Via libera definitivo alla separazione delle carriere: cosa cambia con la riforma della magistratura
- piscitellidaniel
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Il Parlamento ha approvato in via definitiva la riforma costituzionale che introduce la separazione delle carriere nella magistratura ordinaria, sancendo una trasformazione profonda dell’assetto giudiziario italiano. Il provvedimento, che modifica il Titolo IV della Parte II della Costituzione, ridefinisce la struttura e le competenze del sistema giudiziario, con l’obiettivo dichiarato di garantire una maggiore chiarezza dei ruoli tra chi esercita la funzione giudicante e chi rappresenta l’accusa. La riforma è stata fortemente voluta dal governo come punto cardine del proprio programma di legislatura e approvata a maggioranza assoluta dopo un lungo confronto politico che ha attraversato più legislature.
Il fulcro della riforma è la creazione di due carriere distinte e non interscambiabili. I magistrati dovranno scegliere, al momento del concorso, se intraprendere la carriera di giudice o quella di pubblico ministero, rinunciando alla possibilità di passare dall’una all’altra nel corso della propria vita professionale. L’obiettivo è quello di evitare sovrapposizioni di ruoli e potenziali conflitti d’interesse tra chi esercita l’azione penale e chi giudica. Le nuove disposizioni stabiliscono che le due carriere avranno percorsi autonomi di formazione, valutazione e avanzamento, gestiti da organi di autogoverno separati.
In questo quadro, la riforma prevede anche una riorganizzazione complessiva del sistema di autogoverno. Accanto al Consiglio Superiore della Magistratura, che continuerà a operare per la magistratura giudicante, verrà istituito un Consiglio autonomo della magistratura requirente, dedicato ai pubblici ministeri. Entrambi saranno composti da una combinazione di membri togati e laici, con modalità di nomina differenziate per evitare commistioni e per garantire rappresentanza e indipendenza. L’introduzione di due organi separati mira a rafforzare la divisione dei poteri interni e a ridurre l’influenza delle correnti associative, che negli ultimi anni sono state al centro di diverse polemiche e inchieste.
La riforma interviene anche sul sistema disciplinare, istituendo un’Alta Corte che sostituirà in parte le funzioni disciplinari oggi attribuite al Consiglio Superiore della Magistratura. Questo nuovo organo sarà composto da giudici costituzionali e da membri eletti in modo misto dal Parlamento e dagli organi di autogoverno delle due carriere. La competenza disciplinare verrà così concentrata in una sede unitaria, con l’intento di rendere più omogenei i criteri di giudizio e di ridurre il rischio di corporativismo all’interno della magistratura.
Un altro aspetto rilevante della riforma è la modifica del percorso di accesso alla magistratura. I concorsi pubblici saranno banditi separatamente per le due carriere, e la formazione dei magistrati sarà distinta fin dall’inizio. Le Scuole superiori della magistratura verranno riorganizzate in due sezioni autonome: una dedicata alla formazione dei giudici e una riservata ai pubblici ministeri. Le regole di avanzamento di carriera e di valutazione verranno adeguate di conseguenza, in modo da riflettere la natura specifica dei ruoli e le diverse funzioni che ciascun magistrato esercita.
Dal punto di vista costituzionale, la riforma modifica l’articolo 104 e introduce nuovi articoli che disciplinano la struttura dei Consigli autonomi e la separazione dei percorsi professionali. Resta fermo il principio dell’obbligatorietà dell’azione penale, ma con una più netta distinzione tra la funzione di indagine e quella di giudizio. Il legislatore ha sottolineato che la separazione non comporta alcuna subordinazione del pubblico ministero al potere esecutivo, ma rafforza la sua autonomia attraverso un organo di autogoverno specifico.
L’approvazione definitiva non segna però l’entrata in vigore immediata della riforma. Non avendo ottenuto la maggioranza dei due terzi in entrambe le Camere, la legge dovrà passare attraverso un referendum confermativo, che offrirà ai cittadini la possibilità di ratificare o respingere le modifiche costituzionali. In attesa della consultazione, restano operative le norme vigenti, mentre il governo e il Parlamento dovranno predisporre le leggi attuative necessarie per disciplinare la fase transitoria e l’organizzazione dei nuovi organi.
La riforma, che incide su uno degli aspetti più sensibili dell’ordinamento democratico, viene presentata dal governo come un passo decisivo verso una giustizia più trasparente, efficiente e coerente con i principi di separazione dei poteri. Secondo i sostenitori, la netta distinzione tra accusa e giudizio eliminerà ogni ambiguità e rafforzerà la fiducia dei cittadini nelle istituzioni. Le opposizioni e una parte della magistratura, invece, sollevano perplessità sull’equilibrio dei poteri e sulla possibilità che la nuova architettura apra spazi di influenza politica sull’azione penale. Il dibattito rimane aperto e si sposterà ora sul piano del voto popolare, dove la riforma sarà sottoposta al giudizio diretto degli elettori.

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