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Sanae Takaichi in Giappone sempre più vicina a diventare la prima donna primo ministro del Paese

In Giappone si sta materializzando una svolta politica significativa: dopo la sua elezione alla guida del partito di governo, il Partito Liberal‑Democratico (LDP), Sanae Takaichi appare sul punto di compiere un passo storico diventando la prima donna a ricoprire la carica di primo ministro del Paese. La sua candidatura al vertice del governo arriva in un contesto segnato da profonda instabilità politica e da una riorganizzazione degli equilibri interni al partito e nella coalizione di governo.


Takaichi, 64 anni, originaria della prefettura di Nara, ha un profilo politicamente marcato come esponente dell’ala più conservatrice del LDP e come fedelissima dell’ex primo ministro Shinzō Abe. La sua vittoria nella corsa alla leadership del partito, avvenuta all’indomani del ritiro del premier uscente e della crisi della vecchia alleanza di governo, è stata letta non solo come un punto di svolta per la sua carriera, ma come un segnale del desiderio del partito di rilanciarsi dopo una serie di sconfitte elettorali e un indebolimento della sua posizione parlamentare. La nomina di Takaichi apre dunque una serie di interrogativi sul futuro politico del Giappone: su quali linee si muoverà il governo, quale sarà il suo approccio verso le riforme costituzionali, la difesa, l’economia e il rapporto con gli alleati internazionali.


La corsa di Takaichi alla guida del partito di governo è stata contraddistinta da un ballottaggio serrato, nel quale ha sconfitto il rivale Shinjiro Koizumi, figlio di un ex primo ministro molto popolare. Il risultato testimonia la capacità di Takaichi di mobilitare le correnti più tradizionaliste del LDP, che hanno gradito il suo stile deciso, l’orientamento conservatore e la sua promessa di rilanciare un’agenda politica che, a loro giudizio, si era allontanata dai valori fondamentali del partito. La sua elezione segna inoltre un momento storico, visto che per la prima volta una donna guida il partito che per decenni ha dominato la politica giapponese.


Nonostante l’importanza simbolica della sua candidatura, il percorso che porta alla premiership non è privo di ostacoli. Il partito ha perso la maggioranza assoluta in una delle camere parlamentari e l’alleanza storica con il partito Komeito, che durava da circa ventisei anni, si è sciolta in seguito alle tensioni sorte sul profilo politico di Takaichi e sulla linea che avrebbe voluto imprimere al partito di governo. Per ottenere la premiership, Takaichi ha bisogno del sostegno di una nuova coalizione o di accordi puntuali con altri gruppi parlamentari; in questo senso, la decisione dei membri del Partito Innovazione Giappone (Ishin) di appoggiare la sua nomina rappresenta un passaggio determinante. Tale alleanza, sebbene non massiccia, è sufficiente a garantirle un voto favorevole in Parlamento nella prospettiva del voto per la scelta del nuovo primo ministro.


Dal punto di vista programmatico, Takaichi ha delineato una piattaforma che pone al centro la revisione della Costituzione, in particolare dell’articolo 9 che limita formalmente le Forze di Autodifesa giapponesi, la riduzione delle tasse, una politica economica basata su maggiori investimenti pubblici e una linea ferma sulla sicurezza nazionale e sull’immigrazione. Questo orientamento riflette in molte parti quello del suo mentore politico, Shinzō Abe, ed è stato accolto con interesse e qualche timore sia all’interno del LDP sia nell’opinione pubblica. Queste politiche, se messe in campo, potrebbero segnare un cambio di paradigma nel profilo internazionale del Giappone e nel suo ruolo strategico in Asia orientale.


Sul fronte economico e finanziario, la prospettiva di un suo arrivo a palazzo Chigi — pardon, al governo giapponese — ha innescato reazioni positive sui mercati: gli investitori hanno interpretato la prospettiva di riforme e stimoli pubblici come un’opportunità per la ripresa economica, malata da anni di stagnazione. Tuttavia, l’assenza di una maggioranza stabile e il ricorso a un governo di minoranza o a una coalizione fragile rappresentano un rischio per la governabilità: qualsiasi emergenza interna o esterna potrebbe mettere in crisi la tenuta dell’esecutivo e rallentare l’attuazione del programma.


La figura di Takaichi è al contempo simbolica e polarizzante: da un lato segna un potenziale superamento del “soffitto di vetro” nella politica giapponese, con una donna pronta a ricoprire la carica più alta dello Stato; dall’altro trae origine da correnti conservatrici che non sono tradizionalmente associate alle istanze femministe o progressiste, il che rende il suo possibile governo un oggetto di grande attenzione per analisti, media e opinione pubblica. Il Giappone che potrebbe nascere con Takaichi alla guida appare quindi un Paese che vuole restare fedele alla propria identità tradizionale, ma al contempo assumere una posizione più attiva e potente sulla scena internazionale.


L’orizzonte temporale per l’arrivo di Takaichi come primo ministro è a breve termine: la sessione parlamentare per scegliere il nuovo capo del governo è imminente e tutto lascia pensare che la nomina avverrà nel giro di giorni. Una volta ottenuta la premiership, la nuova leader dovrà dimostrare di saper governare con efficacia in un contesto politico complesso, consolidare il supporto parlamentare, avviare le riforme annunciate e gestire la diplomazia nei momenti più delicati.


Il percorso di Takaichi verso la premiership evidenzia dunque una combinazione di rinnovamento simbolico, giochi di potere interni al partito, equilibri parlamentari instabili e una piattaforma politica dalle implicazioni profonde sia per il Giappone che per la regione dell’Asia-Pacifico.

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