, revisione del packaging, avvio di filiere più corte e tracciabili. Tuttavia, questi interventi tendono a rimanere limitati a porzioni ben definite del processo produttivo e raramente coincidono con un ridisegno completo del modello di business. Il passaggio verso un approccio circolare maturo richiederebbe una visione più ampia, capace di coinvolgere progettazione, produzione, logistica, fornitura e rapporto con il cliente finale. Le imprese lombarde mostrano grande consapevolezza ma affrontano difficoltà nel tradurre questo potenziale in un salto strutturale.


Nel Piemonte il quadro presenta forti similitudini ma con alcune specificità territoriali. I distretti metalmeccanici, elettronici, plastici e tessili possiedono tecnologie e competenze che facilitano la trasformazione circolare, ma la complessità delle filiere e la struttura frammentata del tessuto produttivo rallentano l’adozione su larga scala. Molte aziende puntano su iniziative di riciclo e recupero, sulla riduzione degli scarti, sul riutilizzo dei materiali e sulla progettazione per la durabilità, ma la piena integrazione dei principi circolari in tutta la catena del valore è ancora lontana. La cultura imprenditoriale sta cambiando, ma procede a velocità diverse a seconda della dimensione dell’impresa, della disponibilità finanziaria e delle competenze manageriali.


Uno dei principali ostacoli emersi riguarda i costi iniziali. La transizione circolare richiede investimenti in macchinari più efficienti, processi digitalizzati, sistemi di tracciabilità, servizi di logistica inversa, progettazione di materiali riutilizzabili e formazione specifica. Le PMI, caratterizzate da risorse economiche limitate e da una gestione operativa spesso orientata all’immediato, faticano a sostenere investimenti di questo tipo senza un orizzonte di ritorno certo. La percezione del rischio rappresenta un freno importante: molte imprese temono che il ritorno economico sia lento o incerto, nonostante gli studi mostrino come la circolarità possa generare risparmi nel medio periodo grazie alla riduzione delle materie prime e degli sprechi.


A questa dimensione si aggiunge la complessità organizzativa. Implementare un modello circolare significa anche rivedere il design del prodotto, adottare materiali alternativi, instaurare rapporti continuativi con fornitori specializzati, sviluppare reti di recupero, attivare partnership con aziende complementari e integrare la sostenibilità nei criteri di acquisto. Le PMI spesso non dispongono delle competenze interne per affrontare questa trasformazione e necessitano di supporto consulenziale, tecnico e logistico. Tuttavia, la disponibilità di professionalità qualificate non sempre è sufficiente a coprire il fabbisogno reale del sistema produttivo.


Le differenze territoriali tra Lombardia e Piemonte emergono anche nella capacità di creare sistemi di collaborazione. In Lombardia alcuni distretti, soprattutto quelli della moda, della meccanica e della plastica, stanno sperimentando pratiche di simbiosi industriale: lo scarto di un’azienda viene utilizzato come risorsa da un’altra, creando ecosistemi virtuosi. Nel Piemonte, invece, modelli simili iniziano a diffondersi ma necessitano di infrastrutture territoriali più forti e di reti di imprese più consolidate. In entrambi i territori, l’assenza di una piattaforma comune per la gestione dei materiali riciclati e per la certificazione dei flussi produttivi rallenta la creazione di veri distretti circolari.


Un ruolo crescente lo gioca la digitalizzazione. Gli strumenti digitali permettono di tracciare materiali, prevedere consumi, monitorare la qualità dei prodotti rigenerati e ridurre gli sprechi lungo la filiera. Tuttavia, molte PMI non hanno ancora raggiunto un livello adeguato di maturità digitale, e questo crea un divario tra le imprese più innovative — che integrano piattaforme di gestione dei dati e sensori intelligenti — e quelle più tradizionali, che vedono nella digitalizzazione una complessità aggiuntiva piuttosto che un’opportunità. La circolarità digitale, basata sull’uso intelligente dei dati, rappresenta un’area su cui Lombardia e Piemonte possono costruire un vantaggio competitivo, ma richiede un potenziamento delle competenze interne e un approccio sistemico.


Il quadro regolatorio è un altro elemento che incide sulla capacità delle PMI di adottare modelli circolari. Le normative su rifiuti, sottoprodotti, imballaggi e certificazioni ambientali sono complesse e spesso differiscono tra regioni, creando incertezza e appesantimenti burocratici. Le imprese chiedono regole più chiare, procedure più rapide e un allineamento tra livello nazionale e regionale. In presenza di incertezze normative, molte aziende preferiscono rimandare gli investimenti o limitarsi a iniziative parziali, senza compiere il salto verso una circolarità pienamente operativa.


Ciò nonostante, il potenziale delle PMI lombarde e piemontesi rimane elevato. Il livello tecnologico delle imprese, la presenza di università e centri di ricerca avanzati, il dinamismo dei distretti e la crescente sensibilità dei consumatori verso prodotti sostenibili rappresentano punti di forza significativi. Le aziende che hanno già intrapreso percorsi circolari registrano miglioramenti nella reputazione, nella riduzione dei costi, nella resilienza della filiera e nella capacità di attrarre nuovi clienti. La domanda di prodotti riciclati, rigenerati e progettati per durare sta aumentando, e le imprese che sapranno anticipare questa tendenza potranno beneficiare di nuove opportunità di mercato.


Le esperienze più avanzate mostrano che la circolarità funziona quando viene integrata nel modello di business: progettazione modulare, servizi di riparazione, piattaforme di riuso, materiali rigenerati certificati, collaborazioni interaziendali e presenza di una governance dedicata. Le imprese che hanno adottato queste strategie evidenziano una maggiore capacità di adattarsi alle oscillazioni dei prezzi delle materie prime, un migliore utilizzo dei materiali e una riduzione del rischio operativo.

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