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PIL italiano invariato nel terzo trimestre: +0,4% su base annua e nessuna crescita congiunturale

L’Istat ha comunicato che nel terzo trimestre dell’anno il prodotto interno lordo italiano, corretto per gli effetti di calendario e destagionalizzato, è rimasto invariato rispetto al trimestre precedente. Su base annua, invece, l’economia registra un incremento dello 0,4%, segnalando un andamento di sostanziale stabilità dopo mesi di oscillazioni limitate. Il dato congiunturale, pari a zero variazione, conferma la difficoltà del sistema produttivo nazionale nel recuperare slancio, in un contesto caratterizzato da domanda interna debole, incertezze sui mercati esteri e riduzione del ritmo degli investimenti.


L’istituto di statistica rileva che la crescita acquisita per l’anno in corso, ovvero l’aumento del PIL che si otterrebbe mantenendo invariato il livello produttivo fino alla fine dell’anno, si attesta anch’essa intorno allo 0,4%. Ciò significa che, salvo un’inversione significativa nel quarto trimestre, il 2025 si chiuderà con una dinamica economica modesta, lontana dagli obiettivi di medio periodo fissati dal governo e inferiore al ritmo medio dell’area euro.


Analizzando le componenti del prodotto interno lordo, emergono andamenti differenziati tra i vari settori. Il comparto dei servizi mostra segnali di tenuta, sostenuto da turismo, logistica e attività legate ai consumi interni, mentre l’industria resta in difficoltà, frenata dalla riduzione della domanda estera e dal costo dell’energia ancora superiore rispetto ai principali partner europei. L’edilizia, dopo mesi di espansione legata ai bonus fiscali, evidenzia un rallentamento, mentre l’agricoltura registra un andamento negativo influenzato dalle condizioni climatiche avverse e dall’aumento dei costi di produzione.


Sul fronte della domanda, i consumi delle famiglie mostrano un andamento stabile ma privo di slancio. L’inflazione, pur in calo rispetto ai picchi dell’anno precedente, continua a erodere il potere d’acquisto, spingendo le famiglie verso comportamenti più prudenti e selettivi. La propensione al risparmio resta elevata, ma non si traduce in nuova liquidità per l’economia reale. Gli investimenti fissi lordi, che rappresentano un indicatore chiave della fiducia delle imprese, segnano una fase di debolezza diffusa, legata all’incertezza sui costi, ai tassi di interesse ancora elevati e alla domanda interna contenuta.


La domanda estera netta fornisce un contributo negativo. Le esportazioni, pur sostenute da alcuni comparti come il farmaceutico, l’agroalimentare e la meccanica di precisione, non riescono a compensare il rallentamento dei mercati europei e asiatici. Le importazioni, invece, risentono della contrazione della produzione interna e del calo dei consumi, determinando un saldo commerciale più debole. A livello geografico, le performance regionali restano disomogenee: il Nord mantiene una crescita modesta trainata dai servizi e dalle esportazioni, mentre il Centro e il Mezzogiorno registrano valori inferiori alla media nazionale, in particolare nel comparto manifatturiero.


Sotto il profilo occupazionale, i segnali restano contrastanti. Il numero di occupati continua ad aumentare, ma a ritmi molto contenuti e con una prevalenza di contratti temporanei o part-time. L’occupazione femminile mostra un leggero incremento, ma resta distante dagli obiettivi di convergenza europea. I settori più dinamici sono quelli dei servizi alla persona, del turismo e della tecnologia digitale, mentre l’industria continua a perdere addetti.


Dal punto di vista dei conti pubblici, la stabilità del PIL implica conseguenze dirette sulla finanza statale. Entrate fiscali e crescita economica si muovono in parallelo, e un rallentamento come quello attuale riduce i margini di manovra per eventuali interventi espansivi. La spesa pubblica per investimenti, sostenuta dai fondi europei del PNRR, resta un elemento di tenuta, ma la lentezza nella realizzazione dei progetti rischia di limitarne l’impatto immediato.


Sul piano internazionale, l’Italia si trova in una posizione intermedia tra i Paesi dell’Unione Europea. Francia e Germania mostrano andamenti altrettanto deboli, mentre la Spagna registra una crescita leggermente più robusta grazie a un’espansione del turismo e degli investimenti infrastrutturali. Il quadro complessivo dell’Eurozona è di rallentamento, con prospettive ancora incerte per i prossimi mesi, soprattutto alla luce della politica monetaria restrittiva della Banca Centrale Europea.


Le prospettive per il quarto trimestre dipenderanno da variabili ancora aperte: il prezzo dell’energia, la stabilità dei mercati internazionali, l’evoluzione dei tassi di interesse e la capacità del governo di attuare le misure di stimolo previste nella legge di bilancio. L’andamento del PIL nel terzo trimestre fotografa un’economia che resiste ma non cresce, e che necessita di un impulso deciso per tornare su un percorso di sviluppo strutturale.

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