Pa obbligata a dare attuazione all’atto giudiziario esecutivo
- Luca Baj

- 1 giorno fa
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L’ordinanza della Terza Sezione civile della Casazione (ordinanza 28 agosto 2025 n.24053) affronta in modo sistematico la responsabilità dell’amministrazione quando l’esecuzione di un provvedimento giudiziale incontra ostacoli non riconducibili al comportamento del privato ma alla mancata cooperazione della Forza pubblica.
La vicenda esaminata riguarda l’occupazione abusiva di un complesso industriale dismesso da parte di numerosi soggetti, inclusi minori, e la successiva azione possessoria promossa dalla proprietà per ottenere la reintegra nel possesso. Il provvedimento giudiziale che ordinava lo sgombero era stato comunicato tempestivamente alle autorità competenti, ma l’intervento non era stato eseguito nonostante reiterati solleciti.Solo dopo un arco temporale di oltre tre anni la situazione si era risolta, non per effetto dell’esecuzione, bensì per l’abbandono spontaneo degli occupanti. La proprietà aveva quindi agito nei confronti del Ministero dell’interno per ottenere il risarcimento dei danni derivanti dal ritardo nell’attuazione dell’ordine giudiziale.
La Cassazione ricostruisce il quadro normativo e giurisprudenziale applicabile, richiamando i principi consolidati secondo cui l’obbligo della pubblica amministrazione di prestare assistenza nell’esecuzione dei provvedimenti giurisdizionali è incondizionato.
Il fondamento di tale dovere viene rinvenuto nei parametri costituzionali e convenzionali che presidiano il diritto di proprietà, il giusto processo e l’obbligo di garantire l’effettività delle decisioni giudiziarie. In particolare, viene valorizzato il ruolo attribuito all’articolo 6 della Cedu, che esige che l’esecuzione dei provvedimenti sia parte integrante del diritto di accesso alla giustizia, e agli articoli 2, 3, 4 e 42 della Costituzione, che delineano un modello di Stato di diritto nel quale la tutela giurisdizionale non può restare mera dichiarazione formale.
La Corte sottolinea come l’esecuzione dei provvedimenti di rilascio richieda spesso l’intervento della Forza pubblica, unico soggetto legittimato a garantire l’attuazione coattiva dell’ordine del giudice.L’omissione o il ritardo ingiustificato nell’intervento integra un fatto generatore di responsabilità, anche in assenza di dolo o colpa specifica degli operatori. Il criterio applicato è quello della responsabilità oggettiva da inadempimento dell’obbligo di attuazione dell’ordine giudiziale, obbligo che grava in via diretta sul Ministero competente.
Il tempo ragionevole richiesto per l’organizzazione dell’intervento non può essere dilatato oltre ciò che risulta strettamente necessario a predisporre le misure operative.Né rilevano, ai fini dell’esclusione della responsabilità, fattori contingenti come la complessità sociale dell’occupazione o la presenza di soggetti vulnerabili, poiché l’amministrazione avrebbe dovuto impiegare i propri strumenti per garantire un equilibrio tra tutela dell’ordine pubblico, protezione delle persone coinvolte e rispetto del diritto di proprietà del ricorrente.
Richiamando i precedenti della stessa Sezione e della giurisprudenza costituzionale e sovranazionale, la Corte ribadisce che l’esecuzione forzata di un provvedimento non è una mera fase eventuale, bensì parte essenziale della funzione giurisdizionale.L’inerzia dell’amministrazione priva il provvedimento della sua effettività e incide direttamente sulla sfera patrimoniale del titolare del diritto, generando il danno risarcibile.Nel caso concreto, la perdita dei frutti civili dell’immobile, la compromissione del suo valore locativo e l’impossibilità di disporne liberamente costituivano conseguenze immediate e dirette del ritardo, e pertanto risarcibili.
La motivazione mette in evidenza come la responsabilità venga affermata non solo sulla base della violazione di obblighi specifici, ma anche attraverso un giudizio complessivo di conformità dell’operato dell’amministrazione ai principi di buona amministrazione e di cooperazione con l’autorità giudiziaria.
La Cassazione evidenzia che la pubblica amministrazione non può autoattribuirsi margini discrezionali che comprimano il diritto del privato al pieno ristoro del proprio bene; qualsiasi considerazione di opportunità o di politica dell’ordine pubblico non può prevalere sull’obbligo primario di dare attuazione al comando del giudice.
La decisione rafforza ulteriormente l’indirizzo secondo cui la tutela possessoria e il diritto di proprietà, per essere effettivi, richiedono che lo Stato renda disponibile la propria capacità coercitiva senza ritardi e senza condizioni ulteriori.L’ordinanza esamina inoltre il principio, già affermato in precedenti occasioni, secondo il quale il ricorrente non è gravato dall’onere di dimostrare l’elemento soggettivo dell’amministrazione, essendo sufficiente l’inadempimento oggettivo all’ordine giudiziale.
La mancata esecuzione, in presenza di un obbligo così chiaramente definito, è di per sé sintomo di disfunzione imputabile al Ministero, che risponde come soggetto istituzionalmente deputato a garantire l’attuazione delle misure giudiziali.
Il Collegio riconosce infine la liquidazione del danno sulla base dei criteri che tengono conto della durata dell’inadempimento e delle caratteristiche dell’immobile, ribadendo che la quantificazione del pregiudizio patrimoniale deve riflettere la perdita di disponibilità del bene e la mancata percezione dei benefici economici che ne sarebbero derivati.




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