BP torna al fossile: la compagnia abbandona l'ambizione green e rilancia su petrolio e gas
- piscitellidaniel
- 29 apr
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La svolta annunciata da BP (British Petroleum) segna un punto di rottura con la traiettoria strategica delineata negli ultimi anni e conferma il ritorno della compagnia anglosassone verso le fonti fossili tradizionali. Dopo un quinquennio contrassegnato da annunci e investimenti volti a fare della major britannica una delle protagoniste della transizione energetica, la nuova linea aziendale sconfessa le aspirazioni di leadership nel settore delle rinnovabili e torna a puntare decisamente su petrolio e gas.
Il cambio di rotta è stato formalizzato con la presentazione dei conti trimestrali e delle nuove strategie industriali. Gli investimenti previsti nel core business oil & gas aumentano sensibilmente, mentre le risorse destinate all’eolico offshore, al solare e all’idrogeno verde vengono ridotte. La compagnia ha giustificato la scelta con motivazioni legate alla redditività, alla domanda ancora robusta di idrocarburi e alla necessità di garantire dividendi sostenibili per gli azionisti. Il nuovo corso ha ricevuto un’accoglienza positiva dai mercati: il titolo BP ha registrato un rialzo immediato alla Borsa di Londra dopo la comunicazione.
A guidare la revisione della strategia è il nuovo amministratore delegato Murray Auchincloss, subentrato a Bernard Looney, promotore nel 2020 del piano "Reinvent BP", in cui l’azienda si proponeva di ridurre del 40% la produzione di petrolio entro il 2030 e di diventare una "energy company" low-carbon. Quel piano prevedeva investimenti fino a 5 miliardi di dollari l’anno in tecnologie rinnovabili, cattura della CO₂ e mobilità elettrica. Oggi, quel modello viene messo in pausa a favore di un approccio “dual track”: continuare a investire in energia pulita, ma senza penalizzare la produzione fossile.
Nel primo trimestre 2025, BP ha registrato utili netti per 2,7 miliardi di dollari, un risultato superiore alle attese degli analisti, grazie anche all’incremento dei prezzi del gas naturale e all’aumento della produzione nel Golfo del Messico. La performance è stata sostenuta anche dalle attività di trading, che hanno beneficiato dell’elevata volatilità dei mercati energetici. Nonostante il ridimensionamento della componente green, BP mantiene comunque alcuni progetti in ambito rinnovabile, ma con ambizioni più contenute rispetto al passato.
Il ritorno al fossile non è un caso isolato. Anche altre major, tra cui Shell, ExxonMobil e Chevron, hanno progressivamente rivisto le loro politiche ambientali, accantonando temporaneamente i piani di decarbonizzazione per concentrarsi sul core business in un contesto di instabilità geopolitica, tensioni sui mercati dell’energia e incertezze normative. Le difficoltà nel generare rendimenti soddisfacenti dagli investimenti green hanno reso più difficile per i grandi gruppi mantenere l’impegno verso la carbon neutrality, soprattutto in un momento in cui il settore oil & gas continua a garantire margini elevati.
La decisione di BP solleva interrogativi anche sul futuro della transizione energetica europea. Nei mesi scorsi, l’Unione Europea aveva puntato molto sul coinvolgimento delle grandi aziende energetiche nel raggiungimento degli obiettivi climatici al 2030 e al 2050. L’arretramento di BP rischia di raffreddare anche gli entusiasmi politici verso le rinnovabili, in un momento in cui i costi di produzione rimangono elevati e i tempi di ritorno degli investimenti troppo lunghi rispetto alle esigenze degli investitori.
Nel comunicato ufficiale, BP ha comunque ribadito di rimanere impegnata nei confronti della neutralità climatica, ma ha precisato che i traguardi saranno modulati in base all’evoluzione dei mercati e all’effettiva disponibilità tecnologica. Il taglio alla produzione di petrolio entro il 2030, inizialmente previsto al 40%, è stato rivisto al 25%. Parallelamente, gli investimenti green vengono ridotti da 5 a 3 miliardi di dollari l’anno, con la possibilità di rialzi solo in presenza di condizioni di mercato favorevoli.
La mossa di BP riflette un nuovo realismo energetico che sta prendendo piede tra le grandi compagnie internazionali. Il contesto attuale, segnato da instabilità geopolitica, rallentamento economico globale e inflazione energetica, ha messo sotto pressione i modelli di business orientati esclusivamente alla transizione ecologica. In questo quadro, le aziende sembrano preferire strategie flessibili che consentano di muoversi tra le fonti fossili e le tecnologie pulite a seconda della congiuntura.
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