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Bce verso l'ottavo taglio dei tassi nonostante l'incertezza sui dazi USA



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La Banca centrale europea sembra decisa a procedere con l’ottavo taglio consecutivo dei tassi di interesse nella prossima riunione del Consiglio direttivo, ignorando le turbolenze legate alla politica commerciale statunitense. Nonostante il clima di incertezza generato dai dazi annunciati da Donald Trump, l’Eurotower si appresta a confermare la propria linea di politica monetaria espansiva, ponendo al centro l’obiettivo della stabilizzazione dell’inflazione. Dopo l’ultima riduzione di 25 punti base, la settima da giugno 2024, gli operatori si attendono un nuovo abbassamento dei tassi. A guidare le scelte di Francoforte resta il costante monitoraggio dell’andamento dei prezzi, anche se l’instabilità economica globale rende difficile tracciare una traiettoria certa. “Non ci impegniamo preventivamente su un percorso predefinito per i tassi di interesse, soprattutto in presenza di shock caratterizzati da elevata incertezza”, ha dichiarato Christine Lagarde, presidente della Bce, intervenendo al 51esimo meeting dell’International Monetary and Financial Committee a Washington. La leader dell’Eurotower ha ribadito che le decisioni continueranno a essere basate su dati aggiornati, valutando ad ogni incontro quale sia la strada più opportuna per mantenere l’inflazione intorno al 2% nel medio termine. Anche il Fondo monetario internazionale condivide questa visione. Secondo Alfred Kammer, direttore del dipartimento europeo del Fmi, un ulteriore taglio di 25 punti base potrebbe essere sufficiente a mantenere la dinamica dei prezzi su una soglia di neutralità. “Non vediamo la necessità di portare l’inflazione al di sotto del 2%, a meno di shock significativi”, ha sottolineato Kammer, invitando la Bce a completare l’ottavo taglio e successivamente a fermarsi. Tuttavia, il contesto macroeconomico non è privo di rischi. Le nuove stime del Fondo monetario prevedono una crescita più debole per l’Eurozona, con il Pil atteso in calo dall’1% allo 0,8%. Un rallentamento economico che potrebbe esercitare ulteriori pressioni al ribasso sull’inflazione. Nel dibattito interno alla Bce emergono diverse sensibilità. Martin Kazaks, governatore della banca centrale lettone, si mostra tra i più cauti, ritenendo prematuro spingersi sotto il 2% senza evidenze chiare di necessità. Più aperti, invece, i colleghi Olli Rehn e Gediminas Simkus, rispettivamente a capo delle banche centrali di Estonia e Lituania, pronti a considerare nuovi stimoli se le condizioni lo richiedessero. Secondo le previsioni degli economisti di Bank of America, Deutsche Bank e Morgan Stanley, la Bce potrebbe dover spingere il tasso sui depositi fino all’1,5% entro fine anno per sostenere la domanda interna. Tuttavia, ogni decisione dovrà confrontarsi con la variabile più imprevedibile: la guerra commerciale innescata dagli Stati Uniti. La tregua concessa da Trump non garantisce certezze e nuovi sviluppi sono attesi per luglio. Francoforte naviga dunque a vista, determinata a proseguire con il sostegno monetario ma consapevole dei venti contrari che soffiano dall’economia globale.

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