Il Piano d’azione della Commissione Europea Imprenditoria 2020 riconosce agli imprenditori immigrati un ruolo importante per l’economia dell’Unione, sottolineando come il loro radicato spirito imprenditoriale li porti ad essere un importante bacino di nuove idee. La scelta dell’autoimpiego è uno strumento concreto di avanzamento sociale, senza contare che a livello occupazionale, l’impresa non rappresenta un’opportunità per il titolare ma serve anche a dare lavoro ad altri. L’attrazione di personale altamente specializzato e di coloro che intendono avviare delle startup innovative avviene anche attraverso delle procedure di ingresso peculiari, come la “Carta Blu” regolamentata a livello comunitario o, nazionalmente, con l’Italia Visa Startup. Bisogna tener conto, però, anche delle potenzialità offerte dalla popolazione migrata, non specializzata, che decide di passare dal lavoro di tipo subordinato a quello autonomo ed imprenditoriale. In base al Rapporto Immigrazione e Imprenditoria 2017, le attività a guida immigrata sono 571.255 ed in larga maggioranza sono imprese individuali (il 79,3,6% del totale). Il fenomeno dipende sia dal quadro nazionale incentrato sulle PMI, sia dalla natura familiare presso cui si sviluppa l’impresa la quale può essere un sostegno nella fase iniziale, ma anche un freno per una sua espansione. A livello generale, le Regioni dove si concentrano le imprese immigrate sono Lombardia, Lazio, Toscana, Emilia-Romagna e Veneto. Mentre è evidente come, nei vari settori di attività, i gruppi nazionali si distribuiscono diversamente (ad esempio, la comunità cinese nel manifatturiero, quella marocchina nel commercio). Il Rapporto si pone con un approccio propositivo, evidenziando come tra gli obiettivi da perseguire ci siano: favorire l’accesso al credito, supportare nelle fase successive allo startup, aprire a forme societarie diverse rispetto a quella dell’impresa individuale, creare una rete di associazionismo anche per agevolare l’internazionalizzazione.
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