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Pechino introduce sussidi energetici per favorire i chip nazionali e ridurre la dipendenza da Nvidia

Il governo cinese ha avviato un programma di incentivi energetici destinato ai data center che utilizzano chip di produzione nazionale, nell’ambito di una strategia mirata a ridurre la dipendenza tecnologica da società straniere come Nvidia. La misura prevede un taglio significativo delle bollette elettriche per le aziende che impiegano processori sviluppati da produttori locali e che rinunciano all’utilizzo di hardware straniero per l’elaborazione dei dati legati all’intelligenza artificiale. L’obiettivo è duplice: rafforzare l’autonomia tecnologica del Paese e sostenere la competitività delle industrie cinesi in un settore chiave come quello dei semiconduttori avanzati.


Il programma è già in fase di implementazione in alcune province, tra cui Guizhou, Gansu e Mongolia Interna, aree scelte per la loro disponibilità di energia e per la concentrazione crescente di data center. Le autorità locali applicano sconti fino al 50 per cento sulle tariffe energetiche alle imprese che dimostrano di utilizzare esclusivamente chip cinesi, come quelli prodotti da Huawei o da società emergenti del comparto nazionale dei semiconduttori. La riduzione dei costi energetici, che rappresentano una parte rilevante della spesa operativa di un data center, costituisce un incentivo diretto ad abbandonare i processori importati, in particolare quelli americani.


L’iniziativa si inserisce nel più ampio piano del governo di Pechino per raggiungere l’autosufficienza tecnologica, uno dei pilastri della politica industriale delineata negli ultimi anni e accentuata dal conflitto commerciale con gli Stati Uniti. L’obiettivo è limitare l’impatto delle restrizioni imposte da Washington sull’export di tecnologie avanzate, che hanno colpito duramente l’accesso della Cina a chip di fascia alta indispensabili per lo sviluppo di applicazioni di intelligenza artificiale, supercalcolo e analisi dati. Il governo cinese intende così accelerare la crescita di un ecosistema nazionale di semiconduttori, riducendo il divario ancora esistente con i principali competitor occidentali.


Il settore dell’intelligenza artificiale è uno dei più esposti agli effetti di questa politica. I processori Nvidia, in particolare le serie A100 e H100, sono diventati lo standard globale per l’elaborazione di modelli di intelligenza artificiale di grandi dimensioni, ma le restrizioni statunitensi ne hanno fortemente limitato la disponibilità in Cina. Per aggirare questa dipendenza, le imprese tecnologiche locali stanno investendo su chip nazionali come i modelli Ascend di Huawei o Cambricon, che però presentano ancora un rendimento inferiore. I sussidi sulle bollette elettriche servono proprio a compensare questa minore efficienza, offrendo alle aziende un vantaggio economico sufficiente per rendere competitiva la scelta dei chip domestici.


Le autorità cinesi puntano inoltre a distribuire la capacità di calcolo in aree geograficamente meno sviluppate, dove il costo dell’energia è più basso e dove gli incentivi possono stimolare la crescita di nuovi poli tecnologici. L’obiettivo è spostare parte dell’infrastruttura digitale lontano dai grandi centri urbani e ridurre la pressione sulla rete elettrica delle regioni costiere, favorendo allo stesso tempo la creazione di ecosistemi industriali locali. Le province che aderiscono al programma ricevono fondi aggiuntivi e priorità negli investimenti infrastrutturali, in modo da consolidare la rete di supporto necessaria per ospitare i nuovi centri di calcolo.


L’intervento del governo rappresenta un ulteriore passo nella costruzione di un mercato interno protetto, in cui le aziende nazionali vengono incentivate a utilizzare componenti prodotti localmente. La politica dei sussidi energetici, unita a quella fiscale e creditizia già in vigore per le imprese del settore, delinea un sistema integrato di sostegno che abbraccia l’intera filiera, dalla produzione dei chip alla gestione dei data center. In questo modo, Pechino cerca di stimolare la domanda di prodotti domestici e di creare le condizioni per il raggiungimento della massa critica necessaria allo sviluppo industriale autonomo.


Le ripercussioni sul mercato internazionale sono immediate. Nvidia rischia di perdere una parte significativa del proprio fatturato in Cina, uno dei principali mercati per i suoi prodotti destinati all’intelligenza artificiale. Al tempo stesso, le aziende cinesi cercano di accelerare la ricerca e l’innovazione per colmare il divario tecnologico e ridurre la dipendenza dalle importazioni. Le università e i centri di ricerca statali sono coinvolti nello sviluppo di nuove architetture di calcolo e algoritmi ottimizzati per i chip nazionali, con l’obiettivo di creare un’infrastruttura di intelligenza artificiale completamente cinese.


La mossa di Pechino conferma la volontà di utilizzare tutti gli strumenti a disposizione, compresi quelli energetici, per spingere l’autonomia tecnologica e consolidare il controllo strategico sulle infrastrutture digitali. La combinazione di incentivi economici, politiche industriali e regolamentazione diretta dell’energia rafforza il modello di governance che unisce lo sviluppo tecnologico all’intervento statale, trasformando l’autosufficienza nei semiconduttori in un obiettivo politico e geopolitico di lungo periodo.

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