Democratici all’attacco: si indaghi su Trump per sospetto insider trading dopo l’annuncio sui dazi
- piscitellidaniel
- 10 apr
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Il Partito Democratico ha avviato una nuova offensiva contro Donald Trump, sollevando sospetti su un possibile caso di insider trading legato a recenti sviluppi in materia di politica commerciale. A dare il via al fronte accusatorio è stato il senatore Adam Schiff, già noto per aver guidato il primo procedimento di impeachment nei confronti dell’ex presidente e per la sua attività nel comitato d’inchiesta sul ruolo di Trump nell’assalto al Congresso del 6 gennaio 2021. Ora Schiff chiede al Congresso di fare luce su una questione che incrocia finanza, politica e presunta auto-promozione.
Il caso ruota attorno alla decisione improvvisa dell’amministrazione Trump di sospendere l’imposizione di nuovi dazi sulle importazioni da alcuni paesi strategici, decisione comunicata senza preavviso e che ha avuto un immediato impatto positivo sui mercati finanziari. In particolare, gli indici statunitensi hanno registrato un rialzo repentino, con un effetto particolarmente pronunciato sul titolo della Trump Media & Technology Group, quotata con il ticker DJT, che porta proprio le iniziali dell’ex presidente. Nelle ore precedenti e successive all’annuncio, Trump ha pubblicato post sui social in cui esortava i sostenitori ad "acquistare DJT", con chiari riferimenti alla sua società.
Secondo Schiff, tale comportamento solleva interrogativi legittimi su un possibile uso delle informazioni di politica economica per fini speculativi personali o del suo entourage. Da qui la richiesta di avviare un'indagine approfondita per accertare se ci siano state operazioni di compravendita di titoli azionari da parte di soggetti collegati all'ex presidente in prossimità dell’annuncio sui dazi, e se tali operazioni siano riconducibili a un uso improprio di informazioni riservate.
Oltre a Schiff, anche altri esponenti democratici hanno espresso forti preoccupazioni. Il senatore Tim Kaine ha definito l’episodio “profondamente allarmante” e ha chiesto che la Commissione Finanze del Senato sia messa in condizione di accedere ai registri delle transazioni finanziarie sospette effettuate nei giorni precedenti all’annuncio. La senatrice Tina Smith ha sottolineato come il comportamento di Trump rischi di minare la fiducia nelle istituzioni economiche e finanziarie del paese, mentre il deputato Steven Horsford, presidente del Congressional Black Caucus, ha affermato che l’ex presidente "sta usando il suo potere politico per manipolare il mercato a proprio vantaggio".
Ad aggravare la posizione di Trump, almeno sul piano politico, è stata la dichiarazione del Segretario al Tesoro Scott Bessent, secondo cui la sospensione dei dazi è stata discussa “in via confidenziale” con l’ex presidente pochi giorni prima del comunicato ufficiale. Bessent ha tuttavia negato ogni coordinamento con finalità speculative e ha definito “irragionevoli” le accuse di manipolazione del mercato.
Il caso, sebbene ancora lontano da una formalizzazione giudiziaria, ha già generato un acceso dibattito in Congresso. Alcuni esponenti repubblicani hanno bollato le accuse come "l’ennesimo tentativo di distrazione orchestrato dai democratici in vista delle elezioni del 2024", mentre altri hanno chiesto maggiore trasparenza anche da parte della Commissione Borsa e Valori (SEC), sollecitata a intervenire per valutare la regolarità delle operazioni finanziarie legate ai titoli direttamente collegabili a Trump.
Non si tratta della prima volta che il comportamento finanziario dell’ex presidente finisce sotto i riflettori. Già durante il suo primo mandato alla Casa Bianca, l’allora presidente era stato accusato di conflitti d’interesse derivanti dalla gestione delle sue attività imprenditoriali. Nonostante le promesse di “blind trust” e separazione tra incarico pubblico e affari privati, sono stati numerosi i casi in cui giornalisti e opposizione hanno denunciato sovrapposizioni sospette.
L’inchiesta richiesta da Schiff, pur non dotata al momento di poteri di citazione obbligatoria, potrebbe aprire la strada a una mobilitazione istituzionale più ampia, specie se emergessero elementi tali da indurre la SEC o il Dipartimento di Giustizia a intervenire. Al momento, la Casa Bianca non ha rilasciato dichiarazioni ufficiali in merito, mentre la Trump Media & Technology Group si è limitata a un comunicato in cui afferma che “le fluttuazioni di mercato non sono mai state né promosse né previste da membri della società”, definendo le accuse “prive di fondamento”.
Intanto, il titolo DJT continua a essere oggetto di forti oscillazioni, alimentate dalle polemiche politiche e dall’attenzione mediatica. Alcuni analisti finanziari hanno osservato che, anche solo per l’apparenza del conflitto, sarebbe stato opportuno da parte dell’ex presidente evitare ogni tipo di comunicazione su titoli legati alla sua persona, tanto più in momenti di grande sensibilità economica e geopolitica.
Il dibattito si inserisce in un contesto già molto polarizzato in vista della prossima tornata elettorale, con Trump in corsa per un nuovo mandato e i democratici determinati a mettere in discussione la sua affidabilità e la sua etica nella gestione della cosa pubblica.
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