2025, l’anno della transizione incerta: le previsioni economiche tra stabilizzazione e nuove tensioni
- Giuseppe Politi
- 8 apr
- Tempo di lettura: 3 min
Il 2025 si apre sotto il segno dell’incertezza, ma con l’ambizione di tornare a una traiettoria di stabilizzazione dopo anni segnati da eventi straordinari: pandemia, guerre regionali, crisi energetiche e un’inflazione che ha messo a dura prova i bilanci pubblici e privati. I principali centri studi e istituzioni finanziarie convergono su una previsione di rallentamento della crescita globale, accompagnata da un contesto di moderato disinflazionismo e progressiva normalizzazione monetaria.
L’economia italiana dovrebbe crescere tra lo 0,7% e l’1%, secondo le stime più accreditate. Il motore principale resta l’export, sostenuto dalla domanda europea e dal parziale recupero della Germania, nostro primo partner commerciale. L’inflazione, in flessione rispetto ai picchi del biennio precedente, si attesterà intorno al 2,3%, rientrando progressivamente nei target BCE.
Il mercato del lavoro si mantiene sorprendentemente solido, ma mostra segnali di rallentamento in settori a basso valore aggiunto. La disoccupazione si attesterà poco sopra l’8%, con una crescente polarizzazione tra lavoratori altamente qualificati e profili poco specializzati. Le imprese italiane, in particolare quelle medie e medio-grandi, confermano una buona capacità di adattamento, ma lamentano l’assenza di una vera politica industriale che le accompagni nella transizione digitale ed ecologica.
Il Vecchio Continente, dopo aver evitato la recessione tecnica nel 2024, affronterà il 2025 con una crescita modesta, attorno all’1,2%. Il nodo centrale resta l’armonizzazione fiscale e l’implementazione del Patto di Stabilità rivisto, che dovrebbe entrare pienamente in vigore nel secondo semestre. Il ritorno del dibattito sulla mutualizzazione del debito e sulle regole di governance economica potrebbe rappresentare una frattura tra i Paesi “frugali” del Nord e quelli più indebitati del Sud, Italia in primis.
La Banca Centrale Europea manterrà un atteggiamento prudente: attese al massimo due riduzioni del tasso di riferimento nel corso dell’anno, in funzione dei dati sull’inflazione core. L’obiettivo resta quello di sostenere la domanda interna senza alimentare nuove spirali inflattive.
Dall’altra parte dell’Atlantico, gli Stati Uniti sembrano destinati a un “soft landing” dopo la fase di stretta monetaria più aggressiva degli ultimi decenni. La crescita stimata si attesta intorno all’1,8%, con un’inflazione in graduale discesa verso il 2%. Tuttavia, il contesto elettorale e l’incertezza geopolitica rischiano di introdurre elementi di volatilità nei mercati.
La Federal Reserve si muoverà con cautela: la fine del ciclo restrittivo è vicina, ma l’orientamento sarà reattivo ai dati macro. Il mercato del lavoro americano resta solido, mentre la produttività segna un lieve recupero, grazie anche alla crescente adozione di tecnologie legate all’intelligenza artificiale e all’automazione avanzata.
Il dragone cinese, dopo un 2024 sottotono, è atteso a una crescita più solida (intorno al 4,7%), ma fortemente disomogenea. Il governo di Pechino punterà su infrastrutture e manifattura ad alta tecnologia per rilanciare la domanda interna, mantenendo sotto controllo l’indebitamento sistemico del settore immobiliare. L’export resta penalizzato dalle tensioni commerciali con gli Stati Uniti e da un progressivo decoupling tecnologico.
L’India si conferma invece la grande protagonista del continente asiatico, con una crescita superiore al 6%. Demografia favorevole, investimenti esteri in crescita e politiche industriali mirate rendono Nuova Delhi il nuovo epicentro dell’interesse globale, in particolare nel settore digitale e manifatturiero avanzato.
Sul piano geopolitico, il 2025 non promette quiete. Il conflitto in Ucraina e le tensioni in Medio Oriente continuano a generare incertezze sui mercati energetici, mentre il tema della sicurezza delle catene di fornitura spinge le principali economie verso politiche industriali sempre più protezionistiche. La frammentazione del commercio globale, il ritorno a logiche di blocco e la corsa all’autosufficienza tecnologica modificheranno strutturalmente gli equilibri economici.
Il 2025 sarà, con ogni probabilità, un anno di transizione complessa. Non si può parlare di ripresa robusta, ma nemmeno di stagnazione. I driver della crescita si stanno ricomponendo su nuove basi: sostenibilità, digitalizzazione, riorganizzazione delle catene del valore e ridefinizione delle politiche pubbliche.
Per l’Italia, la sfida sarà duplice: consolidare la propria competitività all’interno di un’Europa che si ridefinisce e cogliere con pragmatismo le opportunità offerte dalla nuova stagione del PNRR e dai fondi strutturali. Il tempo delle attese è finito: il 2025 chiede visione, esecuzione e coerenza.
Comments