Trump verso la Nato: atteso al vertice ma contrario a nuovi impegni globali per gli Stati Uniti
- piscitellidaniel
- 24 giu
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Il ritorno di Donald Trump sulla scena internazionale, a pochi mesi dalle elezioni presidenziali statunitensi, ha acceso i riflettori sul vertice della Nato di Bruxelles, che si svolge in un clima di incertezza strategica crescente. L’ex presidente, candidato favorito del Partito Repubblicano per la corsa alla Casa Bianca, è atteso con grande interesse dagli alleati, ma le sue dichiarazioni più recenti lasciano presagire un atteggiamento distante, se non apertamente ostile, rispetto agli impegni multilaterali che l’Alleanza Atlantica chiede ai propri membri.
Trump ha più volte criticato la Nato definendola “obsoleta” e “un peso sproporzionato per gli Stati Uniti”, accusando gli altri membri di approfittare della protezione americana senza contribuire equamente. Durante il suo precedente mandato, le sue pressioni perché gli alleati aumentassero la spesa militare fino alla soglia del 2% del PIL avevano già causato forti tensioni diplomatiche, in particolare con paesi europei come Germania, Italia e Spagna. Ora, la sua posizione sembra ancora più netta: nessun impegno vincolante per Washington in caso di nuove crisi militari globali.
Secondo le anticipazioni diffuse dal suo entourage, Trump parteciperà agli incontri previsti al vertice solo come osservatore politico, evitando di assumere posizioni ufficiali vincolanti. Questa scelta strategica mira a rassicurare la base elettorale interna, da sempre scettica nei confronti di costose operazioni militari all’estero, e a rimarcare la linea di politica estera isolazionista già sperimentata durante il suo primo mandato. “America First” resta il principio cardine, anche in un contesto di sicurezza collettiva come quello rappresentato dalla Nato.
Il vertice si svolge in un momento delicato per la sicurezza euro-atlantica. L’invasione russa dell’Ucraina ha provocato una ridefinizione delle priorità strategiche dell’Alleanza. La Finlandia è recentemente entrata a far parte del blocco e la Svezia si prepara a farlo a breve, rafforzando il fronte nord-orientale dell’Europa. Gli Stati Uniti sono ancora il principale contributore in termini di mezzi e uomini, ma il dibattito interno su questo impegno è sempre più polarizzato. Trump, dal canto suo, ha affermato che “i contribuenti americani non devono pagare per le guerre europee”.
In vista del possibile ritorno alla Casa Bianca, il messaggio che Trump intende inviare è duplice: da un lato, rassicurare i repubblicani su un uso più cauto e selettivo della forza militare; dall’altro, esercitare pressioni sugli alleati per rafforzare la loro capacità difensiva autonoma. Questa linea trova un certo consenso anche tra i cosiddetti “trumpiani d’Europa”, una rete di forze politiche conservatrici e populiste che vedono in Trump un modello di leadership assertiva e nazionalista.
La Casa Bianca attuale, guidata da Joe Biden, ha ribadito che gli Stati Uniti rimangono “fermamente impegnati nella Nato”. Tuttavia, l’incognita Trump pesa su ogni decisione. I diplomatici europei temono che un nuovo mandato del tycoon possa comportare uno stravolgimento degli equilibri, soprattutto in tema di dislocazione delle truppe, cooperazione cibernetica e deterrenza nucleare. In particolare, si teme che Washington possa ridurre drasticamente la sua presenza strategica in Europa per concentrarsi sulla competizione con la Cina nel Pacifico.
All'interno dell'Alleanza, la preoccupazione è concreta. L’articolo 5 del Trattato di Washington, che prevede la mutua difesa in caso di attacco a un membro, viene considerato il pilastro fondante della Nato. Trump ha già lasciato intendere che non garantirebbe automaticamente l’intervento statunitense in caso di attacco a uno Stato membro che non ha rispettato l’impegno di spesa militare. Questa dichiarazione ha suscitato reazioni preoccupate soprattutto tra i Paesi dell’Europa orientale, più esposti a una potenziale aggressione russa.
A Bruxelles, diversi leader hanno già chiesto chiarimenti sulla reale posizione del fronte repubblicano. Il cancelliere tedesco Olaf Scholz ha espresso il timore che “l’Alleanza venga minata da un approccio bilaterale degli Stati Uniti con le grandi potenze”. Emmanuel Macron, dal canto suo, ha rilanciato l’idea di una “difesa europea autonoma” che possa affiancare o, in caso estremo, sostituire la protezione americana. Anche il presidente del Consiglio italiano, Giorgia Meloni, ha evidenziato l’importanza di un’Europa più forte militarmente, in grado di non dipendere totalmente dagli Stati Uniti.
Il dossier ucraino è il banco di prova più imminente. Washington ha finora garantito oltre 70 miliardi di dollari in aiuti militari e civili a Kiev, ma Trump ha più volte definito questi stanziamenti “uno spreco”, chiedendo che l’Europa se ne faccia carico. L’ipotesi che una futura amministrazione repubblicana riduca drasticamente gli aiuti all’Ucraina viene considerata altamente probabile da vari analisti. La questione sarà centrale nel dialogo tra le cancellerie europee nelle prossime settimane.
Il dibattito interno negli Stati Uniti si fa sempre più acceso. Mentre il Pentagono continua a sostenere l’importanza di un coinvolgimento attivo nella Nato, una parte crescente dell’opinione pubblica ritiene che le priorità debbano spostarsi verso la sicurezza dei confini, la lotta al traffico di droga e il contenimento della criminalità interna. Trump cavalca queste paure, promettendo una politica estera “senza guerre e senza sprechi”, come ha dichiarato di recente in uno dei suoi comizi in Florida.
La partecipazione di Trump al vertice Nato, anche se informale e priva di ruolo istituzionale diretto, segna un momento cruciale nel rapporto tra gli Stati Uniti e l’Alleanza. Gli alleati europei si interrogano non solo sul futuro della Nato, ma anche su quanto possano ancora fare affidamento su Washington in un mondo segnato da nuove instabilità e vecchie minacce. L’approccio di Trump, tra ambiguità e retorica isolazionista, lascia aperti molti interrogativi su quale sarà davvero il ruolo degli Stati Uniti nei prossimi anni.
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