L’export dell’olio siciliano e la dipendenza dal mercato USA: numeri, rischi e prospettive di diversificazione
- piscitellidaniel
- 2 apr
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Il mercato dell’olio extravergine di oliva siciliano continua a crescere nei volumi e nel valore dell’export, ma i numeri rivelano una fragilità strutturale: la forte dipendenza dal mercato statunitense. L’analisi pubblicata dal Sole 24 Ore sulla base dei dati dell’Osservatorio Ismea-Qualivita mostra che nel 2023 le esportazioni dell’olio siciliano sono aumentate dell’11% in valore, toccando quota 65 milioni di euro. Tuttavia, oltre il 60% di queste esportazioni è stato diretto verso gli Stati Uniti, facendo emergere un’eccessiva concentrazione su un unico paese di destinazione.
Il mercato americano ha mostrato una grande affinità con l’olio siciliano, sia per l’alto livello qualitativo dei prodotti sia per la capacità dei produttori siciliani di valorizzare le peculiarità territoriali, come le Dop “Val di Mazara” e “Monti Iblei”, e le monocultivar autoctone. Le campagne di promozione svolte negli Stati Uniti hanno contribuito a diffondere la percezione dell’olio siciliano come un prodotto premium, legato alla dieta mediterranea e a uno stile di vita salutare. Gli Usa rappresentano, ad oggi, il primo mercato extraeuropeo per l’olio d’oliva italiano, ma per la Sicilia questa centralità è ancora più marcata.
La crescita del comparto oleario siciliano è stata sostenuta anche da una dinamica positiva dei prezzi all’export, favorita dalla scarsità di olio proveniente da Spagna e Grecia a causa di condizioni climatiche avverse. In questo scenario, l’olio siciliano ha beneficiato di una domanda stabile e di margini migliori. Tuttavia, la dipendenza da un singolo mercato espone l’intero settore a una serie di rischi sistemici, soprattutto in un contesto internazionale instabile. Basti pensare alla possibilità di dazi o barriere commerciali, oscillazioni del cambio euro-dollaro o cambiamenti normativi legati alla sicurezza alimentare o all’etichettatura.
La vulnerabilità si accentua se si considera che, nonostante l’aumento dei volumi verso gli Usa, l’export in altri mercati è rimasto stagnante o in flessione. Le esportazioni verso la Germania, storico mercato di riferimento per il made in Italy agroalimentare, sono diminuite del 4% rispetto all’anno precedente, mentre quelle verso Francia e Regno Unito non mostrano segnali di inversione di tendenza. I mercati asiatici e mediorientali restano marginali, con quote inferiori al 5%, a causa della scarsa penetrazione commerciale e dell’assenza di strategie promozionali continuative.
La capacità di attrazione dell’olio siciliano rimane elevata, ma la distribuzione commerciale è frammentata e spesso affidata a piccole e medie imprese che non dispongono di risorse per affrontare investimenti su scala internazionale. Le strutture consortili e le reti di impresa stentano a consolidarsi, mentre l’integrazione tra produzione agricola, trasformazione e distribuzione rimane debole. Molti produttori si affidano a esportatori terzi o intermediari, rinunciando a margini più alti e al controllo diretto sul posizionamento del marchio.
Secondo i dati diffusi da Coldiretti Sicilia, la superficie olivicola regionale ammonta a oltre 150.000 ettari, con una produzione annua che varia tra le 30.000 e le 50.000 tonnellate in base all’andamento climatico. La qualità è elevata e riconosciuta, ma la produzione rimane frammentata in piccole aziende agricole a conduzione familiare. In questo contesto, la valorizzazione delle Dop e Igp rappresenta un asset strategico, ma ancora sottoutilizzato a causa delle difficoltà di accesso alle certificazioni e della scarsa conoscenza dei disciplinari tra gli stessi produttori.
Le opportunità di crescita esistono e riguardano anche il canale del turismo enogastronomico, in forte espansione in Sicilia. Il binomio tra territorio e prodotto può diventare un elemento distintivo nella promozione dell’olio, ma richiede sinergie tra imprese agricole, strutture ricettive e enti locali. L’esperienza diretta nei frantoi, la vendita diretta e la narrazione del prodotto possono rafforzare il legame tra qualità percepita e fedeltà del consumatore anche sui mercati esteri.
I fondi del PNRR e i programmi europei per l’agroalimentare rappresentano un’occasione concreta per finanziare progetti di ammodernamento dei frantoi, digitalizzazione della filiera, tracciabilità e certificazione. Le risorse sono disponibili, ma l’accesso resta complesso per molte realtà produttive che non dispongono di strutture tecniche adeguate per presentare progetti competitivi. Le organizzazioni di categoria e i consorzi di tutela possono svolgere un ruolo fondamentale nel supportare le imprese in questa fase, anche con azioni mirate di formazione e assistenza tecnica.
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