Ferrari risponde ai dazi USA: rincari fino al 10% per tutelare i margini, ma conferma gli obiettivi 2025
- piscitellidaniel
- 27 mar
- Tempo di lettura: 3 min
Ferrari cambia strategia commerciale negli Stati Uniti e rivede i listini in risposta alla nuova ondata di dazi annunciata dall’amministrazione Trump sulle importazioni di auto europee. L’azienda di Maranello ha ufficializzato che a partire dal 2 aprile 2025, i prezzi di alcuni modelli destinati al mercato americano subiranno un aumento fino al 10%. Una scelta obbligata per compensare i maggiori costi doganali, senza compromettere la redditività e gli obiettivi finanziari già fissati per l’anno in corso.
La decisione è stata comunicata attraverso una nota ufficiale, in cui il Cavallino Rampante ha ribadito il proprio impegno a garantire «la massima tutela e certezza ai clienti», mantenendo invariate le condizioni per gli ordini effettuati prima del 2 aprile e per tre famiglie di prodotto strategiche: Ferrari 296, SF90 e Roma. Per tutte le altre vetture, invece, l’impatto delle nuove condizioni doganali sarà tradotto in un adeguamento parziale del prezzo finale, definito in coordinamento con la rete di distribuzione nordamericana.
Si tratta di una manovra calibrata e selettiva, che punta a difendere la marginalità operativa senza interrompere il percorso di crescita. Ferrari ha confermato i target per il 2025, pur riconoscendo un “potenziale rischio di diluizione di 50 punti base sui margini percentuali di redditività”, ovvero un possibile leggero calo dell’Ebit e dell’Ebitda, i due principali indicatori della performance industriale. Un sacrificio contenuto, che il gruppo considera gestibile, vista la solida domanda globale per i suoi modelli e la flessibilità della propria struttura produttiva e commerciale.
Il provvedimento arriva in un momento di alta tensione commerciale tra Europa e Stati Uniti. Le nuove tariffe, volute dall’amministrazione americana per proteggere l’industria automobilistica nazionale, prevedono un’aliquota fino al 25% sulle auto provenienti dall’Unione Europea. Colpite soprattutto le vetture di fascia alta, come quelle prodotte in Italia e Germania, considerate beni di lusso ma anche simboli di successo industriale e tecnologico europeo. In questo contesto, Ferrari, che pure vanta un’immagine iconica e una clientela consolidata negli USA, ha scelto di non assorbire interamente i costi aggiuntivi, ma di ripartirli con equilibrio sul prezzo finale.
Gli Stati Uniti rappresentano uno dei mercati più rilevanti per Ferrari, sia in termini di volumi che di marginalità. Nel 2024 le consegne in Nord America hanno rappresentato circa il 27% delle vendite globali, con una crescita a doppia cifra rispetto all’anno precedente. L’aumento dei prezzi rischia quindi di incidere su una fetta importante del business. Tuttavia, il brand Ferrari gode di una posizione di forza unica: la domanda resta superiore all’offerta e la clientela mostra storicamente una bassa sensibilità al prezzo, considerato il valore esclusivo delle vetture e l’esperienza di possesso che il marchio garantisce.
La scelta di lasciare inalterati i prezzi per 296, SF90 e Roma non è casuale. Si tratta di modelli chiave per la strategia di prodotto di Ferrari, che negli ultimi anni ha diversificato l’offerta mantenendo elevata la personalizzazione e ampliando la gamma delle vetture ibride ad alte prestazioni. Proteggere questi modelli dalle fluttuazioni di prezzo è anche un segnale al mercato: l’azienda vuole evitare effetti distorsivi nella percezione del valore del prodotto e salvaguardare la continuità delle relazioni con i clienti più fedeli.
Dal punto di vista finanziario, l’impatto dell’aumento dei dazi è sotto controllo. Ferrari dispone di una solida struttura patrimoniale, margini operativi elevati e una forte generazione di cassa. Inoltre, la presenza in oltre 60 Paesi e la continua espansione in mercati ad alto potenziale, come Medio Oriente, Cina e Sud-Est asiatico, le consentono di bilanciare i rischi legati a singole aree. La recente vendita del 4% del capitale da parte di Exor, la holding della famiglia Agnelli, ha inoltre rafforzato la flessibilità finanziaria del gruppo, liberando risorse che potrebbero essere reinvestite per sostenere l’innovazione e lo sviluppo futuro.
In questo scenario, l’adeguamento dei prezzi negli USA appare come una misura difensiva, razionale e coerente con la politica industriale e commerciale di un gruppo che mira alla sostenibilità dei risultati nel lungo periodo. Ferrari ha già dimostrato in passato la capacità di navigare mercati complessi senza cedere a pressioni esterne. L’aumento dei prezzi, pur rilevante sul piano simbolico, difficilmente scalfirà la fedeltà dei clienti e la forza del marchio, che resta uno degli asset più solidi e riconosciuti del made in Italy nel mondo.
Comments