Giustizia, Fratelli d’Italia propone lo stop alla gogna mediatica: iscrizione nel registro degli indagati solo dopo la notifica dell’atto
- piscitellidaniel
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Fratelli d’Italia ha presentato una proposta di legge destinata a riaccendere il dibattito sul rapporto tra giustizia e informazione. Il testo, depositato in Parlamento e già oggetto di discussione politica, mira a introdurre un limite alla divulgazione delle iscrizioni nel registro degli indagati, prevedendo che queste possano essere comunicate solo dopo la notifica effettiva all’interessato. L’obiettivo dichiarato è quello di porre fine a quella che il partito definisce “la gogna mediatica preventiva”, ossia la diffusione di notizie che riguardano indagini ancora in fase preliminare e spesso destinate a concludersi senza conseguenze giudiziarie.
La proposta si inserisce in un contesto di forte tensione sul tema della tutela della reputazione e del diritto all’informazione. Secondo i promotori, l’attuale disciplina consente la pubblicazione di informazioni che, pur non provenendo ufficialmente dagli uffici giudiziari, finiscono per determinare un danno irreparabile alla persona coinvolta, alimentando processi mediatici prima ancora che quelli giudiziari. La misura punta a introdurre un principio di riservatezza analogo a quello già previsto in altri ordinamenti europei, in base al quale l’iscrizione nel registro delle notizie di reato è un atto interno dell’autorità giudiziaria, privo di rilevanza esterna fino al momento in cui il soggetto ne venga formalmente a conoscenza.
Il disegno di legge, elaborato su impulso del gruppo parlamentare di Fratelli d’Italia e sostenuto anche da parte della maggioranza di governo, prevede modifiche all’articolo 335 del codice di procedura penale, quello che disciplina l’iscrizione delle notizie di reato e la possibilità per gli indagati o i loro difensori di accedere alle informazioni sullo stato delle indagini. L’obiettivo è rendere più stringente il regime di riservatezza, evitando che la notizia dell’iscrizione diventi pubblica prima della comunicazione ufficiale. L’accesso al registro resterebbe consentito solo alla persona indagata, al suo difensore e, naturalmente, agli organi inquirenti.
Tra le motivazioni alla base della proposta, i firmatari sottolineano la necessità di tutelare la dignità dei cittadini coinvolti in indagini che spesso non portano all’esercizio dell’azione penale. Secondo le statistiche del Ministero della Giustizia, una percentuale significativa delle iscrizioni si conclude con l’archiviazione o con l’assoluzione dell’imputato. Tuttavia, la diffusione iniziale della notizia può generare danni permanenti alla reputazione e alla carriera dei soggetti coinvolti, soprattutto quando si tratta di figure pubbliche o professionisti esposti mediaticamente. Il meccanismo proposto punta quindi a riequilibrare il rapporto tra diritto di cronaca e presunzione di innocenza, rafforzando le garanzie individuali.
Il dibattito sulla proposta ha suscitato immediate reazioni all’interno della magistratura e del mondo dell’informazione. Alcune associazioni di magistrati hanno espresso perplessità, sostenendo che la norma rischierebbe di limitare la trasparenza e di ostacolare il controllo democratico sull’operato della giustizia. Altri osservatori, invece, riconoscono la necessità di una regolamentazione più rigorosa, ricordando che la fuga di notizie da procedimenti in corso rappresenta un problema strutturale e compromette l’efficacia stessa delle indagini. Le redazioni giornalistiche e le organizzazioni per la libertà di stampa hanno sottolineato che il diritto all’informazione non può essere compresso in nome della riservatezza, ma deve convivere con il principio di proporzionalità e con la tutela della persona.
Dal punto di vista tecnico, la proposta si collega al principio di presunzione di innocenza, sancito dall’articolo 27 della Costituzione e rafforzato da una direttiva europea recepita in Italia nel 2021. Tale direttiva impone agli Stati membri di adottare misure per evitare che un individuo sia presentato come colpevole prima che la sua responsabilità sia stata accertata da una sentenza definitiva. Fratelli d’Italia sostiene che la pubblicità delle iscrizioni nel registro violi questo principio, creando un pregiudizio mediatico difficilmente reversibile. La riforma, quindi, avrebbe lo scopo di adeguare la disciplina interna agli standard europei, eliminando una zona grigia che da anni alimenta tensioni tra giustizia, politica e stampa.
La questione si intreccia con un altro tema delicato: la gestione delle comunicazioni ufficiali da parte delle procure. L’esperienza degli ultimi anni ha mostrato che molte informazioni relative alle indagini finiscono sui media attraverso canali informali, spesso prima ancora che le parti ne siano formalmente informate. Il disegno di legge intende anche responsabilizzare gli uffici giudiziari e i pubblici ministeri nella gestione della riservatezza, introducendo sanzioni per la divulgazione non autorizzata di dati coperti da segreto. Un punto che potrebbe però aprire un fronte di scontro con l’Associazione Nazionale Magistrati, preoccupata per le possibili limitazioni all’autonomia investigativa.
Sul piano politico, la proposta ha ricevuto il sostegno di ampie aree della maggioranza, che la considerano una misura di civiltà giuridica. Lega e Forza Italia hanno espresso apprezzamento per l’intento di “porre fine alla spettacolarizzazione della giustizia”, mentre dall’opposizione sono arrivate critiche severe. Il Partito Democratico e il Movimento 5 Stelle hanno definito la proposta “un bavaglio alla stampa” e “un tentativo di limitare il diritto dei cittadini a essere informati su vicende di interesse pubblico”. Per le forze progressiste, il rischio è quello di introdurre un regime di opacità che ridurrebbe la possibilità di monitorare eventuali abusi o favoritismi nei confronti di persone influenti.
In ambito accademico, diversi giuristi hanno evidenziato la difficoltà di trovare un equilibrio tra la tutela della reputazione individuale e il diritto di cronaca. Alcuni sostengono che la pubblicità delle indagini, se gestita correttamente, può contribuire a rafforzare la fiducia dei cittadini nella giustizia, mentre altri ritengono che la diffusione prematura delle informazioni comprometta l’imparzialità del processo e la serenità degli inquirenti. In ogni caso, la proposta di Fratelli d’Italia riporta al centro del dibattito una questione mai risolta: come conciliare la trasparenza del sistema giudiziario con il rispetto dei diritti fondamentali della persona.
La discussione parlamentare si annuncia complessa e destinata a proseguire nei prossimi mesi. La Commissione Giustizia dovrà esaminare il testo e valutarne la compatibilità con le norme vigenti e con i principi costituzionali. Al di là del merito specifico, il disegno di legge rappresenta un banco di prova per l’intera maggioranza, chiamata a dimostrare di saper intervenire su un tema sensibile come la giustizia senza compromettere l’equilibrio tra poteri e libertà fondamentali. L’obiettivo dichiarato è quello di ridurre gli abusi e proteggere la presunzione di innocenza, ma l’esito del confronto politico determinerà se la riforma potrà effettivamente tradursi in un passo avanti verso un sistema più giusto e rispettoso dei diritti individuali.

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