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Produzione di plastica riciclata in aumento nel 2024: +32%, ma il settore perde fatturato e affronta sfide strategiche

Nel 2024 la produzione di plastica riciclata in Italia ha raggiunto livelli record, toccando quota 1,2 milioni di tonnellate, con un incremento del 32% rispetto all’anno precedente. Nonostante la crescita a doppia cifra sul fronte produttivo, l’intero comparto ha visto ridursi il proprio fatturato complessivo del 5%, passando da 1,5 miliardi di euro a circa 1,425 miliardi. Il dato riflette un contesto economico complesso, in cui dinamiche internazionali, pressioni sui prezzi e criticità tecnologiche mettono a dura prova la sostenibilità economica di un settore chiave per la transizione ecologica del Paese.


L’analisi condotta da Plastic Consult per conto di Assorimap, l’associazione delle aziende del riciclo della plastica, evidenzia come l’incremento produttivo sia stato trainato da fattori strutturali e regolatori. La crescita della raccolta differenziata, l’ampliamento della capacità impiantistica e l’effetto delle normative europee – in primis la Direttiva SUP e le misure collegate al Green Deal – hanno contribuito ad aumentare il volume di materiale trattato e immesso sul mercato come materia prima seconda.


Le aziende del riciclo si trovano però in una posizione ambivalente: da un lato beneficiano della crescente domanda di soluzioni sostenibili da parte di brand e consumatori; dall’altro subiscono la concorrenza, spesso sleale, dei materiali vergini di importazione, i cui prezzi sono in molti casi più competitivi rispetto a quelli del riciclato. A incidere è anche la flessione dei costi delle materie prime tradizionali, dovuta in parte alla volatilità dei mercati energetici e al calo della domanda globale, che ha indebolito la competitività economica del polimero riciclato.


Il 2024 ha inoltre segnato un aumento generalizzato dei costi di produzione per gli operatori del comparto. Le imprese hanno investito in nuove tecnologie di selezione, lavaggio e rigenerazione per ottenere plastiche adatte a usi sempre più sofisticati, soprattutto in ambito alimentare e cosmetico, dove i requisiti normativi sono più stringenti. Tuttavia, tali investimenti non si sono ancora tradotti in un corrispondente aumento dei margini economici, lasciando molte aziende in una condizione di fragilità.


La qualità del materiale riciclato continua a rappresentare una sfida cruciale. L’industria richiede plastiche con prestazioni meccaniche e chimiche comparabili a quelle dei materiali vergini, ma ottenere questi standard a partire da rifiuti eterogenei comporta processi di lavorazione complessi e costosi. Per questo motivo, una quota significativa del PET, PE e PP riciclati viene ancora destinata a usi secondari, come l’edilizia o l’arredo urbano, piuttosto che al packaging di fascia alta.


Dal punto di vista istituzionale, l’Italia ha avviato diverse misure per sostenere il comparto. Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) ha stanziato fondi dedicati all’economia circolare, anche se le tempistiche di erogazione e l’eccessiva frammentazione dei bandi ne hanno limitato finora l’impatto sistemico. La Strategia Nazionale per l’Economia Circolare prevede un incremento delle filiere di riciclo e l’introduzione di obblighi minimi di contenuto riciclato nei prodotti, ma resta da vedere se e come queste norme verranno effettivamente attuate.


Secondo i dati del 2024, il tasso di utilizzo della plastica riciclata nel totale del consumo nazionale si è attestato intorno al 16%, ancora lontano dai target europei per il 2030, che prevedono una soglia minima del 25-30% in molti settori. In questo contesto, è crescente il richiamo da parte delle associazioni di categoria a rafforzare gli strumenti di incentivo fiscale, le misure di sostegno alla domanda e l’armonizzazione delle regole tecniche sui materiali secondari.


Il quadro è reso ancora più complesso dall’ascesa delle importazioni di plastica da riciclo da paesi extra-UE, spesso prive degli stessi standard qualitativi e ambientali richiesti in Europa. Questa dinamica non solo genera una concorrenza al ribasso, ma alimenta il rischio di dumping ambientale e sociale, mettendo in crisi le aziende italiane che hanno investito per adeguarsi a norme rigorose.


Malgrado tutto, il settore mantiene un ruolo centrale nell’ambito della transizione ecologica. L’industria del riciclo della plastica dà lavoro a circa 4.500 addetti diretti e genera un indotto significativo lungo tutta la filiera, dalla raccolta alla trasformazione. Le imprese più strutturate stanno puntando su modelli di economia circolare integrata, collaborando con la grande distribuzione, il comparto del food&beverage e le pubbliche amministrazioni per sviluppare filiere chiuse in cui il materiale plastico viene recuperato, rigenerato e reintrodotto nel ciclo produttivo.


A livello tecnologico, stanno emergendo soluzioni innovative come il riciclo chimico, che consente di scomporre le plastiche in monomeri per ottenere nuovi materiali con prestazioni equivalenti a quelli vergini. Tuttavia, queste tecnologie sono ancora in fase iniziale e presentano ostacoli economici e normativi da superare.


Il 2024 si chiude quindi con luci e ombre per il settore della plastica riciclata. A fronte di una performance positiva sul piano quantitativo, emergono segnali di allerta sul fronte economico e strategico, che richiedono risposte strutturate da parte delle istituzioni e un maggiore impegno da parte degli attori della filiera per costruire un modello industriale realmente sostenibile, competitivo e resiliente.

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