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Manovra 2026: tassa al 50 % per chi sceglie l’Italia, flat tax più cara e nuove regole per i “super-ricchi”

La prossima legge di bilancio per il 2026 introduce una serie di novità rilevanti nel campo della fiscalità, indirizzate in modo specifico ai contribuenti con elevati patrimoni o con redditi internazionali che decidono di stabilire la propria residenza fiscale in Italia. In particolare, spicca un intervento che porta a una pressione fiscale significativamente aumentata per chi aderisce al regime agevolato noto come «flat tax» riservato ai cosiddetti «ricchi che scelgono l’Italia»: il contributo annuale d’ingresso sale a quota 300 mila euro e, per i redditi derivanti da specifiche condizioni o interventi, si prevede un’aliquota effettiva fino al 50 per cento. Tale misura si inserisce in un quadro più ampio di revisione degli incentivi fiscali diretti all’attrazione di capitali esteri, segnando un rosso stop all’effetto-attrazione “dumping” e una virata verso maggiore equità e sostenibilità del sistema fiscale nazionale.


Il regime agevolato per persone con grandi patrimoni che trasferiscono la residenza in Italia, fino a questo momento considerato un incentivo per attrarre soggetti con redditi esteri, viene dunque soggetto a un restringimento e a una riduzione del vantaggio fiscale. Il passaggio da una tassa fissa di 200 mila euro all’anno fino al recente meccanismo a 300 mila euro rappresenta un cambiamento significativo: delineando un «biglietto d’ingresso» più elevato, il governo intende ristabilire un equilibrio nella platea di contribuenti che beneficiano del regime e contrastare l’idea che l’Italia resti terreno di competizione fiscale sleale. Parallelamente, l’aliquota fino al 50 per cento previsto per alcune fattispecie segnala che i vantaggi concessi saranno più selettivi e condizionati, ponendo vincoli più rigidi a chi usufruisce del regime.


Lo strumento della flat tax per i cosiddetti “impatriati” e contribuenti non residenti era nato con l’obiettivo di favorire l’arrivo di capitali, competenze e soggetti con alto reddito da fuori Italia, facendo leva su una tassazione sostitutiva fissa sui redditi esteri e semplificata. Tuttavia, negli ultimi anni è stata sottoposta a critiche crescenti per la scarsa correlazione tra agevolazioni e benefici reali all’economia italiana, per l’insufficiente trasparenza sui redditi coinvolti e per l’effetto attrazione che alcuni Paesi europei hanno denunciato come forma di concorrenza fiscale. Il nuovo orientamento della Manovra 2026 intende perciò ridefinire l’approccio: non più solo attrarre persone ad alto reddito, ma condizionarne il beneficio a vincoli di investimento, trasparenza e impegno nel tessuto economico nazionale.


Una parte delle novità prevede che il pagamento (la tassa fissa annuale) di 300 mila euro per aderire diventi obbligatorio per chi si avvale del regime, indipendentemente dal reddito effettivamente prodotto all’estero, e che l’agevolazione non sia automatica ma subordinata a condizioni. In particolare, per ottenere il regime favorevole sarà probabilmente richiesto un investimento minimo in titoli, fondi o start-up italiane, o la creazione di posti di lavoro in Italia. Questo collegamento fra agevolazione fiscale e impegno economico interno è indicato come criterio di selezione, al fine di evitare che il regime serva esclusivamente come veicolo di ottimizzazione fiscale e venga priva di impatto sull’economia reale.


La previsione dell’aliquota fino al 50 per cento per i redditi di certa natura si riferisce al fatto che, per soggetti che superano determinati tetti di reddito o che non rispettino i nuovi vincoli di investimento e presenza economica nazionale, potrà essere applicato un trattamento fiscale meno favorevole, con tassazione progressiva ordinaria o con un premio fiscale ridotto. In questo modo, il regime agevolato assume una dimensione più “riformata”, con distinzione fra beneficiari “efficienti” (che rispettano condizioni) e soggetti in posizione più “debole” dal punto di vista di impatto economico-nazionale. Il risultato è una maggiore selettività e una riduzione della platea di soggetti che possono considerare la formula come semplice opzione a basso costo.


Il contesto attorno a queste misure è complesso. Da un lato, l’Italia ha un interesse strategico a mantenere il regime come leva di attrazione di capitali e competenze, in un’Europa in cui molti Paesi competono su fiscalità e residenza. Dall’altro, le esigenze di bilancio e le valutazioni sull’equità fiscale impongono che il regime sia sostenibile e non diventi erogatore di vantaggi sproporzionati. Il governo, nella definizione della Manovra, ha indicato che le coperture necessarie per le modifiche fiscali devono derivare da misure di entrata aggiuntive, fra cui il nuovo contributo da 300 mila euro e l’applicazione dell’aliquota più elevata per alcuni casi. Di fatto, la misura assume un duplice obiettivo: confermare l’Italia come destinazione attrattiva per soggetti ad alto reddito, ma con condizioni più rigorose, e allo stesso tempo garantire che il regime non comporti perdita fiscale per lo Stato e che sia percepito come equo anche dal resto della platea fiscale.


Per i contribuenti interessati e gli operatori del settore fiscale e della consulenza patrimoniale, questo pacchetto rappresenta una svolta significativa. Chi valutava di trasferire la propria residenza in Italia per usufruire della flat tax dovrà ora riflettere sulle nuove condizioni, sui costi reali e sulla necessità di impegno economico nel Paese. Le simulazioni mostrano che per un reddito elevato l’accesso al regime sarà più oneroso e meno automatico rispetto al passato. Inoltre, la previsione di un’aliquota effettiva fino al 50 per cento per determinate fattispecie può ridurre l’attrattiva per soggetti che cercavano semplicemente un vantaggio fiscale senza legame reale con l’economia italiana.


In parallelo, la misura invia un messaggio importante al mercato: l’Italia intende dare un’immagine di Paese che non concede indulti fiscali indiscriminati, ma che valuta benefici in funzione del contributo al sistema economico nazionale. Questo cambiamento di paradigma può avere ricadute anche su come le imprese, i fondi di investimento e i professionisti internazionali valutano la scelta dell’Italia come meta per la residenza fiscale, richiedendo che vengano non solo trasferiti i soggetti, ma attivati investimenti e partecipazione effettiva all’economia del Paese.


L’iter parlamentare della legge di bilancio è ancora in corso, e alcuni aspetti potrebbero essere ulteriormente definiti o modificati, ma la direzione appare chiara: meno fiscalità privilegiata senza vincoli reali, più condizioni per l’accesso, costi d’ingresso più elevati e una selezione più stringente dei beneficiari. Allo stesso tempo, resta da vedere come verranno calibrate le soglie di reddito, gli obblighi di investimento e le verifiche sul rispetto delle condizioni. Inoltre, sarà decisivo monitorare gli effetti sull’attrazione effettiva di nuovi soggetti e sulla capacità dello Stato di garantire che il regime generi effettivamente valore economico e non solo spostamento di residenze.


Il pacchetto fiscale rivolto ai “super-ricchi” nella Manovra 2026 delinea dunque un cambio di passo: l’Italia resta aperta all’attrazione di capitali, ma al prezzo di maggiore chiarezza, maggiore selezione e maggiore costo.

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