Draghi avverte l’Europa: rischio di stagnazione senza una strategia chiara e massicci investimenti nell’intelligenza artificiale
- piscitellidaniel
- 22 ore fa
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Mario Draghi ha lanciato un nuovo monito sul futuro economico dell’Europa, sottolineando la necessità di un cambiamento immediato e profondo nelle politiche di innovazione del continente. L’ex presidente della Banca Centrale Europea evidenzia come l’intelligenza artificiale rappresenti una trasformazione paragonabile a quelle che, in passato, hanno ridefinito la competitività globale, ma che l’Unione Europea rischia di non cogliere con la rapidità necessaria. Secondo Draghi, l’Europa si trova oggi di fronte alla prospettiva concreta di una stagnazione duratura se non sarà in grado di colmare rapidamente il divario tecnologico rispetto a Stati Uniti e Cina, i due poli che stanno guidando la corsa internazionale verso l’adozione dell’AI nei sistemi produttivi.
Draghi concentra la sua analisi su un punto centrale: l’Europa dispone delle competenze scientifiche, della qualità delle università e della capacità industriale, ma non della massa critica di investimenti necessaria per sostenere una reale leadership. Il mercato europeo dell’intelligenza artificiale è ancora frammentato, caratterizzato da iniziative nazionali che procedono in ordine sparso e da un ecosistema di start-up che fatica a crescere oltre una dimensione regionale. Per l’ex premier italiano, la mancanza di coordinamento tra i Paesi membri rappresenta uno dei principali ostacoli alla creazione di un vero mercato unico dell’innovazione, senza il quale è impossibile competere con realtà capaci di convogliare risorse enormi in programmi comuni.
L’avvertimento riguarda anche la capacità dell’Europa di attrarre capitali privati e trattenere i talenti, entrambi elementi fondamentali per sostenere la transizione tecnologica. Draghi sottolinea come molti dei ricercatori formati nelle università europee scelgano di trasferirsi in Paesi che offrono infrastrutture di ricerca più avanzate, retribuzioni più elevate e contesti imprenditoriali più dinamici. La cosiddetta “fuga dei cervelli” rischia così di accelerare un circolo vizioso in cui l’Europa investe nella formazione di eccellenze che poi vengono assorbite dai sistemi economici concorrenti, alimentando ulteriormente il divario tecnologico.
Un altro aspetto rilevante riguarda il mercato interno: le imprese europee, soprattutto quelle di piccole e medie dimensioni, mostrano un’adozione ancora insufficiente delle tecnologie digitali avanzate. Questo rallentamento deriva da una combinazione di costi elevati, competenze limitate e timori legati alla sicurezza dei dati e alla compliance normativa. Draghi evidenzia come questi limiti stiano riducendo la produttività complessiva dell’area europea, impedendo di sfruttare appieno il potenziale trasformativo dell’intelligenza artificiale. Senza un salto significativo nell’efficienza dei processi, l’industria europea rischia di perdere terreno in settori strategici come l’automotive, l’aerospazio, la manifattura ad alta precisione e i servizi avanzati.
Il tema delle infrastrutture digitali è un ulteriore punto critico. Draghi sottolinea come l’Europa debba investire molto di più in data center, connettività ad alta velocità, reti quantistiche emergenti e sistemi di calcolo ad alte prestazioni, tutti elementi indispensabili per sviluppare e far crescere applicazioni di intelligenza artificiale. L’insufficienza delle infrastrutture riduce la capacità delle imprese di sperimentare, scalare e integrare soluzioni digitali su vasta scala. Per affrontare questa lacuna, Draghi propone un piano europeo coordinato, in grado di attrarre investimenti sovranazionali e di superare i vincoli burocratici che spesso rallentano l’implementazione dei progetti nel continente.
Il richiamo dell’ex presidente della BCE riguarda anche la governance politica dell’innovazione. Draghi evidenzia la necessità di una visione comune e di strumenti finanziari più ambiziosi, paragonabili ai programmi che hanno accompagnato la nascita del mercato unico e la transizione verso la moneta unica. Secondo la sua analisi, l’Europa deve comprendere che l’intelligenza artificiale non è solo una tecnologia, ma un’infrastruttura che sosterrà il futuro della produttività, della sicurezza e della competitività globale. Per questo motivo, gli interventi devono essere rapidi, coordinati e di dimensione sufficiente a incidere sulle traiettorie globali.
La riflessione di Draghi si inserisce in un momento in cui le principali economie mondiali stanno definendo politiche industriali esplicitamente orientate all’AI, con investimenti pubblici miliardari e partnership strutturate tra ricerca, industria e governo. Per l’Europa, secondo Draghi, il rischio non è semplicemente quello di perdere competitività, ma di scivolare in una stagnazione difficilmente reversibile, nella quale crescita economica, innovazione e produttività risulterebbero insufficienti a sostenere il modello sociale del continente.

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