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Milleri su Mediobanca: “Nagel sta cercando di cambiare la banca”. Riconoscimento al nuovo corso strategico dell’istituto

Francesco Milleri, presidente di Delfin e figura centrale nel panorama della finanza italiana, ha rilasciato dichiarazioni di forte rilevanza sul percorso intrapreso da Mediobanca, esprimendo un inedito apprezzamento nei confronti dell’amministratore delegato Alberto Nagel. “Sta cercando di cambiare la banca e va riconosciuto”, ha detto Milleri in un’intervista pubblica, commentando l’evoluzione dell’istituto nel quadro del nuovo piano industriale e delle tensioni che hanno caratterizzato negli ultimi anni il rapporto tra Mediobanca e il primo azionista Delfin.


Le parole di Milleri rappresentano un punto di svolta nei rapporti tra la holding fondata da Leonardo Del Vecchio e la banca di Piazzetta Cuccia, dopo stagioni di forti divergenze strategiche culminate in aspri scontri sul governo societario. Delfin detiene attualmente circa il 20% del capitale di Mediobanca ed è, di fatto, il primo socio. Fino a pochi mesi fa, la posizione della holding era stata fortemente critica nei confronti della gestione Nagel, accusata di mantenere un modello di business eccessivamente ancorato al passato e poco coraggiosa nel ridisegnare la missione della banca in chiave europea.


Con la presentazione del piano strategico 2023-2026, però, la prospettiva è mutata. Il piano – denominato “One Brand One Culture” – punta con decisione sull’integrazione delle attività di private banking, asset management e corporate investment banking in un unico disegno coerente. L’obiettivo dichiarato è quello di trasformare Mediobanca da una boutique finanziaria di élite in un gruppo capace di agire in modo integrato e competitivo sui mercati europei. Tra i pilastri del piano, vi sono la crescita organica attraverso l’innovazione nei servizi digitali, l’aumento della quota di profitti ricorrenti, e l’incremento del patrimonio gestito nel wealth management.


Al centro della strategia vi è anche il rafforzamento della leadership italiana di Mediobanca nel segmento private, puntando a una crescita del 40% delle masse gestite entro il 2026. Particolare attenzione è rivolta allo sviluppo della clientela imprenditoriale, al potenziamento del modello multicanale e alla sinergia tra le controllate, come CheBanca! e CMB Monaco. Questo nuovo corso strategico è stato accolto positivamente dal mercato, con gli analisti che hanno rivisto al rialzo le stime di crescita e redditività, in un contesto macroeconomico in miglioramento ma ancora segnato da sfide inflattive e instabilità geopolitiche.


Il cambio di tono da parte di Delfin, e in particolare di Milleri, ha un significato non solo finanziario ma anche istituzionale. Durante le assemblee degli ultimi anni, Delfin ha ripetutamente votato contro la conferma degli organi sociali proposti da Mediobanca, segnalando la volontà di cambiare profondamente la governance e la strategia della banca. Il riconoscimento degli sforzi di Nagel, espresso pubblicamente, sembra indicare una distensione nei rapporti tra proprietà e management, che potrebbe tradursi in un maggior allineamento sulle future scelte strategiche.


Parallelamente, resta viva l’attenzione sul ruolo di Mediobanca nel sistema finanziario italiano, anche alla luce dell’evoluzione della propria partecipazione in Generali. Il gruppo ha infatti confermato l’intenzione di mantenere la quota del 12,8% nel Leone, ma con l’obiettivo di valorizzare al meglio l’investimento, in linea con la logica industriale e finanziaria del piano in corso. La relazione con Generali, che è stato al centro di numerose controversie passate, è oggi gestita con maggiore equilibrio, anche grazie all’assetto di governance rafforzato e alla rinnovata fiducia nei vertici di Trieste.


Mediobanca si trova oggi in una fase cruciale del proprio processo evolutivo. Il progressivo spostamento verso un modello bancario più moderno e competitivo passa anche da un rapporto più trasparente con i propri grandi azionisti, tra cui spiccano, oltre a Delfin, investitori istituzionali internazionali e fondi di lungo termine. In questo scenario, le parole di Francesco Milleri possono essere interpretate come un’apertura a un dialogo più costruttivo, che potrebbe favorire stabilità e continuità nella realizzazione del piano strategico.

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