Banche Italiane, utili record nel 2024 ma il futuro rallenta
- Martina Migliorati
- 1 apr
- Tempo di lettura: 2 min

Il 2024 resterà un anno da incorniciare per le banche italiane, ma i prossimi esercizi potrebbero non replicare lo stesso slancio.
A lanciare l’allerta è uno studio di Value Partners, società di consulenza strategica, che analizza i risultati degli istituti e individua i principali fattori di rischio per il futuro.
Nonostante le rosee previsioni diffuse da molti operatori, il rapido calo dei tassi di interesse rischia di frenare la crescita dei profitti già a partire dal 2025.
Nel 2024, i sette maggiori istituti di credito italiani hanno generato utili complessivi pari a 24,85 miliardi di euro, con un incremento dell’8% rispetto all’anno precedente.
A trainare i risultati sono stati principalmente l’aumento delle commissioni nette (+8,0%) e la crescita del margine di interesse (+4,8%), sostenuti dall’espansione delle aree “protection” e dalla forte crescita della raccolta indiretta (+9,8%), sia nella componente gestita che in quella amministrata.
Quest’ultima ha surclassato la raccolta diretta, che si è fermata a un più modesto +1,6%.
Tra le singole banche, Unicredit ha chiuso l’anno con 9,7 miliardi di profitti (+2%), seguita da Intesa Sanpaolo con 8,6 miliardi (+12%), Banco Bpm con 1,9 miliardi (+52%), Mps con 1,95 miliardi (-5%), Bper con 1,4 miliardi (-8%), Credem con 620 milioni (+10%) e Popolare di Sondrio con 575 milioni (+25%).
In termini di commissioni, spicca la crescita di Mps (+10,8%), seguita da Credem, Intesa, Popolare di Sondrio, Unicredit, Bper e Banco Bpm (+4,4%).
Quanto al margine di interesse, l’incremento più marcato è quello di Popolare di Sondrio (+16,3%), seguita da Intesa Sanpaolo, Banco Bpm, Bper, Mps, Credem e Unicredit, che chiude con un +2,5%.
Sul fronte dei costi, le spese operative restano stabili, con un leggero aumento del costo del personale (+1,3%) legato al rinnovo del contratto nazionale. Questo incremento è stato in parte contenuto grazie a piani di ricambio generazionale, con uscite volontarie e nuove assunzioni mirate.
Nel complesso, il rapporto costi/ricavi (cost/income ratio) migliora e scende al 42,4%.
Buone notizie arrivano anche dal rischio di credito, in leggero calo a 28 punti base, e dalla qualità dell’attivo: il tasso di NPL lordo scende al 2,6%, segnalando un’elevata solidità del portafoglio crediti.
Tuttavia, permangono segnali di criticità.
Gli impieghi verso la clientela continuano a calare, con un -1,7% rispetto alla fine del 2023, a conferma della scarsa domanda di prestiti da parte delle imprese e dell’atteggiamento cauto delle banche.
Alcuni comparti economici – come automotive e lusso – mostrano segnali di difficoltà che potrebbero riflettersi sul credito nei prossimi trimestri.
Resta invece molto solida la posizione patrimoniale degli istituti, con un CET1 fully loaded pari al 15,2% a livello aggregato, ben oltre i requisiti regolamentari.
Questa robustezza rafforza il potenziale di nuove operazioni straordinarie e alimenta ulteriormente il risiko bancario.
Ma secondo Value Partners, per il prossimo futuro serviranno strategie mirate e attente: l’era dei profitti facili potrebbe essere già alle spalle.
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