Secondo lo studio congiunto Svimez-Ref Ricerche intitolato "Dove vanno le regioni italiane", l'Italia si appresta a vivere un triennio di crescita economica modesta, con il Prodotto Interno Lordo (Pil) previsto in aumento dello 0,6% nel 2024, dello 0,7% nel 2025 e dello 0,9% nel 2026. A partire dal 2025, il Mezzogiorno tornerà a registrare tassi di crescita inferiori rispetto al Nord, invertendo la temporanea convergenza osservata negli anni precedenti.
Le cause di questo rallentamento sono molteplici. A livello europeo, il ripristino dei vincoli del Patto di Stabilità a partire dal 2024 impone una politica fiscale più restrittiva, limitando le capacità di spesa dei governi nazionali. Inoltre, la debolezza del contesto economico europeo contribuisce a frenare la domanda estera, elemento cruciale per l'economia italiana.
A livello nazionale, diversi fattori specifici incidono negativamente sulle prospettive di crescita. La recessione dell'industria manifatturiera, dovuta al calo della domanda di beni durevoli, colpisce settori trainanti come l'automotive. La debolezza del commercio internazionale e l'aumento dei costi dell'energia aggravano ulteriormente la situazione. Il quadro di finanza pubblica nazionale, caratterizzato da una contrazione del deficit concentrata nel biennio 2024-2025, limita le possibilità di stimolo economico. Inoltre, l'elevata interdipendenza con l'industria tedesca rende l'Italia vulnerabile alle dinamiche economiche della Germania.
Un ulteriore elemento di incertezza è rappresentato dalla politica commerciale degli Stati Uniti sotto l'amministrazione Trump. L'ipotesi di un inasprimento dei dazi sulle esportazioni italiane verso gli USA potrebbe avere effetti significativi sul Pil nazionale, soprattutto per le regioni maggiormente orientate all'export. Tuttavia, le previsioni attuali non tengono ancora conto di questa variabile, data l'incertezza che la circonda.
Nel 2025 si prevede che il Veneto guiderà la crescita con un incremento dell'1,2%, seguito dalla Lombardia con l'1,1% e dall'Emilia Romagna con l'1%. Queste regioni, grazie a una struttura economica più solida, sono in grado di compensare la debolezza dell'export con una domanda interna sostenuta. Al contrario, regioni come l'Umbria (0,2%), la Liguria (0,4%), la Puglia e il Molise (entrambe 0,5%) mostrano performance più modeste, a causa di una minore esposizione al commercio estero e di una domanda interna meno dinamica.
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