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Via libera all’utilizzo delle acque reflue trattate per irrigare i campi: una svolta per agricoltura e risorse idriche

Il via libera all’utilizzo delle acque reflue trattate per l’irrigazione agricola rappresenta un passaggio cruciale nella strategia di adattamento alle pressioni idriche e climatiche che colpiscono il settore agro-alimentare. In un contesto segnato da siccità ricorrente, riduzione delle riserve idriche e crescente domanda alimentare globale, il riuso delle acque depurate emerge come leva potenziale per rafforzare la resilienza agricola, alleggerendo la pressione sulle fonti convenzionali. Le nuove normative europee stabiliscono requisiti minimi di qualità per le acque reflue urbane trattate da destinare all’irrigazione, introducendo classi di qualità, obblighi di monitoraggio e controlli di sicurezza per tutela della salute umana e dell’ambiente. In Italia e in altri Stati membri è in corso il recepimento e l’attuazione operativa di tali regole, al fine di tradurre in pratica l’obiettivo del riuso sicuro ed efficiente.


Nel dettaglio, il riutilizzo delle acque reflue trattate prevede che gli effluenti urbani o industriali, dopo un trattamento primario, secondario e spesso terziario, siano ulteriormente affinati per soddisfare parametri igienico-sanitari e ambientali specifici, prima di essere immessi nei sistemi agricoli. I requisiti riguardano la rimozione di contaminanti organici, nutrienti in eccesso, microrganismi patogeni, residui di farmaci o antibiotici e altre sostanze emergenti, nonché la verifica della compatibilità con il suolo, con la coltura e con il bacino idrico ricevente. Le imprese agricole, gli operatori del ciclo idrico e le autorità competenti devono predisporre piani di gestione del rischio, sistemi di tracciabilità e protocolli di controllo che garantiscano che le acque affinate non costituiscano un pericolo per la catena alimentare o per gli ecosistemi.


L’adozione del riuso agricolo delle acque reflue si inserisce in un’ottica di economia circolare: l’acqua non più considerata come solo scarico da depurare ma come risorsa da valorizzare, riducendo il prelievo da falde e corpi idrici naturali, contenendo i costi energetici, liberando nuove risorse per l’irrigazione e mitigando il rischio idrico soprattutto nelle regioni più fragili. In agricoltura, ciò si traduce nella possibilità di garantire continuità irrigua anche in periodi di stress idrico, in un uso più efficiente della risorsa e in una potenziale riduzione della dipendenza dalle precipitazioni o dalle derivazioni fluviali. L’innovazione tecnologica in impianti di depurazione, l’utilizzo di infrastrutture di distribuzione dedicate e l’adozione di sistemi intelligenti di monitoraggio consentono di rendere operativa questa strategia su scala più ampia.


Tuttavia, l’implementazione del riuso delle acque reflue per irrigazione non è priva di criticità che vanno attentamente gestite. Tra gli ostacoli principali figurano la necessità di adeguare la rete distributiva e gli impianti di trattamento, garantire un elevato livello di fiducia sui controlli sanitari, verificare la compatibilità agronomica delle acque affinate con le colture (in termini ad esempio di salinità o elementi residui) e stabilire una governance chiara tra enti locali, gestori dell’acqua, agricoltori e regolatori. Inoltre, le imprese agricole devono tenere conto della responsabilità a loro carico in termini di sicurezza alimentare, qualora impieghino queste acque nel ciclo produttivo. Vi è inoltre la questione della percezione pubblica e della trasparenza sull’uso di acque trattate in agricoltura, che richiede adeguata comunicazione e dimostrazione della sicurezza del processo.


Sul piano normativo, infatti, il regolamento europeo ha introdotto l’obbligo per gli Stati membri di predisporre programmi di promozione del riuso, di valutazione dei rischi e di controllo della qualità, inserendo le acque reflue urbane trattate tra le opzioni per l’irrigazione agricola. L’Italia, in particolare, deve completare il recepimento e l’attuazione delle linee guida che fissano le condizioni di impiego, i limiti di qualità, le modalità di monitoraggio e la gestione dei permessi per l’utilizzo. Il percorso richiede che le infrastrutture nazionali e regionali si adeguino, che gli operatori del servizio idrico integrato collaborino con le imprese agricole e che i soggetti coinvolti investano in tecnologie di trattamento avanzato e sistemi di distribuzione separati per evitare contaminazioni incrociate.


L’applicazione pratica dell’uso delle acque reflue trattate in agricoltura potrà essere sperimentata in progetti pilota, zone a vocazione irrigua o in contesti in cui le alternative idriche risultano altamente stressate. Le regioni più aride o soggette a riduzione dei deflussi fluviali o della piovosità potranno trarre particolare vantaggio. È prevista la definizione di piani di investimento per l’ammodernamento degli impianti di depurazione e per l’adattamento delle reti irrigue, così come la predisposizione di incentivi per agricoltori e gestori per promuovere la transizione verso sistemi irrigui che utilizzino acque affinate sicure. In parallelo, i sistemi di raccolta dati, i protocolli di analisi microbiologiche e chimiche e le azioni di audit e certificazione diventeranno elementi chiave per la diffusione su larga scala del riuso agricolo delle acque reflue.


La gestione integrata della risorsa idrica acquista in questo contesto un nuovo ruolo strategico: il riuso diventa complemento alla conservazione, all’efficienza e alla diversificazione delle fonti, permettendo all’agricoltura di diventare più resiliente e meno dipendente dal condizionamento climatico. L’opzione di irrigare con acqua reflua trattata, purché correttamente progettata, controllata e gestita, rappresenta dunque un pilastro per sistemi agricoli più sostenibili, più efficienti e meglio preparati al cambiamento.

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