Le banche italiane tra redditività e rischio sistemico
- Giuseppe Politi

- 14 ott
- Tempo di lettura: 1 min
Dopo anni di turbolenze, le banche italiane vivono una fase di apparente prosperità. gli utili record del 2024 e del 2025 hanno generato un senso di solidità che nasconde tuttavia tensioni profonde. la crescita della redditività, dovuta soprattutto all’aumento dei tassi di interesse, non corrisponde a un rafforzamento del legame con l’economia reale. il credito alle imprese si è contratto, la domanda di mutui è crollata e la liquidità è tornata a concentrarsi nelle mani di pochi grandi operatori.
questa “bolla di redditività” potrebbe sgonfiarsi rapidamente se il ciclo economico europeo rallentasse ulteriormente. il sistema bancario italiano, per quanto più capitalizzato rispetto al passato, resta esposto alla volatilità dei mercati e alla vulnerabilità del debito pubblico. le banche hanno ridotto il rischio di credito, ma non quello di mercato: il legame strutturale con i titoli di stato rimane un punto debole.
parallelamente, l’espansione digitale sta ridefinendo i confini dell’intermediazione. i nuovi attori fintech e le piattaforme di pagamento riducono il margine operativo delle banche tradizionali, costringendole a ripensare i modelli di servizio. la filiale fisica lascia il posto a canali ibridi e consulenza personalizzata, ma la trasformazione è lenta e disomogenea.
ciò che serve è un nuovo equilibrio: un sistema bancario capace di coniugare prudenza e sviluppo, garantendo accesso al credito anche alle imprese più piccole. la banca del futuro dovrà essere non solo solida ma inclusiva, fondata su relazioni e competenze, non solo su algoritmi e spread.
il 2026 sarà l’anno della verità: o la redditività bancaria si trasformerà in motore di sviluppo o resterà un successo contabile, incapace di tradursi in valore per l’economia reale.

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