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Pesa il nodo della rappresentanza sulla proliferazione dei Ccnl “pirata”


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La disciplina introdotta dalla legge n. 144 del 2025 affronta uno dei profili più critici dell’assetto retributivo nazionale, tentando di ricomporre l’asimmetria tra la contrattazione collettiva maggiormente rappresentativa e la proliferazione dei contratti collettivi privi di adeguata legittimazione negoziale. L'intervento normativo si inserisce in un contesto caratterizzato dalla persistente mancanza di una regolamentazione organica della rappresentatività sindacale e datoriale, elemento che da anni alimenta dinamiche distorsive nel mercato del lavoro. La norma delega individua criteri diretti a rafforzare la trasparenza salariale e a contrastare fenomeni di dumping retributivo, prevedendo che i futuri decreti attuativi definiscano parametri oggettivi per l’individuazione dei soggetti legittimati a stipulare contratti collettivi idonei a fissare trattamenti minimi adeguati.

Secondo gli elementi ricavabili dalla documentazione tecnica e dagli approfondimenti forniti dagli organismi istituzionali, il cuore del problema risiede nell’assenza di un sistema di misurazione vincolante della rappresentatività. Tale vuoto normativo permette la stipula e il deposito di numerosi contratti collettivi da parte di sigle prive di un effettivo radicamento nel tessuto produttivo. Dai dati elaborati dal Cnel emerge che, a fronte di oltre mille contratti collettivi depositati al 31 dicembre 2024, solo una minima parte – appena trentasette nel settore del terziario – risulta realmente applicata ad almeno l’un per cento dei lavoratori di riferimento. Gli altri contratti restano confinati in ambiti territoriali o settoriali estremamente ristretti, con effetti dannosi sulla struttura economica complessiva.

L'impatto economico del fenomeno, come evidenziato dalle stime delle principali associazioni di categoria, si traduce in una consistente perdita di gettito contributivo e fiscale, superiore a un miliardo e mezzo di euro annui, dovuta all’applicazione di contratti con minimi retributivi inferiori a quelli previsti dai contratti collettivi maggiormente rappresentativi. L’assenza di criteri certi per individuare i soggetti negozialmente legittimati genera inoltre una concorrenza sleale fra imprese operanti nello stesso mercato, che si trovano a sostenere costi del lavoro significativamente diversi pur offrendo identiche tipologie di servizi o prodotti.

Il quadro costituzionale offre indicazioni rilevanti. L’articolo 36 della Costituzione garantisce al lavoratore una retribuzione proporzionata e sufficiente, mentre l’articolo 39, pur prevedendo un sistema di registrazione delle organizzazioni sindacali e la stipulazione di contratti collettivi con efficacia erga omnes, non ha mai trovato attuazione. La mancanza di una disciplina legislativa rende centrale l’intervento della giurisprudenza, la quale, richiamando l’articolo 2099 del codice civile, valorizza il riferimento ai contratti collettivi nazionali comparativamente più rappresentativi come parametro per accertare l’adeguatezza della retribuzione. Tale orientamento, pur garantendo una certa stabilità interpretativa, non è sufficiente a colmare il vuoto normativo, poiché si fonda su criteri giurisprudenziali suscettibili di oscillazioni e non vincolanti per tutti gli attori del sistema.

Il legislatore delegato è quindi chiamato a definire un sistema capace di coniugare certezza del diritto, tutela dei lavoratori e concorrenza leale tra imprese. La definizione di parametri misurabili della rappresentatività, l’individuazione dei contratti di riferimento per la determinazione dei trattamenti economici minimi e l’introduzione di meccanismi di prevenzione del dumping retributivo costituiscono strumenti essenziali per ristabilire un equilibrio negoziale. Le indicazioni provenienti dagli organismi consultivi, come il Cnel, evidenziano la necessità di valorizzare i contratti effettivamente applicati e stipulati da organizzazioni dotate di comprovata rappresentatività, evitando che accordi di scarso rilievo operativo possano incidere sul sistema generale delle tutele e sulla concorrenza economica.

Il percorso avviato dalla legge delega rappresenta un tentativo di riordinare l’intero assetto, intervenendo su un nodo che per anni ha alimentato incertezza e frammentazione. Il suo successo dipenderà dalla capacità dei futuri decreti legislativi di definire un quadro chiaro, coerente e rispondente alle esigenze di equilibrio tra autonomia collettiva, tutela salariale e corretto funzionamento del mercato del lavoro.

Se desideri, posso produrre anche ulteriori articoli su sezioni diverse dello stesso allegato.

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