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La nuova strategia Usa 2025 e il “corollario Trump”: ritorna la Dottrina Monroe al centro della politica emisferica

La definizione della strategia Usa 2025 apre uno scenario in cui la Dottrina Monroe torna a essere un riferimento dichiarato dell’azione americana nell’emisfero occidentale. Il cosiddetto “corollario Trump”, espressione utilizzata per descrivere l’indirizzo politico sostenuto dai suoi principali consiglieri, rimette al centro il principio secondo cui nessuna potenza esterna deve esercitare influenza rilevante in America Latina. Questo approccio, che richiama la tradizione più assertiva della politica estera statunitense, viene reinterpretato in chiave contemporanea, con implicazioni che riguardano sicurezza, commercio, flussi migratori e competizione tecnologica. La formulazione della strategia individua l’emisfero come priorità geopolitica, in un momento in cui la presenza di attori come Cina e Russia nei paesi latinoamericani si è ampliata in modo significativo.


Le analisi che accompagnano la nuova impostazione sottolineano la necessità di rafforzare gli strumenti di pressione diplomatica ed economica sugli Stati della regione, soprattutto quelli considerati più vulnerabili alle influenze esterne. Il rilancio della Dottrina Monroe in versione aggiornata mira a creare un cordone politico e strategico che limiti l’espansione di investimenti, accordi tecnologici e presenze militari riconducibili a potenze rivali. Il focus principale riguarda i programmi infrastrutturali finanziati dalla Cina, le collaborazioni nel settore delle telecomunicazioni e gli accordi energetici che in alcuni paesi latinoamericani hanno offerto apertamente spazio a partner non occidentali. La strategia intende contrastare questa tendenza attraverso un mix di incentivi economici, nuove alleanze e una postura più decisa sul piano militare.


Un elemento centrale del nuovo impianto è la ridefinizione del rapporto con il Messico, considerato non solo un attore chiave sul fronte migratorio ma anche un partner essenziale nella costruzione di filiere industriali integrate. L’idea di consolidare un blocco economico nordamericano si intreccia con la volontà di ridurre la dipendenza da fornitori asiatici in settori strategici come semiconduttori, tecnologie energetiche e difesa. Questo rafforzamento del legame con il Messico si somma a un atteggiamento più rigoroso verso governi percepiti come “ostili”, in particolare Venezuela e Cuba, che secondo la dottrina aggiornata rappresentano punti di penetrazione per interessi stranieri incompatibili con la sicurezza dell’emisfero.


La strategia individua inoltre la necessità di stabilire una cooperazione più strutturata con Brasile, Colombia, Cile e Argentina, considerati paesi cardine per l’equilibrio regionale. Con il Brasile si punta a instaurare un dialogo più profondo sul ruolo dell’Amazzonia e sugli investimenti tecnologici, mentre la Colombia rimane partner stabile nel contrasto al narcotraffico e nei programmi di sicurezza interna. L’Argentina, con il suo recente cambio di orientamento politico, viene vista come possibile alleato nel ridisegno geopolitico del continente, soprattutto nei settori legati all’energia e alle risorse minerarie critiche. La strategia prevede anche un rafforzamento degli accordi commerciali, mettendo in discussione alcune limitazioni imposte negli ultimi anni in tema di dazi e barriere industriali.


Sul piano della sicurezza, la nuova linea propone una presenza più assertiva delle forze statunitensi nei Caraibi e nel Pacifico meridionale, per monitorare traffici illeciti, interferenze esterne e possibili tentativi di installazione di infrastrutture militari da parte di attori non occidentali. L’attenzione si concentra anche sull’espansione della cooperazione in materia di cybersecurity e difesa digitale, ritenuta fondamentale per proteggere le reti energetiche, gli impianti logistici e le comunicazioni governative dei partner regionali. In questa ottica, il “corollario Trump” assume una dimensione più ampia rispetto al passato, includendo elementi di competizione tecnologica che nel XIX secolo erano assenti.


La strategia delinea infine un approccio più diretto verso i flussi migratori, interpretati come fenomeno collegato alla stabilità politica dei paesi di origine. L’idea è utilizzare strumenti economici e diplomatici per contenere le pressioni migratorie, promuovendo accordi bilaterali con i governi centroamericani e contemporaneamente rafforzando le infrastrutture di controllo lungo le frontiere. La gestione della migrazione diventa quindi parte integrante della politica emisferica, non più affrontata come emergenza isolata ma come variabile strategica dentro un quadro geopolitico più ampio.


La reintroduzione della Dottrina Monroe in chiave moderna indica un cambiamento significativo nella percezione delle priorità statunitensi. La competizione globale e la crescente presenza di potenze rivali in America Latina spingono Washington a ridefinire il proprio ruolo di garante della stabilità regionale, con una strategia che combina pressioni, incentivi e una maggiore attenzione agli equilibri interni dei singoli Stati. La nuova architettura della politica estera statunitense pone dunque l’emisfero occidentale al centro di un progetto geopolitico che mira a preservare la leadership americana in un mondo sempre più frammentato.

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