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Sud, la legge di bilancio divide: stop alle Zes e taglio al Fondo di coesione, le regioni meridionali denunciano uno stop alla crescita

La legge di bilancio ha riacceso il dibattito politico ed economico sul Mezzogiorno, con le regioni del Sud che denunciano una netta inversione di rotta rispetto alle politiche di sviluppo e coesione adottate negli ultimi anni. Il provvedimento, che prevede la riorganizzazione delle Zone Economiche Speciali e una riduzione del Fondo per lo sviluppo e la coesione, è stato accolto con forte preoccupazione da amministratori locali, associazioni imprenditoriali e sindacati. La scelta del governo di ridimensionare le risorse destinate agli investimenti territoriali viene interpretata come un segnale di arretramento rispetto agli impegni assunti con il Pnrr e come un rischio concreto di frenata per i progetti infrastrutturali e industriali già avviati nelle aree meridionali.


Il nodo principale riguarda il futuro delle Zes, le Zone Economiche Speciali introdotte per attrarre investimenti e favorire la crescita delle imprese attraverso agevolazioni fiscali e semplificazioni burocratiche. Con la nuova legge di bilancio, le otto Zes regionali vengono sostituite da una struttura unificata a livello nazionale, denominata Zes Unica del Mezzogiorno. L’obiettivo dichiarato del governo è razionalizzare la governance e ridurre la frammentazione amministrativa, ma secondo molti osservatori la riforma rischia di indebolire l’autonomia gestionale dei territori e di rallentare l’efficacia degli interventi. I presidenti di regione e i sindaci delle aree industriali coinvolte temono che la centralizzazione a Roma sottragga flessibilità decisionale e riduca la capacità di adattare le politiche alle specificità locali.


Le critiche si concentrano anche sul taglio al Fondo per lo sviluppo e la coesione, che rappresenta una delle principali leve finanziarie per gli investimenti nel Mezzogiorno. La manovra prevede una riduzione di oltre tre miliardi di euro nel triennio, destinando parte delle risorse ad altri capitoli di spesa ritenuti prioritari a livello nazionale. Le regioni del Sud denunciano che questa scelta comprometterà la realizzazione di opere infrastrutturali strategiche, come il potenziamento della rete ferroviaria ad alta capacità, la modernizzazione dei porti e lo sviluppo delle reti energetiche. La Campania, la Puglia e la Calabria hanno già annunciato ricorsi e richieste di revisione, mentre la Sicilia e la Basilicata chiedono un incontro urgente con il Ministero per il Sud per definire nuovi criteri di distribuzione dei fondi.


Il confronto politico è acceso anche all’interno della maggioranza. Alcuni esponenti di partiti del centrodestra chiedono di riconsiderare la riduzione delle risorse e di garantire un meccanismo di compensazione per i territori penalizzati, mentre le opposizioni parlano apertamente di “disimpegno istituzionale nei confronti del Sud”. Le forze progressiste e i rappresentanti del terzo settore ricordano che, nonostante gli annunci di rilancio, il divario Nord-Sud resta elevato: il Pil pro capite delle regioni meridionali è ancora inferiore del 45% rispetto alla media nazionale, e il tasso di disoccupazione giovanile supera il 30% in molte province. Gli economisti sottolineano che senza investimenti strutturali e politiche di lungo periodo la crescita del Mezzogiorno non potrà consolidarsi, con ripercussioni sull’intera economia italiana.


Sul piano tecnico, la nuova governance della Zes Unica prevede un commissario straordinario con sede a Roma, affiancato da un comitato di coordinamento in cui siedono rappresentanti delle regioni e dei ministeri competenti. Questa struttura dovrebbe semplificare le procedure di autorizzazione e velocizzare l’attuazione dei progetti, ma la sua effettiva operatività resta oggetto di discussione. Le imprese che avevano investito contando su agevolazioni regionali e iter più snelli temono ora di trovarsi di fronte a un sistema meno efficiente e più burocratico. Anche Confindustria ha espresso riserve, ricordando che la forza delle Zes risiedeva nella capacità di adattarsi alle esigenze produttive locali e di favorire una collaborazione diretta tra imprese, amministrazioni e territori.


Un altro punto critico riguarda l’impatto della manovra sui fondi europei. Con la riduzione delle risorse nazionali, le regioni del Sud dovranno fare maggior affidamento sui programmi comunitari, ma la capacità di spesa rimane bassa. Nel ciclo 2014-2020 molte risorse destinate alle aree più deboli non sono state pienamente utilizzate, e il rischio di perdere fondi anche nel periodo 2021-2027 è concreto. Le amministrazioni locali chiedono una revisione dei criteri di assegnazione e una maggiore flessibilità nell’uso delle risorse, mentre Bruxelles osserva con attenzione le modifiche introdotte dal governo, in particolare per verificare la coerenza con gli obiettivi del Pnrr e del Green Deal europeo.


Il mondo sindacale parla di “occasione mancata” per il rilancio del Sud, denunciando la mancanza di una visione industriale e sociale capace di creare lavoro stabile e innovazione. Le organizzazioni dei lavoratori chiedono un piano straordinario per la formazione, la riconversione produttiva e il sostegno alle piccole imprese, sottolineando che il taglio delle risorse pubbliche rischia di aggravare le disuguaglianze e di spingere nuove fasce di popolazione verso l’emigrazione. Anche le associazioni ambientaliste esprimono preoccupazione, poiché molte delle opere previste nel Fondo di coesione erano legate alla transizione ecologica e alla rigenerazione urbana.


La legge di bilancio, nel suo impianto generale, mira a contenere la spesa e a razionalizzare gli interventi, ma il suo impatto territoriale mostra un chiaro ridimensionamento delle politiche di riequilibrio. Il Mezzogiorno, che negli ultimi anni aveva beneficiato di una stagione di investimenti senza precedenti grazie ai fondi europei e al Pnrr, rischia di entrare in una fase di stagnazione amministrativa e finanziaria. Le prossime settimane saranno decisive per capire se il governo accoglierà le richieste di modifica avanzate dalle regioni e se sarà possibile trovare un nuovo equilibrio tra disciplina di bilancio e politiche di sviluppo territoriale.

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