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Dazi Trump, scossone sui mercati: il comparto auto europeo affonda, Stellantis e BMW in forte calo

Le Borse europee vivono una giornata di alta tensione in scia alle nuove misure protezionistiche annunciate dall’ex presidente americano Donald Trump. L’ex inquilino della Casa Bianca, oggi di nuovo in corsa per un mandato, ha infatti rilanciato la proposta di imporre dazi del 20% sulle auto importate dalla Germania e da altri Paesi dell’Unione Europea, provocando un’immediata reazione negativa sui mercati finanziari e in particolare sul settore automobilistico.


Il comparto auto è stato il più penalizzato in assoluto: Stellantis ha perso oltre il 2%, BMW ha ceduto il 3%, Volkswagen e Mercedes hanno registrato ribassi consistenti, mentre il titolo Renault ha segnato uno dei peggiori risultati tra le case automobilistiche europee. Le parole di Trump hanno avuto l’effetto di una doccia fredda per gli investitori, timorosi di una possibile escalation commerciale tra Stati Uniti ed Europa in un contesto economico globale già segnato da instabilità e inflazione persistente.


A pagare il prezzo più alto in Borsa sono stati i grandi esportatori europei di auto, che vedono negli Stati Uniti uno dei principali mercati di sbocco. Le aziende tedesche, in particolare, sono apparse vulnerabili: BMW esporta circa il 60% della propria produzione nordamericana, mentre Volkswagen e Mercedes gestiscono negli USA una quota significativa delle vendite complessive. L’imposizione di tariffe aggiuntive rappresenterebbe un colpo durissimo per la competitività di questi brand, già messi alla prova da margini compressi e dalla corsa agli investimenti nella transizione elettrica.


Stellantis ha risentito del clima negativo, sebbene il gruppo guidato da Carlos Tavares possa contare su una presenza manifatturiera diretta negli Stati Uniti. Tuttavia, la forte esposizione in Europa e la struttura integrata delle catene di fornitura potrebbero generare comunque ricadute importanti, in termini di costi e approvvigionamenti.


Sul fronte opposto, Ferrari ha invece brillato a Piazza Affari, confermandosi tra le poche blue chip in controtendenza. La sua posizione nel segmento del lusso e il minor impatto dalle dinamiche di prezzo legate ai dazi le hanno consentito di attrarre investitori in cerca di titoli difensivi in un contesto turbolento.


L’annuncio di Trump si inserisce in una cornice politica più ampia. L’ex presidente intende rilanciare la sua dottrina “America First”, puntando sulla protezione dell’industria manifatturiera nazionale per riconquistare il voto operaio. L’automotive è simbolo e pilastro dell’economia industriale americana, e i dazi sulle auto europee diventano così una leva politica interna, oltre che una scelta strategica in vista della competizione elettorale con Joe Biden.


In Europa, la Commissione ha già fatto sapere che una risposta simmetrica sarebbe inevitabile, in caso di effettiva adozione delle misure tariffarie. Il rischio di un ritorno alle guerre commerciali, con una spirale di dazi e controdazi, viene considerato dagli analisti tra i principali pericoli per la stabilità economica del Vecchio Continente nei prossimi mesi.


L’industria automobilistica, già impegnata in una delle più complesse transizioni tecnologiche della sua storia, con l’elettrificazione e il passaggio a modelli di mobilità sostenibile, si trova dunque esposta a nuove incognite geopolitiche. Aumentano i costi, si riduce la prevedibilità dei mercati e si rafforza la necessità di ripensare le strategie produttive e logistiche in un’ottica più regionale e meno globalizzata.


Gli operatori finanziari, intanto, restano in attesa di ulteriori dettagli e chiarimenti da parte degli Stati Uniti. Se il piano di Trump dovesse concretizzarsi in misure formali entro l’estate, molti produttori saranno costretti a rivedere i piani di vendita e investimento in Nord America. Non è escluso che le aziende optino per una maggiore localizzazione degli impianti produttivi, al fine di evitare i dazi, ma tale soluzione richiede tempi e risorse che non tutti sono pronti a sostenere.


Il clima sui mercati resta quindi improntato alla prudenza. Il settore auto, che rappresenta un indicatore sensibile della fiducia industriale e dei flussi commerciali globali, diventa ancora una volta il termometro delle tensioni geopolitiche. E con le elezioni presidenziali USA ormai vicine, gli analisti prevedono una volatilità crescente per tutti i titoli legati al commercio transatlantico.

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