Manovra 2026, collaborazione delle banche e nodo affitti brevi: il governo traccia i perimetri della cornice finanziaria
- piscitellidaniel
- 5 ore fa
- Tempo di lettura: 3 min
Nel contesto della legge di bilancio per il 2026, la prima annunciata dalla presidenza di Giorgia Meloni, emergono due elementi centrali e particolarmente controversi: il contributo straordinario atteso dalle banche e il trattamento fiscale degli affitti brevi. Mentre il governo insiste sul carattere chiuso delle principali voci di entrata, l’iter parlamentare rimane aperto e segnato da tensioni tra forze della maggioranza sul fronte delle modifiche normative.
Sul fronte bancario, la scelta del governo è stata di richiedere un “contributo straordinario” del sistema creditizio e assicurativo, orientato a coprire una parte delle nuove spese previste dalla manovra. Il dato più citato indica una platea di profitti del sistema bancario per il 2025 di circa 44 miliardi di euro, dai quali si chiede che circa 5 miliardi siano “messi a disposizione” per sostenere le fasce più deboli della società, la sanità e gli interventi sociali. Pur sottolineando che non si configura come una “tassa sugli extraprofitti”, l’esecutivo chiarisce che si tratta di un contributo legato a rendite finanziarie e contesti di mercato che, secondo la premier, sono stati agevolati dalla politica pubblica negli ultimi anni.
Parallelamente, il testo della manovra prevede misure tecniche per disciplinare tale contributo: l’aumento dell’imposta regionale sulle attività produttive (Irap) per banche e assicurazioni, lo sblocco in favore dell’erario di alcune riserve accumulate dalle banche, e l’introduzione di un’aliquota ridotta di affrancamento delle riserve non distribuite. Pur essendo state definite le cifre e le modalità, restano aperti alcuni dettagli, che saranno definiti in sede di confronto con l’Associazione Bancaria Italiana (ABI) e nell’iter parlamentare. Il governo, infatti, segnala che il capitolo bancario non è soggetto a nuovi aumenti di risorse rispetto all’intesa già raggiunta, a patto che siano rispettati gli equilibri di bilancio.
Dal versante degli affitti brevi, il tema è divenuto un altro focolaio di dibattito nella maggioranza. La bozza della manovra prevedeva un incremento dell’aliquota della cedolare secca per gli affitti brevi: si passava dal 21% al 26% nel caso in cui venisse utilizzato un intermediario per la locazione, con l’idea di aumentare il gettito fiscale e riequilibrare il mercato immobiliare. Tuttavia, tale misura ha incontrato l’opposizione delle forze politiche della coalizione che rappresentano proprietari e locatori, in particolare la Lega e Forza Italia, che ne contestano l’impatto sul ceto medio e sulla redditività degli investimenti immobiliari.
La premier ha chiarito che la norma sugli affitti brevi è discussa e che eventuali modifiche possono essere apportate in Parlamento, nel rispetto del saldo complessivo della manovra e a condizione che ogni intervento sia compensato con altre misure equivalenti. Il ministro dell’Economia ha sottolineato che il Parlamento è “sovrano” per intervenire, ma ha posto come condizione che qualsiasi correzione non alteri gli obiettivi finanziari e rispetti i vincoli europei e di bilancio.
L’intera trattativa sulla manovra appare segnata da un equilibrio complesso: da una parte, la volontà del governo di mantenere certezze sulle risorse previste e di non riaprire ampiamente il perimetro delle misure; dall’altra, la necessità di gestire le tensioni interne alla maggioranza e le richieste dei partiti alleati per mitigare l’impatto su settori sensibili come il credito bancario e il mercato immobiliare. In questo quadro, la posizione della premier è stata quella di porre una linea: la manovra è “seria ed equilibrata”, ma non è blindata, nel senso che il Parlamento potrà intervenire, purché lo faccia rispettando i numeri fissati.
Il capitolo delle banche e quello degli affitti brevi incarnano bene le sfide che l’esecutivo si trova ad affrontare: da un lato gestire le risorse da reperire per sostenere crescita e politiche sociali; dall’altro rispondere a interessi spesso antagonisti, all’interno della coalizione e verso categorie economiche potenzialmente penalizzate. Il risultato finale dipenderà dalla capacità del governo e del parlamento di trovare un accordo che non metta a rischio la quadratura dei conti né comprometta la base sociale della maggioranza.

Commenti