Cancellazioni a raffica guastano il ponte di Pasqua: il turismo italiano perde il rimbalzo
- piscitellidaniel
- 22 apr
- Tempo di lettura: 3 min
L’agenda delle prenotazioni era piena, i portali online avevano segnalato un’impennata di richieste, gli operatori del settore avevano già fatto i conti su un ponte di Pasqua da record. Poi sono arrivate le disdette. A raffica. In alcuni casi, anche a sole 24 ore dall’arrivo. Il turismo italiano ha perso un’occasione importante per consolidare la ripresa, ancora fragile, dopo anni complicati.
Le segnalazioni arrivano da tutte le principali mete del paese: dalle città d’arte alle località balneari, passando per i borghi interni e le mete collinari. I dati parlano di cancellazioni che, in alcune zone, hanno toccato il 30% delle prenotazioni effettive. Il fenomeno ha colpito soprattutto gli affitti brevi, gli agriturismi e i piccoli hotel, ovvero le strutture più vulnerabili alla volatilità della domanda. Meno impattati i grandi alberghi, che lavorano maggiormente con prenotazioni vincolate da carte di credito e caparre non rimborsabili.
Molti albergatori lamentano la facilità con cui i clienti, soprattutto italiani, prenotano e annullano senza alcun vincolo. La diffusione delle piattaforme di prenotazione online ha abbassato le barriere all’ingresso ma ha anche ridotto il grado di impegno da parte dell’utente. Il “cambio idea” è diventato una pratica comune. Con le previsioni meteo incerte su molte aree della penisola, tanti hanno preferito rinunciare. Alcuni hanno cancellato in attesa di offerte più vantaggiose, altri semplicemente hanno scelto di restare a casa.
Il comparto agrituristico è tra quelli che hanno registrato le maggiori perdite. Secondo Coldiretti, molte strutture hanno visto svanire il 20-25% delle prenotazioni negli ultimi tre giorni prima di Pasqua. Il fenomeno ha colpito in particolare il Centro e il Nord Italia. Il Lazio, l’Umbria e la Toscana sono tra le regioni più penalizzate. Qui, gli operatori hanno dovuto far fronte a camere improvvisamente vuote, tavoli cancellati, pranzi pasquali ridotti all’ultimo momento.
Il danno economico non si limita alla singola struttura. La disdetta dell’ultimo minuto ha effetti a catena sull’intero indotto. I fornitori di servizi, le aziende agricole coinvolte nei circuiti di filiera corta, i trasporti e persino i piccoli negozi di souvenir ne hanno risentito. In alcuni casi, i gestori avevano già fatto scorte alimentari e preparato menù su prenotazione: tutto sprecato.
Le associazioni di categoria chiedono da tempo una regolamentazione più chiara e vincolante sul fronte delle cancellazioni. Federalberghi ha proposto l’introduzione di una finestra minima di annullamento con penale, per proteggere le strutture ricettive dai comportamenti opportunistici. Al momento, però, le piattaforme online continuano a offrire ampia flessibilità, spingendo gli operatori a dover scegliere tra maggiore rigidità – con il rischio di perdere clienti – e l’incertezza totale.
Nonostante le disdette, i numeri complessivi del turismo pasquale 2025 non sono disastrosi. Circa 21 milioni di italiani si sono comunque mossi per brevi vacanze tra aprile e maggio. Ma il tasso di trasformazione tra prenotazione e presenza effettiva è stato più basso del previsto. Gli operatori denunciano una nuova fragilità del settore: quella dell’incertezza psicologica del turista, più sensibile al meteo, all’ansia economica e al desiderio di flessibilità totale.
Le località costiere del Sud, dal Cilento alla Sicilia orientale, hanno mostrato una tenuta migliore. In molte aree, grazie al clima favorevole, le disdette sono state minime e le strutture hanno registrato il tutto esaurito. Diversa la situazione sul versante adriatico e in alcune città d’arte del Nord, dove le previsioni di pioggia e freddo hanno fatto saltare molti piani all’ultimo momento. Venezia, Firenze e Verona hanno registrato un’alta percentuale di cancellazioni, in particolare nei B&B.
Il turismo estero, da sempre meno propenso all’annullamento last minute, ha fornito un contributo più stabile. I turisti provenienti da Germania, Francia e Stati Uniti hanno confermato le prenotazioni in modo più affidabile. Ma la domanda internazionale da sola non basta a compensare i vuoti lasciati dai clienti italiani. E le fluttuazioni improvvise della domanda rendono difficile qualsiasi pianificazione economica per chi lavora nell’accoglienza.
Nel frattempo, le regioni più turistiche iniziano a interrogarsi su soluzioni alternative. Alcuni consorzi di operatori stanno valutando la possibilità di sviluppare sistemi di prenotazione diretta con clausole contrattuali più vincolanti. Altri chiedono alle piattaforme di ridefinire le condizioni standard di cancellazione, introducendo penali graduate in base al tempo residuo alla data del soggiorno. Ma finché la concorrenza sarà giocata sul campo della flessibilità, pochi si prenderanno il rischio di alzare l’asticella delle regole.
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