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Approvato il decreto contro i green claims ingannevoli, Urso: difendiamo il Made in Italy

Il Consiglio dei Ministri ha approvato il decreto che introduce regole più rigide per contrastare i cosiddetti green claims ingannevoli, le dichiarazioni ambientali non veritiere utilizzate dalle imprese per promuovere prodotti e servizi come ecologici o sostenibili senza prove concrete. Si tratta di un intervento normativo atteso da tempo, che mira a garantire trasparenza e correttezza nella comunicazione ambientale e a proteggere sia i consumatori sia le imprese virtuose da pratiche di concorrenza sleale. Il provvedimento si colloca in un quadro di crescente attenzione alla sostenibilità e alla responsabilità d’impresa, ma anche di crescente rischio di greenwashing, fenomeno che secondo le autorità europee e nazionali ha assunto dimensioni tali da minare la fiducia dei cittadini e del mercato nei confronti dei messaggi ambientali. Con il nuovo decreto, le aziende che intendono dichiarare che un prodotto o un processo produttivo è “green”, “eco-friendly” o “a impatto zero” dovranno poter dimostrare con dati verificabili e metodologie scientifiche la veridicità di tali affermazioni.


Il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, ha sottolineato come il provvedimento rappresenti un passo necessario per difendere la qualità produttiva italiana da forme di concorrenza basate su comunicazioni fuorvianti, affermando che la tutela del Made in Italy passa anche attraverso la credibilità delle imprese che operano nel rispetto delle norme e della sostenibilità reale. Il decreto stabilisce che ogni dichiarazione ambientale dovrà essere specifica, fondata su criteri oggettivi e riferita a parametri misurabili. Saranno vietate le etichette e le comunicazioni che contengono termini generici come “naturale”, “verde” o “ecologico” se non accompagnati da una dimostrazione concreta e documentata. Ogni azienda dovrà indicare chiaramente quali aspetti del prodotto o del processo produttivo generano il vantaggio ambientale dichiarato, precisando inoltre il periodo di riferimento e l’ambito geografico in cui esso si applica.


Il decreto prevede un sistema di controlli e sanzioni gestito dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, che potrà intervenire in caso di pratiche scorrette o fuorvianti. Le sanzioni potranno includere multe significative e l’obbligo di rettifica pubblica, oltre alla rimozione dei messaggi pubblicitari ingannevoli dai canali di diffusione. Le imprese dovranno inoltre conservare la documentazione tecnica a supporto delle loro dichiarazioni, come analisi del ciclo di vita del prodotto, certificazioni riconosciute o studi indipendenti che attestino l’effettivo impatto ambientale ridotto. Particolare attenzione sarà riservata ai settori del fashion, dell’agroalimentare e del design, dove la comunicazione di sostenibilità è ormai parte integrante del valore del brand ma dove, allo stesso tempo, si sono moltiplicate le campagne di marketing con contenuti ambientali poco verificabili.


Il decreto rientra in una più ampia strategia europea contro il greenwashing, che punta a uniformare le regole all’interno del mercato unico e a rafforzare la protezione del consumatore. Bruxelles ha già introdotto la direttiva sulle dichiarazioni ambientali, che impone agli Stati membri di fissare criteri di trasparenza e di rendicontazione. L’Italia con questo intervento anticipa e consolida le regole europee, ponendosi tra i primi Paesi a recepirle con strumenti operativi concreti. Il governo intende inoltre sostenere le piccole e medie imprese nella fase di adeguamento, attraverso linee guida e strumenti di semplificazione che permettano di evitare oneri amministrativi sproporzionati. Il decreto prevede anche una fase di transizione per consentire alle imprese di aggiornare la propria comunicazione e di adeguare i materiali promozionali alle nuove disposizioni.


La misura si inserisce nel contesto della difesa del marchio Made in Italy come valore identitario e competitivo. Secondo il ministro Urso, il rischio principale è che prodotti esteri o di bassa qualità possano presentarsi come sostenibili attraverso un uso improprio di diciture ecologiche, generando confusione nei consumatori e sottraendo mercato alle imprese italiane che investono realmente in processi sostenibili. Il decreto, oltre a disciplinare i messaggi pubblicitari, prevede l’introduzione di un sistema di etichettatura ambientale volontaria basata su criteri scientifici e verificabili, utile a identificare i prodotti che rispettano standard elevati di sostenibilità. Saranno inoltre incentivati i programmi di certificazione ambientale riconosciuti a livello europeo, come l’Ecolabel UE, e la cooperazione tra istituzioni, associazioni di categoria e autorità di controllo per la diffusione di una cultura della trasparenza.


Il provvedimento rafforza la connessione tra sostenibilità e competitività industriale, rendendo chiaro che la transizione verde non può essere affidata solo a strategie di comunicazione ma deve poggiare su pratiche misurabili e verificabili. Le aziende che investiranno nella riduzione delle emissioni, nell’efficienza energetica, nella tracciabilità delle filiere e nella gestione circolare delle risorse potranno comunicare questi risultati in modo trasparente e riconoscibile, mentre quelle che faranno uso di messaggi generici o non supportati da prove rischieranno di subire pesanti penalizzazioni. In questa prospettiva, il decreto contro i green claims ingannevoli diventa uno strumento di tutela del mercato e di protezione della reputazione del sistema produttivo italiano, che punta a valorizzare la sostenibilità autentica come elemento distintivo dell’economia nazionale.

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