I dieci uomini più ricchi d’America guadagnano oltre 698 miliardi in un anno: il potere economico si concentra nei colossi della tecnologia e della finanza
- piscitellidaniel
- 6 ore fa
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Negli Stati Uniti la ricchezza estrema continua a crescere a un ritmo senza precedenti. Secondo gli ultimi dati elaborati dalle principali società di analisi finanziaria, i dieci miliardari più ricchi d’America hanno visto aumentare il proprio patrimonio complessivo di oltre 698 miliardi di dollari in un solo anno. Un incremento che supera di gran lunga la crescita media dei mercati e che riflette la straordinaria concentrazione di potere economico nelle mani di un numero sempre più ristretto di individui, in larga parte protagonisti dell’industria tecnologica e dei servizi digitali.
Al vertice della classifica si conferma Elon Musk, fondatore e amministratore delegato di Tesla e SpaceX, il cui patrimonio personale è tornato a superare i 230 miliardi di dollari grazie al recupero del titolo Tesla in Borsa e all’espansione delle attività aerospaziali e satellitari di Starlink. Subito dietro si posiziona Jeff Bezos, che pur avendo ridotto la propria partecipazione diretta in Amazon mantiene un patrimonio stimato oltre i 190 miliardi di dollari, spinto dall’aumento delle azioni del colosso dell’e-commerce e dalle performance del settore cloud. A completare il podio c’è Mark Zuckerberg, che grazie al rilancio di Meta e alla crescita delle piattaforme di intelligenza artificiale integrate nei suoi prodotti digitali ha guadagnato oltre 70 miliardi in dodici mesi, riportando il suo patrimonio sopra i 150 miliardi.
Seguono Bill Gates e Warren Buffett, due figure simboliche del capitalismo americano di lungo corso. Gates, attraverso la Fondazione Bill & Melinda Gates e gli investimenti tecnologici di Cascade Investment, mantiene una posizione stabile con oltre 125 miliardi di dollari, nonostante una politica filantropica che ha progressivamente ridotto la sua quota azionaria in Microsoft. Buffett, invece, ha beneficiato della solidità della sua holding Berkshire Hathaway, che continua a generare profitti record grazie alla diversificazione dei portafogli assicurativi, industriali e finanziari. Con un patrimonio superiore ai 120 miliardi, resta uno dei pochi grandi investitori a combinare una strategia conservativa con risultati costantemente superiori alla media del mercato.
A trainare verso l’alto la ricchezza complessiva del gruppo è stata la straordinaria performance dei titoli tecnologici, che negli ultimi mesi hanno registrato rialzi consistenti dopo il rallentamento del 2022. I mercati hanno premiato le aziende che hanno saputo integrare in modo rapido l’intelligenza artificiale nei propri modelli di business, rafforzando le aspettative di crescita futura. Larry Ellison, cofondatore di Oracle, ha beneficiato del boom dei servizi cloud e del rinnovato interesse per i sistemi di gestione dei dati aziendali, portando il suo patrimonio a oltre 130 miliardi di dollari. Anche Larry Page e Sergey Brin, cofondatori di Google, hanno registrato incrementi notevoli, grazie alla capitalizzazione record di Alphabet e all’espansione dei progetti di ricerca sull’intelligenza artificiale generativa.
Il settore finanziario non è rimasto indietro. Michael Bloomberg, fondatore dell’omonimo gruppo di informazione e dati finanziari, ha consolidato la sua posizione nella top ten con un patrimonio stimato di oltre 100 miliardi di dollari. La crescita dei servizi digitali per l’analisi dei mercati e il ritorno degli investitori istituzionali sui grandi sistemi di informazione finanziaria hanno rafforzato i margini operativi della sua azienda, rendendola una delle più redditizie al mondo nel segmento dei dati economici e dell’intelligence di mercato.
Completano la lista Steve Ballmer, ex amministratore delegato di Microsoft e attuale proprietario dei Los Angeles Clippers, e Jim Walton, erede della famiglia fondatrice di Walmart. Ballmer ha beneficiato del rally delle azioni Microsoft, spinto dall’integrazione di ChatGPT e dalle strategie di espansione nel cloud computing. Walton, invece, rappresenta la continuità del colosso della distribuzione tradizionale, che continua a crescere grazie alla combinazione di vendite fisiche e digitali e all’espansione dei servizi finanziari legati alla propria piattaforma.
Il dato complessivo – 698 miliardi di dollari di ricchezza aggiuntiva – non solo evidenzia la potenza dei mercati finanziari americani, ma solleva anche interrogativi sulla crescente disuguaglianza economica. Negli ultimi dieci anni, la quota di ricchezza detenuta dall’1% più ricco della popolazione statunitense è aumentata in modo costante, mentre i redditi reali delle classi medie hanno registrato incrementi modesti. Secondo gli analisti, la concentrazione di capitale nelle mani di pochi individui rischia di amplificare le asimmetrie di potere economico e di influenza politica, in un contesto in cui la ricchezza personale dei grandi imprenditori supera ampiamente quella di interi settori produttivi nazionali.
Il confronto con l’economia reale è impietoso. Mentre i grandi patrimoni si moltiplicano, il mercato del lavoro americano resta segnato da forti disparità territoriali e da un aumento del costo della vita che erode il potere d’acquisto di ampie fasce della popolazione. I settori tradizionali – manifattura, edilizia e servizi pubblici – crescono a ritmi molto inferiori rispetto all’hi-tech, contribuendo a un divario sempre più marcato tra economia digitale e produzione reale. Gli economisti sottolineano come l’accumulazione di ricchezza sia sempre più legata alla rendita finanziaria, agli asset intangibili e al controllo delle piattaforme digitali globali, più che alla creazione di nuova occupazione o alla redistribuzione dei profitti.
Un altro elemento chiave è rappresentato dal ruolo dei mercati azionari. La concentrazione di ricchezza dei grandi miliardari americani dipende in larga parte dall’andamento dei titoli delle loro aziende. Nel 2024, il Nasdaq ha guadagnato oltre il 25%, trainato dalle Big Tech, mentre l’indice S&P 500 ha toccato livelli record. La correlazione tra valore azionario e ricchezza personale è ormai quasi totale: una singola variazione nei prezzi di mercato può generare guadagni o perdite da decine di miliardi di dollari in poche ore. Gli esperti segnalano che questa dinamica, se da un lato rafforza la fiducia degli investitori, dall’altro accentua la volatilità del sistema e aumenta il rischio di concentrazione sistemica del potere economico.
Il dominio dei “paperoni” americani si estende anche al campo dell’innovazione tecnologica e della ricerca scientifica. Le fortune di Musk, Bezos, Gates e Zuckerberg non si limitano alle loro aziende principali, ma si proiettano su progetti legati alla robotica, all’intelligenza artificiale, alla transizione energetica e alle infrastrutture spaziali. Questa convergenza di capitale privato e innovazione sta ridisegnando la geografia economica mondiale, con gli Stati Uniti che consolidano la propria leadership tecnologica attraverso l’influenza diretta dei grandi imprenditori.
La fotografia di quest’anno mostra dunque un capitalismo americano sempre più polarizzato: pochi individui concentrano una ricchezza equivalente al prodotto interno lordo di intere nazioni, mentre l’economia reale si regge su una base di consumi sostenuta dal credito e da una politica fiscale espansiva. La sfida, secondo gli economisti, sarà comprendere se la straordinaria crescita patrimoniale dei giganti della tecnologia potrà tradursi in innovazione diffusa e sviluppo sociale o se continuerà ad alimentare un modello economico dominato da concentrazione e disuguaglianza.

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