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Dazi USA, tra timori e strategie al Vinitaly




Alla 57ª edizione del Vinitaly, il clima tra gli espositori italiani è un mix di preoccupazione e pragmatismo. I dazi imposti dagli Stati Uniti rappresentano una minaccia concreta per il vino italiano, considerando che il mercato americano vale circa 2 miliardi l’anno, ovvero un quarto dell’intero export vitivinicolo nazionale. Nonostante l’alta qualità percepita dei vini italiani, la maggior parte delle etichette esportate rientra in una fascia di prezzo accessibile, quindi più vulnerabile agli aumenti causati dai dazi.


L’illusione del segmento premium

Contrariamente a quanto sostenuto da alcuni osservatori, solo il 2% del vino italiano esportato negli USA appartiene alla fascia “superpremium” (oltre 50 dollari a bottiglia). La stragrande maggioranza dei vini venduti – come Prosecco, Pinot Grigio, Lambrusco e Chianti – si colloca in una fascia popolare, con prezzo franco cantina sotto i 4 euro al litro. Ciò rende l’impatto dei dazi molto più incisivo, soprattutto sui volumi e sulla percezione di convenienza da parte dei consumatori americani.


La proposta di dividere i costi del dazio

In questo contesto, alcune realtà italiane stanno cercando soluzioni condivise con gli importatori americani. L’idea più citata, promossa dall’Unione italiana vini, è quella di suddividere equamente il costo del dazio: metà a carico dei produttori italiani, metà degli importatori USA. Tuttavia, molti distributori statunitensi si sono mostrati riluttanti, spesso a causa di vincoli contrattuali o per la loro libertà di determinare i prezzi al dettaglio, che rende incerto l’effetto finale della condivisione dei costi.

Un’occasione per ripensare il modello di export

Non manca però chi vede nei dazi una possibile leva di cambiamento. Alcuni imprenditori, come Massimo Tuzzi di Terra Moretti, intravedono nell’attuale crisi una chance per valorizzare meglio i vini italiani, alzandone il prezzo medio e migliorando il posizionamento sul mercato. L’obiettivo è non solo difendere le quote di export, ma anche rinnovare le strategie di marketing, raccontando meglio la qualità e l’identità dei vini italiani a un pubblico globale sempre più esigente.

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